Col metrò, passando per il cimitero di Susanna Marzolla

Col metrò, passando per il cimitero Di Pietro scopre le mazzette delle tombe. Anche la giunta provinciale non regge allo scandalo Col metrò, passando per il cimitero In carcere il consigliere comunale psi Walter Armanini Avrebbe chiesto 400 milioni per ristrutturare l'obitorio MILANO. Quanti arresti ieri a Milano? Di sicuro è finito in carcere Walter Armanini, consigliere comunale del psi con la delega all'edilizia cimiteriale. Altrettanto sicuro è che il giudice per le indagini preliminari, Italo Ghitti, di ordini di custodia cautelare ne ha firmati più d'uno, forse cinque. Circolano a questo proposito i nomi più disparati, ma dagli inquirenti nessuna conferma: l'operazione - dicono - è ancora in corso, e andrà avanti tutta la notte. Armanini è stato arrestato ieri alle 13,30 nel suo studio di commercialista nel centro di Milano. Il mandato parla di «concorso in concussione continuata e aggravata». Che i cimiteri fossero entrati nel mirino dell'inchiesta si era capito fin da lunedì, quando i carabinieri sono arrivati negli uffici comunali dell'edilizia cimiteriale e hanno fotocopiato parecchi documenti. In particolare interessava l'appalto per la ristrutturazione del vecchio obitorio. Un appalto vinto dalla Ifg-Tettamanti di cui è titolare quel Fabrizio Garampelli divenuto per i magistrati milanesi una fonte preziosa per capire come funzionava il sistema delle tangenti. In questo caso la «bustarella» sarebbe stata di 400 milioni su lavori del valore di 14 miliardi. L'appalto è del 1987: a quell'epoca Armanini è assessore allo stato civile, dopo aver ricoperto altri incarichi di giunta (tributi ed educazione). Cinquantacinque anni, è entrato in politica nel 1960, tra i socialdemocratici. Viene eletto per la prima volta consigliere comunale nel '70 e da allora ha sempre conservato il suo seggio a Palazzo Marino: prima con il psdi, poi, dal '76, con il psi a cui aderisce assieme all'ex sindaco Pillitteri. E' assessore dal '75 fino al '90 quando non entra più in giunta: ma ai cimiteri sembra tenerci molto. Riesce infatti, nonostante opposizioni e polemiche, a mantenere sempre la «delega» all'edilizia cimiteriale, anche nell'ultima amministrazione giudata da Borghini. Armanini a Milano non è soltanto noto come amministratore socialista (peraltro, subito dopo l'arresto, il partito lo ha già sospeso): infatti è stato per vent'anni giudice alla commissione di secondo grado delle imposte dirette, è presidente del consiglio di amministrazione in un'azienda cremonese, nonché presidente del collegio sindacale di ben 17 società. Sarà per il suo ruolo politico, sarà per la sua esperienza professionale, certo è che venerdì era stato nominato membro del consiglio di amministrazione dell'Italstrade (gruppo Iri): a norma di statuto i consiglieri hanno quindici giorni di tempo per rispondere se accettano; Armanini dovrebbe dir di sì da una cella di San Vittore. L'arresto di Armanini fa pensare che l'inchiesta, che ultima¬ mente sembrava concentrarsi su democristiani e pidiessini, abbia ripreso di mira gli amministratori socialisti. Non sembra affatto un caso che ieri, per sei ore, il pm Antonio Di Pietro abbia interrogato Sergio Radaelli. Era stato proprio lui, portato a San Vittore e rilasciato (arresti domiciliari) nel giro di poche ore, a mettere nei guai i due ex sindaci e parlamentari socialisti Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri: aveva infatti dichiarato di aver consegnato loro soldi provenienti da tangenti. Da qui l'avviso di garanzia per ricettazione per i due esponenti politici. Di cosa ha parlato ieri Radaelli? «Ho indicato la mia vita al magistrato», risponde. E il suo avvocato, Giuseppe Pezzotta: «E' una situazione troppo delicata per fare commenti». Socialista è (o era: sospeso pure lui) Matteo Carriera, ex presidente dell'Ipab. Proprio ieri il tribunale della libertà ha reso note le motivazioni per cui ha respinto l'istanza di scarcerazione presentata dal suo avvocato, Guido Viola: esiste il rischio - dicono i giudici - di «reiterazione del reato». Cioè, una volta libero, potrebbe tornare a chiedere tangenti. Tra voci e controvoci di arresti, nuove incriminazioni e così via, una cosa è certa: il ciclonetangenti non risparmia nessuna amministrazione milanese. Anche la giunta della Provincia ieri si è ufficialmente dimessa. Milano adesso non ha più un governo, né comunale, né provinciale, né regionale. Il che significa blocco di tutti i progetti e di tutte le nomine. La giunta provinciale era entrata in carica il 29 febbraio scorso, dopo che si era dimessa quella guidata da Giacomo Properzj (l'esponente repubblicano il cui nome è già circolato nell'inchiesta). Composta da pli, de, psi, psdi, pds, pensionati e verdi, si era chiamata «giunta tecnica di garazia a termine»: doveva «garantire» che la Provincia mantenesse un governo; ieri, mentre l'inchiesta continua a tutto spiano, ha deciso che il «termine» era scaduto. Susanna Marzolla Il pm di Lugano Carla del Ponte e il consigliere comunale psi Armanini arrestato a Milano

Luoghi citati: Lugano, Milano