Troppo spesso la passione e il mito della natura tradiscono gli ecologisti

Troppo spesso la passione e il mito della natura tradiscono gli ecologisti LABORATORIO Troppo spesso la passione e il mito della natura tradiscono gli ecologisti ■ N Italia si parla molto di I grandi scelte energetiche, di I protezione della salute e dell'ambiente. Ma con quale competenza? La divulgazione scientifica non può limitarsi a spiegare i fenomeni naturali o a fare una storia della ricerca. Deve anche chiarire all'opinione pubblica che cosa significa investire il 2 per cento (una cifra significativa) del prodotto interno lordo nella ricerca scientifica: un investimento che dovrebbe avere come obiettivo una migliore qualità della vita di tutti noi. Qualche anno fa un mio amico, professore in un college nello Stato di New York, ha fatto un'inchiesta fra i suoi studenti, domandando se una molecola di glucosio estratta da una barbabietola fosse uguale o diversa da una molecola di glucosio sintetizzata in laboratorio. Il 75 per cento degli studenti rispose che le due molecole sono diverse. Solo i pochi che hanno avuto l'opportunità di proseguire gli studi di chimica conoscono la verità: non c'è differenza fra le due molecole! Tutti gli altri vi- vono ingenuamente convinti che «chi mangia naturale, torna alla salute», sicuri che l'olio torbido sia più sano di quello limpido, che la frutta maculata col baco sia più sana di quella lucida e intatta, e in generale che tutto ciò che è naturale sia sempre innocuo e portatore di salute, mentre ciò che è fatto artificialmente è dannoso o quanto meno inutile. E' necessario stare attenti a ogni forma di banalizzazione del sapere scientifico, tanto più in campo ecologico, dove stiamo assistendo al propagarsi di mode che rischiano di perdere la prospettiva strettamente razionale con la quale si dovrebbero af¬ frontare i problemi della salute, della natura e dell'ambiente. In breve, talvolta l'ecologista estremista propone stili di vita che non sono necessariamente i più sani. Quelle stesse persone che non conoscono la differenza fra una molecola di glucosio naturale e una sintetizzata ammettono poi di ricordare che il curaro è una sostanza naturale, estratta da piante con procedimenti naturali dagli indios dell'Amazzonia e che l'acido cianidrico, tristemente famoso perché usato nelle camere a gas, si può trovare nelle mandorle; ammettono inoltre di ingerire (con prudenza) un antibiotico di sintesi quando il medico diagno¬ stica un'infezione batterica o (con meno prudenza) l'aspirina. A questo punto è importante ricordare che la materia è costituita da atomi organizzati in molecole dalla forma e dalla composizione ben definite. Una volta identificata la sostanza chimica, organica o inorganica, con tutte le sue caratteristiche, non ha nessuna importanza che essa sia stata prodotta artificial¬ mente o che si trovi in natura. Per intendersi, si trovano in natura sostanze pesticide per il baco non meno dannose di quelle che sono costruite in laboratorio, e a sua volta il baco, dopo essersi insediato nel frutto può produrre tossine (naturali) nocive agli uomini. In realtà per qualunque sostanza chimica vi sono limiti oltre i quali la sostanza può risultare dannosa o, al contrario, utile. Basta pensare che la natura da sé non è più capace di sopportare i danni recati dall'uomo ed è quindi indispensabile l'intervento della tecnologia e della scienza chimica. Per tutte queste regioni che ho cercato di esporre credo necessaria una maggiore informazione scientifica sulla questione ambientale. Altrimenti si corre il rischio di assumere posizioni pregiudizialmente ideologizzate, spesso prive di ogni fondamento. Ivano Berlini Presidente della Società Chimica Italiana, Università di Firenze

Persone citate: Ivano Berlini

Luoghi citati: Firenze, Italia, New York