Noi uomini, nati per narrare
«Noi uomini, nati per narrare» Torino, lo psicologo americano accusa gli studi «insignificanti» dei colleghi «Noi uomini, nati per narrare» Bruner: ecco perché siamo diversi dagli animali ETORINO A psicologia deve tornare alle origini. Recuperare l'antica saggezza dell'uomo; fondarsi sul vecchio «buon senso». Abbiamo bisogno di una «psicologia popolare». Per Jerome S. Bruner - psicologo di fama internazionale, professore alla New York University, 77 anni a dicembre - la «scienza della mente» si è allontanata dal suo vero obiettivo: lo studio di come l'uomo interpreta il suo mondo, i suoi simili, se stesso. Non ama le interpretazioni riduttive del rapporto tra mente umana e intelligenza artificiale. Oggi, si pretende di dare ad ogni costò una spiegazione in termini di causa ed effetto; di ridurre la vita e i comportamenti solo ad una base fisiologica; addirittura, di capire in anticipo i fenomeni da osservare. Tutto questo ci impedisce di comprendere il significato vero dell'esperienza umana: «Non esiste un'unica spiegazione dell'uomo - aggiunge - né in senso biologico, né in altro senso. Non è l'eredità biologica dell'uomo a guidare la sua azione e la sua esperienza. E' la cultura, non la biologia a plasmare la vita e la mente dell'uomo». Bruner è in Italia - con la moglie Carol Feldman, sua compagna anche nella ricerca accademica - su invito del Dipartimento di psicologia dell'Università di Torino. Un seminario «lungo», che culminerà il 3 giugno nel convegno su «Il narrativo nell'educativo» promosso d'intesa con il Centro per l'Educazione. C'è grande attesa per le sue ricerche ultime. Le tappe dell'opera di Bruner si intrecciano profondamente con la storia della psicologia degli ultimi 50 anni. Ma egli è anche fra i capisaldi della cultura psicopedagogica contemporanea: la sua influenza sulla politica educativa è fuori discussione. Sono passati 28 anni dalla traduzione italiana del suo «Dopo Dewey» (sui processi di apprendimento). Bruner ha scritto oltre 200 saggi, tradotti in 19 lingue. Ma l'interesse per il suo lavoro - che favorisce sempre più un approccio interdisciplinare tra psicologia e pedagogia, antropologia, diritto, storia, letteratura, sociologia - è immutato. Mentre le edizioni Armando preparano la traduzione di una raccolta di saggi sulle prime abilità del bambino («Saper fare, saper pensare, saper dire»), da Bollati Boringhieri è appena uscito «La ricerca del significato»; 154 pagine che documentano i campi di indagine più recenti: la «psicologia popolare» e la «narrazione». «Ciò che ci fa diversi dagli animali - dice -, ciò che ci fa umani, è il bisogno di narrare. Un desiderio irresistibile, anche in un bimbo di 18 mesi. I bambini entrano a far parte della cultura proprio attraverso l'utilizzo del linguaggio e delle forme narrative. E' la narrazione che dà significato alla vita». Farà discutere la sua dura requisitoria contro le «deviazioni» della psicologia, fresca di stampa per l'editore torinese. «Mai come oggi appare tanto frammentata», osserva. Lamenta «confusioni», «distorsioni», «nuove semplificazioni». Denuncia: «La comunità scientifica nel suo complesso ignora sempre di più le nostre riviste, che all'osservatore profano appaiono contenere soprattutto dei piccoli studi insignificanti dal punto di vista scientifico, ciascuno dei quali non è che una risposta ad altri lavoretti altrettanto insignificanti». Ma non dispera: «Non credo che la psicologia sia moribonda, né che sia condannata a vivere in eterno come un insieme di settori separati. L'avventura della psicologia ha origini molto più antiche della sua trasformazione ufficiale in tante discipline specialistiche. Le grandi questioni della "scienza della mente" attendono ancora una risposta». Mario Tortello Jerome S. Bruner
Persone citate: Bollati Boringhieri, Bruner, Carol Feldman, Dewey, Jerome S. Bruner, Mario Tortello Jerome
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