Agnelli: un'alleanza? Per la Fiat è possibile

Agnelli: un'alleanza? Per la Fiat è possibile Auto, Garuzzo prevede mercato in crescita Agnelli: un'alleanza? Per la Fiat è possibile MILANO. «Lo avevo previsto già venti anni fa e i fatti mi stanno dando ragione: solo tre o quattro gruppi automobilistici rimarranno sul mercato europeo, ogni anno tocca a qualcuno, adesso è la volta di Volvo-Renault». Parentesi automobilistica, ieri mattina, nell'attesa della votazione del presidente della Repubblica, per il senatore a vita Giovanni Agnelli. I giornalisti insistono: avvocato, ma la Fiat con chi si alleerà per essere tra questi tre o quattro gruppi? Pronta la risposta: «Nei nostri programmi futuri esiste senz'altro la possibilità di un'alleanza, ma attualmente non c'è nulla in proposito». Men che meno in Germania dove il tam tam continua, parlando a volte di Daimler, a volte di Bmw, come prossimi partner della Fiat. Germania? «Difficile», replica Agnelli. Poi spiega: «Daimler è casa di tradizione antica, la Volkswagen si allarga verso l'Est ed è uno dei simboli di questa nuova Germania, la Bmw va talmente bene...». Alleanze, concentrazioni in Europa, crisi e ripresa del mercato, problema giapponese: Agnelli, da Montecitorio, precisa antichi concetti. E a Milano, qualche ora dopo, da un'auletta dell'università Bocconi, Giorgio Garuzzo, direttore centrale della Fiat, parlando proprio dell'industria dell'auto nella competizione globale, fornisce qualche dato in più: «I gironi eliminatori tra produttori d'auto per arrivare in finale ci sono già stati: chi non era in grado di reggere non ha superato la selezione». Tra gli esclusi, alcune case secondarie: «La Jaguar, per esempio, la Saab, l'Alfa Romeo, la Volvo». Ormai la competizione si è fatta globale. Con quali prospettive? Risposta di Garuzzo: «Le previsioni non sono negative, tutt'altro. Si parla di una crescita della domanda, da qui al Duemila, da 34 a 43 milioni di auto nel mondo, da 13 a 15/16 milioni in Europa. Certo questo non esclude che nei prossimi anni si possano registrare «alti e bassi». Così come è impensabile non prevedere capacità produttive esuberanti: «Oggi tra il 5 e il 7%, in futuro tra il 10 e il 12%. Sarà sempre più dura la guerra dei prezzi, degli sconti. Tutti i produttori dovranno mettere sul tavolo le proprie carte vincenti. La concorrenza, spiega Garuzzo, riguarderà tutti e tutto: dal ciclo di rinnovo dei modelli che dovrà per forza accorciarsi («La Fiat scenderà da 9 anni a 5») alla nuova organizzazione del lavoro nella fabbrica integrata. Non solo. Anche la rete di vendita, il servizio, i sistemi logistici: tutto dovrà cambiare, tutto dovrà essere rivoluzionato. Fanno domande i bocconiani, chiedono dati, proiezioni, prospettive. E inevitabile il discorso tocca due punti: i costi di produzione, soprattutto quello del lavoro, troppo alti in Italia rispetto alla concorrenza; e il pericolo della concorrenza giapponese che dopo il recente accordo con la Cee potrà, a fine 1999, importare un rnilione e trecentomila vetture. Reggerà l'accordo? Funzionerà il monitoraggio delle autorità Cee per impedire escamotage? E soprattutto quante saranno realmente le vetture in più che le case «made in Japan» potranno costruire direttamente in Europa grazie ai transplan? «Certo, il monitoraggio sarà un punto molto delicato per evitare rotture traumatiche e crisi», ammette Garuzzo lasciando capire come anche all'interno della Comunità i pareri sulla concorrenza e quindi sull'accettazione dello sbarco giapponese siano diversi. Punto delicato, come quello sul costo del lavoro. «I confronti sono sotto gli occhi di tutti», dice Garuzzo: nel Nord Italia il costo del lavoro tocca le 26.440, al Sud le 20.800, in Germania le 34.100 ma in Francia si scende a 24.500 e in Gran Bretagna le 18.400. Conclusione: quello che si poteva fare individualmente, la Fiat l'ha fatto: «Ha investito, ha dato il via a Melfi, ha rinnovato la gamma». Ma per affrontare la sfida totale «occorre anche un Sistema Paese funzionante», [a. z.] Il direttore generale della Fiat spa Giorgio Garuzzo