Nella Libia che fa finta di nulla di Giuseppe Zaccaria

Nella Libia che fa finta di nulla MAGHREB L'economia per ora non risente delle sanzioni, a Tripoli sorrisi per gli stranieri Nella Libia che fa finta di nulla Al Consiglio del popolo l'embargo è il32°punto TRIPOLI DAL NOSTRO INVIATO Parla con tono grave, la Guida della Rivoluzione. A tratti si interrompe, pensoso, poi alza il capo e riprende. I delegati del Comitato popolare di base di Hayye Al Andlus (primo congresso, seconda sessione ordinaria, cerimonia inaugurale) applaudono educatamente. No, non è una seduta della Camera dei Comuni, anzi ci troviamo a 5 chilometri dal centro di Tripoli in una sala che rimanda luccichii inequivocabilmente mediorientali. Il fatto è che in pieno «embargo» economico, nella più acuta fase di scontro con l'Occidente, Muhammar Gheddafi non sta parlando di Lockerbie o di politica internazionale, di Bush o di Major, ma si è lanciato in un discorso sull'Epoca, in una radiografia del Futuro. Vola alto, il Pensatore Rivoluzionario, analizza i mutamenti sul pianeta, parla della caduta del comunismo, profetizza la crisi dei sistemi. La polemica sul contingente, se proprio la si vuol rintracciare, emerge solo da un riferimento gettato come per caso: «Gli Stati occidentali - dice il Colonnello - non hanno altra missione se non quella di difendere i ricchi contro i poveri. I ricchi che fanno la legge contro i diseredati che vengono oppressi...». Nient'altro. Crisi, «embargo», timori, mobilitazioni, appelli? Neppure un accenno. Paura di bombardamenti, sindrome da strangolamento, preoccupazioni per il futuro? Neanche l'ombra. Forse uno di questi giorni la Libia dichiarerà l'Europa continente isolato, ma nel frattempo mostra di vivere come se nulla fosse accaduto. Nell'agenda di lavoro dei Comitati popolari la questione «documenti relativi alle minacce americano-britannico-francesi contro la Grande Jamahiriah» è relegata al 32° punto. Sarà pure deludente, ma vero. Eroicamente piombati nel cuore di un Paese isolato, ci ritroviamo in luoghi che ostentano una normalità quasi irritante. Dopo la stagione delle proteste e dei furori, delle «manifestazioni popolari» contro le ambasciate e delle espulsioni a raffica, la Jamahiriah sembra voler far sapere al mondo che a sanzioni del genere potrebbe resistere anche vent'anni. Probabilmente non è vero, anche perché i contatti via terra coi Paesi fratelli attenuano di molto gli effetti delle sanzioni economiche. Le piscine degli alberghi sono vuote in omaggio a un'austerità di facciata, l'acqua delle docce è salmastra, visto che per precauzione si sta aumentando l'uso dei dissalatori, e non c'è pesce poiché le barche preferiscono non allontanarsi troppo dalle coste amiche. L'elenco dei disagi, però, al momento si ferma qui. E per l'occidentale, fino a ieri aborrito, non c'è alcun problema nel camminare per le strade di Tripoli. Per una categoria in piena crisi, quella degli addetti al trasporto aereo, ce n'è un'altra, quella dei taxisti che partono in direzione Egitto o Tunisia, che vive un'indimenticabile fase di boom. Il trasferimento dei capitali nelle banche coreane consente margini di manovra piuttosto ampi, ed anche i prezzi paiono sostanzialmente stabili, almeno rispetto a un paio di me¬ si fa. «Stiamo preparando un dossier - ci aveva detto l'altra mattina il Colonnello Muhammar Gheddafi, al termine del colloquio sotto la solita tenda - che dimostrerà al mondo a quali ingiustizie ci stanno sottoponendo». Ma finora se si escludono le lamentazioni del direttore generale della «Libian Airlines» non si segnalano altri seri danni all'economia del Paese. Le linee aeree subiscono, com'è ovvio, le principali conseguenze dell'«embargo». L'attività, ridotta ai soli voli interni, è calata del 70 per cento, 40 uffici esteri della società sono stati chiusi, i dipendenti stranieri licenziati. Un bilancio che ogni mese sfiorava i 15 milioni di dinari (in lire, circa 75 miliardi) è piombato a 1 milione e 200 mila. Ma l'aspetto che più preoccupa la compagnia, almeno apparentemente, è quello religioso: «Perché impedire a migliaia di pellegrini libici di adempiere ai propri obblighi?». I viaggi per la Mecca, in effetti, adesso richiedono almeno 20 ore di faticoso spostamento in auto verso gli aeroporti più vicini, quelli del Cairo o di Djerba. Eppure, esiste più di un elemento che dietro questa sicurezza ostentata fa indovinare le pri¬ me crepe. Già l'altra mattina Gheddafi ci aveva detto di ritenere che sulla crisi «si arriverà ad un accordo». Attraverso la litania di riunioni dei Comitati popolari, interpreti della sovranità, l'intrico potrebbe cominciare a dipanarsi. E' vero, prima di giungere al Congresso generale del popolo, la questione dei due accusati per la strage di Lockerbie dovrà passare attraverso le riunioni di 273 comitati maschili e di altrettanti femminili. E' vero, al dilemma su consegnare o meno i due all'Onu si arriverà solo dopo aver ampiamente ribattuto questioni come le tappe del progetto del Grande Fiume Artificiale, le attività degli Uffici Internazionali della Fraternità o la legge sulla riorganizzazione del catasto e l'attività del notaio. Ci vorranno tre settimane almeno, ma in un modo o nell'altro ci si arriverà. E le prospettive non paiono del tutto scoraggianti. Il fatto è che nella Jamahiriah quest'immagine di radioso isolamento comincia a stingersi sui bordi, proprio in direzione dei confini coi «Paesi fratelli». La solidarietà araba ha finora impedito che le sanzioni producessero un vero effetto, ma continua a palesarsi su livelli tutt'altro che soddisfacenti, almeno dal punto di vista di Tripoli. Di queste ultime ore è lo scambio indiretto di accuse fra Mubarak e Gheddafi. «Se la Libia avesse avuto un sistema giudiziario degno di tale nome - ha ribadito il leader egiziano - l'Onu non avrebbe avuto motivo di chiedere per i due sospettati un giudizio all'estero». Da Tripoli, la risposta vorrebbe suonare ringhiarne, ma riesce solo ad alzare polvere dalle vecchie accuse di tradimento della causa araba. Per il momento è diffìcile andare oltre queste impressioni, anche perché nelle prossime ore bisognerà lasciare la Libia. Eppure su una previsione saremmo disposti a scommettere: volete vedere che, intorno alla metà di giugno, il Colonnello convocherà un'altra, improvvisa conferenza stampa sotto la tenda di Bab El Azizia? Giuseppe Zaccaria Muhammar Gheddafi ha aperto le sedute dei comitati popolari [FOTOAFP]

Persone citate: Bush, Gheddafi, Mubarak, Muhammar Gheddafi