Un missionario svizzero ostaggio dei comunisti cinesi: ora ha 95 anni l'abbiamo scovato in Inghilterra

Spia di Cristo marcia con MAOUn missionario svizzero ostaggio dei comunisti cinesi: ora ha 95 anni, l'abbiamo scovato in Inghilterra Spia di Cristo marcia con MAO BANBURY (Londra) LFRED Rudolf Bosshardt, 95 anni, pastore della Chiesa Evangelica, è stato testimone e protagonista di un pezzo di storia. Missionario tra le montagne del Guizhou, nel Sud-Ovest della Cina, fu catturato dai guerriglieri dell'Armata Rossa. Quattromilacinquecento chilometri a piedi attraverso quattro province, guadando fiumi in piena, arrampicandosi su altissime petraie ghiacciate, incalzato dalle truppe nazionaliste di Chang Kàishek. Fu la straordinaria avventura di Bosshardt nella Chang Zheng, la leggendaria Lunga Marcia che portò i comunisti cinesi guidati da Mao Zedong nella terra promessa di Yenan. Per 560 giorni, dall'ottobre 1934 all'aprile 1936, Bosshardt seguì, unico occidentale oltre al tedesco Otto Braun (inviato del Comintern e uomo di fiducia di Stalin), l'esodo biblico dei centomila soldati dall'Armata Rossa cinese incalzata dal nemico. Liberato, si stabilì in Gran Bretagna e raccontò la sua incredibile avventura in Captivityfor Christ in China, un libro del 1936 oggi introvabile. Lo abbiamo rintracciato a Banbury, un centinaio di chilometri da Londra, in una casa di riposo dove sono ospitati 24 ex missionari inglesi in Cina. Trascorre gran parte del suo tempo su una sedia a rotelle, ma è ancora straordinariamente cristallino nei ricordi. Torna a quel primo ottobre 1934 quando con sua moglie Rose Piaget, figlia del re degli orologi svizzeri che aveva fatto voto di povertà per seguirlo come missionaria in Cina, faceva ritorno alla sua capanna dopo un giro di visite nei villaggi di montagna del Guizhou. «Eravamo io, Rose e quattro coolies con i bagagli e stavamo risalendo una collina quando dalla foresta uscirono delle persone che ci puntarono addosso le pistole. Pensammo subito ai banditi anche perché non avevamo mai visto guerriglieri nella zona. Rose gridò subito: "Non fateci del male, prendete tutto ciò che volete", ma quelli risero e risposero: "Siamo comunisti e combattiamo per Lenin e Marx". Fummo portati al villaggio e ci rinchiusero in una stanza dove già c'erano altri due missionari: Amolis Haymann e sua moglie. A mezzanotte i soldati mi portarono dal generale Xiao Ke, il capo. Era molto giovane, poteva avere 25 anni e fu molto cortese. Ricordo perfettamente: al chiarore saltellante di una lampada a petrolio distese sul tavolo una carta geografica del Guizhou che i suoi uomini avevano preso in una scuola della missione. Era l'unica carta che possedevano ed era scritta in francese, Xiao Ke voleva che gli traducessi in cinese i nomi delle città e dei fiumi. Ci mettemmo così al lavoro». Bosshardt non poteva saperlo, ma Xiao Ke, comandante della Sesta Armata, un'unità d'elite molto temuta dai nazionalisti del Kuomintang, stava cercando di orizzontarsi nel labirinto di valli e foreste del Sud-Ovest della Cina dopo avere lasciato la base rivoluzionaria dell'Hunan-Guangdong. Come altri comandanti dell'Armata Rossa di Mao che controllavano alcune «zone libe- re» sparse un po' in tutto il Paese, anche il giovane e cortese generale si era messo in cammino per trovare una via di fuga dall'accerchiamento nemico. Xiao Ke guidava 9000 guerriglieri e l'unica mappa che aveva a disposizione era una sommaria carta geografica staccata da un atlante scolastico. Così, senza ordini precisi, obbedendo all'istinto della sopravvivenza, l'Armata Rossa si disperdeva lungo i rivoli della ritirata. In luglio del 1934 parte la Settima Armata, in agosto si muove Xiao Ke, in ottobre è la volta di Mao con il grosso dei guerriglieri mentre il mese successivo si sgancia il 25° Corpo d'Armata. S'iniziava la Lunga Marcia attraverso un territorio in parte inesplorato grande come tutta l'Europa. Destinazione: il Nord della Cina. «Il giorno dopo la cattura ci portarono davanti a un certo Wu, Wu il giudice - ricorda Bosshardt -. L'accusa che ci fu mossa era di dividere il popolo con la religione e di essere spie, ma, disse il giudice, non saremmo stati uccisi in quanto l'Armata Rossa avrebbe chiesto un congruo riscatto per il nostro rilascio. Cominciò così la mia lunga avventura tra i guerriglieri. Si marciava perfettamente in fila indiana risalendo i sentieri scavati di costa sulla montagna o infilandoci nei fondovalli per sfuggire all'avvistamento degli aerei di Chang Kai-shek che martellavano di continuo la colonna. Cammina¬ vamo dai 50 ai 70 chilometri al giorno e, siccome portavo dei sandali di paglia, ogni due o tre giorni me ne davano di nuovi: li intrecciavano i proprietari terrieri cinesi e i loro servi che erano stati fatti prigionieri. Quando arrivava l'Armata Rossa nei villaggi, i proprietari terrieri se la svignavano e lasciavano a guardia dei loro beni un servo o un parente. I guerriglieri allora li prendevano in ostaggio e chiedevano un riscatto. In verità, pochi pagavano e le esecuzioni erano parecchie, ricordo che una volta vennero decapitate 80 persone». Dopo qualche giorno le mogli dei due missionari vennero liberate e incaricate di recapitare alla Missione la lettera con la ri¬ chiesta di riscatto: pezzi di ricambio per le radio da campo, medicine e molte munizioni. «Io e Haymann rimanemmo soli e fummo sistemati proprio al centro della processione dell'Armata Rossa. Andò avanti così per tre mesi e riscatti non ne arrivavano, così decidemmo di tentare la fuga. Era la sera del 17 dicembre, faceva molto freddo e i nostri carcerieri se ne erano andati in un'altra capanna, vicino al fuoco. Smontammo la porta e fummo subito nella foresta. Ci ripresero due giorni dopo perché un contadino a cui avevamo chiesto ospitalità ci denunciò per intascare i 500 dollari di taglia che i comunisti avevano messo sulla nostra testa. Per noi e per altri prigionieri cinesi fu organizzato un processo popolare». E' montato un palco ornato di fiori di carta e bandiere e in mezzo sono sistemate tre sedie, una per il giudice Wu, le altre per Xiao Ke e il generale Ho Lung, il leggendario comandante che nel frattempo aveva raggiunto con la sua Seconda Armata la colonna di Bosshardt. Arriva gente che canta e che ride, forse sono più di mille contadini. Sembra una festa e l'imputato deve girare le spalle al giudice e ai generali e guardare in faccia la folla sottostante. Il primo a salire sul palco è un proprietario terriero che ha nascosto in casa altri suoi amici ricchi; viene letto il capo d'accusa e al disgraziato è concesso di dire qualcosa per discolparsi. Alla fine il verdetto che la folla urla a gran voce: «Shah!, Shah!, Shah!», uccidere, uccidere, uccidere. Prima che tocchi a Bosshardt e a Haymann, otto persone sono condannate alla decapitazione seduta stante. «Io ero tranquillo - riprende il vecchio pastore -. Quando il giudice Wu chiede il mio nome, io rispondo Alfred Rudolf Bosshardt scandendo bene le sillabe. Fu la mia fortuna perché tutti scoppiarono a ridere: nessuno tra quelle montagne ha mai sentito un'accozzaglia simile di suoni. Vengono letti i tre capi di accusa: propaganda della non violenza di Gesù Cristo, possesso di un apparecchio fotografico, essere spia. Wu domanda alla gente quale deve essere il verdetto e un ragazzo grida: «Shah!, Shah!», ma subito un altro urla: «Ta!, Ta!», picchiatelo, picchiatelo. Wu non sa che fare e io e Haymann veniamo portati via. Poi ci viene comunicata la pena: il riscatto sale a 150 mila dollari e a me, istigatore della fuga, viene inflitto un anno e mezzo di carcere duro». I due missionari sono rinchiusi in una piccola stanza. Fuori la temperatura è vicino allo zero ma i prigionieri, legati per i piedi, non hanno coperte né letti. Anche per cambiare posizione devono chiedere il permesso al soldato di guardia. Riprende la Lunga Marcia sui monti ormai ricoperti di ghiaccio. Haymann e Bosshardt insieme con ventimila soldati comunisti delle Armate di Xiao Ke e di Ho Lung percorrono oltre 1500 chilometri attraverso l'Hunan. «In quei giorni ci fu anche una grande battaglia e l'Armata Rossa aveva sbaragliato il Kuomintang catturando un generale e un migliaio di soldati. Alla fine arrivarono i soldi, meglio: l'argento. Quattro portatori della Missione, ognuno con 50 chili di argento, giunsero all'accampamento. Credo che il riscatto sia stato pagato da un ricco mercante cinese di religione cattolica. Ma il solito giudice Wu esaminò ben bene l'argento e poi dichiarò che bastava per la liberazione di un solo missionario. Così liberarono Haymann perché era troppo debole per continuare la marcia». La Seconda e la Sesta Armata che tengono prigioniero Bosshardt si inoltrano in zone inesplorate, tra foreste millenarie e fiumi in piena per le piogge monsoniche. La colonna lascia l'Hunan e poi vi rientra, compie una serie di giri concentrici al confine col Guizhou e poi si avvicina alla frontiera con lo Yunnan, la grande regione tropicale che confina con il Laos e il Vietnam. Una notte di gennaio nella piccola capanna dove è confinato il missionario entrano due soldati spingendo un altro pastore appena catturato: è padre Kellner, tedesco. «Mi accorsi subito che non ce la faceva a seguirci. Cadde subito malato e fu trasportato a spalle sui sentieri ghiacciati. Pensai che lo lasciassero andare e invece il generale Xiao Ke mi chiamò e mi disse che io, in quanto cittadino della Svizzera, Paese che non aveva concessioni in Cina e che non aveva costretto Pechino a firmare nessun "trattato ineguale", potevo andarmene. In quanto a padre Kellner, che era tedesco e quindi dello stesso Paese di Hitler, doveva proseguire la Lunga Marcia verso i confini del Tibet. In tasca avevo 10 dollari, 5 li diedi a Kellner per pagare un paio di portatori che lo aiutassero e 5 li tenni per me. A mezzanotte di un giorno di aprile del 1936 mi lasciarono solo. Non ero lontano da Kunming, capoluogo dello Yunnan». Alfred Rudolf Bosshardt rima'se ricoverato cinque mesi in ospedale e dopo ritornò in Cina da dove fu espulso con la moglie nel 1951. Si spostò allora in Laos fino al 1965 quando morì la sua compagna Rose. Padre Kellner, invece, proseguì la Lunga Marcia ancora per pochi giorni: stremato dalla fatica morì ai piedi di una montagna. I guerriglieri allora lasciarono i 5 dollari dati da Bosshardt a alcuni contadini affinché lo seppellissero, ma la cassa fu aperta dai banditi e il corpo divorato dai lupi. «A 95 anni compiuti il Signore non si decide a chiamarmi - sospira Bosshardt -, Un mio amico cinese dice che la gente buona vive a lungo perché Dio è contento di loro, ma io non ci credo perché ho visto troppe brave persone morire giovani. Io penso che Lui mi vuole vivo perché racconti la mia avventura. Lassù hanno bisogno di testimoni straordinari». Gualtiero Strano «Proprietari terrieri presi per il riscatto. Ma pochi pagavano e una volta ne decapitarono 80» In560giorni, 4500 chilometri a piedi con sandali di paglia per raggiungere il Nord: battaglie e processi popolari Bosshardt oggi. Pastore della Chiesa evangelica, venne catturato con la moglie dal guerriglieri di Mao che chiesero 150 mila dollari per liberarlo [FOTO MAURO GAUJGANI) Sopra Alfred Rudolf Bosshardt a cavallo, prigioniero dei guerriglieri comunisti. Nell'immagine grande Mao con i suoi uomini durante la Lunga Marcia cominciata nel '34 per sfuggire ai nazionalisti del Kuomintang