Duecento candeline la Fenice fa festa

Duecento candeline la Fenice fa festa Con Prette, la Home e Katia Ricciarelli Duecento candeline la Fenice fa festa VENEZIA. Polmoni famosi per spegnere le 200 candeline della Fenice, sopra la torta Saint Honoré che Fabrizio della Taverna ha preparato per il dopo-concerto. Alle 3 di notte del 16 maggio, il Gran Teatro veneziano - celebre nell'800 per le prime di Verdi - festeggia il suo bicentenario. Soffia il maestro francese George Prètre, invitato a dirigere il concerto di gala. Soffia uno dei più grandi mezzosoprano contemporanei, Marilyn Home, e soffia il basso Samuel Ramey, reduci da un americanissimo «Five» sul palcoscenico, lo schiaffo mano contro mano abituale fra i giocatori di basket, dopo un mirabile duetto dalla «Semiramide» di Rossini. Cantano in coro 1'«Happy Birthday» i tenori Francisco Araiza e Neil Schicoff, il contralto Bernadette Manca di Nissa, i soprani Raina Kabaivanska, Lucia Mazzaria e Katia Ricciarelli. Non sono presenti alla commossa cerimonia del taglio del dolce il basso Roberto Scandiuzzi e il soprano Mariella Devia, già partiti per impegni di lavoro. Anzi, la Devia, dopo aver strappato la più lunga ovazione del teatro per la perfetta interpretazione del «Sempre libera deggio» dalla Traviata, aveva passato il testimone a Katia Ricciarelli per la «Barcarola» di Offenbach, cantata in duetto con Marilyn Home. Escono le due primedonne dalle quinte: il mezzosoprano americano con viso impassibile, giapponese, e la consorte di Pippo Baudo con gli occhi spauriti. Tanti applausi, anche se i critici notano che si è sentita una voce sola. Né il pubblico degli invitati e gli esperti musicofili vanno d'accordo in molte altre occasioni. Per esempio quando Raina Kabaivanska e poi Neil Schicoff cantano le due più celebri arie dalla «Tosca» di Puccini: le note famose tirano giù il teatro, i critici storcono il naso. Perfette identità di vedute soltanto sul basso del Kansas e sull'altrettanto po- Katia Ricciarelli Venezia tente voce di quello trevigiano; e poi sulle indiscutibili Home e Devia. Ma il pubblico della Fenice è sempre generoso con gli interpreti: così non c'è interprete per cui gli spettatori sabato sera non si siano spellati le mani. Chi la sa lunga ha portato arie famose, puntando sul sicuro della popolarità. Basta non steccare. Se poi la voce non c'è, si fa presto a sfumare il microfono sul «do di petto»: un biglietto simile del soprano Ricciarelli giunge al regista Nicastro della Rai, subito dopo l'«Ave Maria» dall'Otello; per non appannare il bell'applauso appena strappato con il «Libiamo» in duetto con Araisa. Nei camerini, Pippo Baudo parlotta visibilmente nervoso: «La serata non è finita», dice ad un complimentoso amico, mentre la maestra di Katia entra in camerino. Lei, la diva, sta sostituendo con un giacchino di merletto il largo vestito di raso nero, con sopra stampata in giallo e rosso quasi un'orchestra: due violini, due arpe e due mandolini. Ed intanto Pippo presenta alla Kabaivanska Teddy Reno, che ha lasciato Rita Pavone a casa. Racconta, Pippo, della passata stagione televisiva: «Quest'anno è stata dura. Prima Sanremo, poi Domenica In...». Mentre il maestro Prètre attende indispettito la chiave del proprio camerino: «Che disastro, che gran disastro». Il «parterre» non offre molti nomi famosi. I ministri italiani sono stati trattenuti dalle votazioni per il Presidente della Repubblica. I personaggi dello spettacolo non accorrono qui come alla Scala. La nobiltà di casa - i Berlingieri, i Valmarana, gli Albrizzi - si dice moderatamente soddisfatta. Così gli industriali: Vittorio Coin, Giulio Malgara nuovo socio di Raul Gardini, Gianni Marini presidente della lei Italia, il colosso chimico inglese che ha fatto da sponsor alla serata. Mario Lollo Katia Ricciarelli a Venezia

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