Evtushenko: meglio la censura che questa libertà

Evtushenko: meglio la censura che questa libertà II poeta accusa il Cremlino. «Avevate promesso un nuovo Rinascimento, ecco il nuovo Medio Evo» Evtushenko: meglio la censura che questa libertà «Bacio ìa bandiera rossa nonostante il sangue versato in suo nome» D BARCELLONA I questo passo, «il Bolshoi diventerà un enorme music-hall». E l'Occi_ _ dente cosa andrà a cercare a Mosca quando il Cremlino sarà trasformato in un Big Mac? E' un canto di disperazione quello di Evghenij Aleksandrovic Evtushenko, il poeta più popolare dell'ex Unióne Sovietica. Quando manca il pane è difficile recriminare contro chi affossa la letteratura e l'arte in genere. Ma di questo passo - fa capire - nella dissoluzione generale, nell'affossamento indiscriminato, verrà immolato sullo stesso altare del comunismo l'inestimabile patrimonio culturale russo-sovietico, cresciuto da un lato tra le soffocan- ti briglie della censura e dall'altro sollecitato dalla fuga nel dissenso. Da tempo, a Mosca, la gente che fa la coda davanti ai negozi per portare a casa meno dell'indispensabile dichiara ai microfoni delle tv che «si stava meglio quando si stava.peggio». Ora anche letterati e intellettuali si ribellano all'indifferenza succeduta a un mondo che, con tutti i suoi peccati, qualcosa ha saputo costruire. L'ultimo grido d'allarme, in ordine cronologico, è appunto quello di Evtushenko. A giudicare dall'aspetto, il poeta è rimasto quello di un tempo. Quando porta la sua poesia fuori dai confini della Russia non manca di stupire con quei suoi «completini» scioccanti: la giacca che sembra fatta di una sorta i di «patchwork» con molto rosso, l'enorme foulard sgargiante, i pantaloni rigojafi a quadri o con disegnini rosso-gialli che si stringono alla caviglia. Così lo descrive il giornalista del Pois che lo ha intervistato qualche giorno fa a Barcellona. Lui si giustifica: «Sono un siberiano cui hanno rubato i colori quand'era bambino». E poi le donne, la sua grande passione. «Tre, quattro o cinque mogli?», come gli chiesero di confessare, una volta per tutte, i suoi detrattori alla presentazione del programma per la candidatura al Parlamento della perestrojka nell'89. Quel che invece è cambiato è l'entusiasmo -per i mutamenti nell'ex imperò sovietico. A Roma, nel gennàio dell'87, dopo la presentazione del suo libro Poesie d'amore, disse: «Il mondo artistico del mio Paese sta conoscendo un pre-Rinascimento». Ora anche lui declama, aprendo le braccia come un antico vate: «Era meglio quando si stava peggio». La denuncia è grave: lo stato di abbandono di qualsiasi attività creativa fa tremare. «Le nostre arti, e la poesia in particolare-si lamenta Evtushenko con il giornalista del Pois -, stavano meglio quando erano controllate dallo Stato, anche se tutti sanno che il partito utilizzava, per controllarle, lo strumento della censura. Ora, senza embarghi, si è passati all'indifferenza più assoluta. Lo Stato ha smesso di censurare l'arte, ma ha impara¬ to a ignorarla del tutto. E questa specie di indifferenza è diventata, nella sostanza, una specie di aggressione ancora peggiore». Ha forse senso la sopravvivenza di un Paese come la Russia se lo si svuota delle enormi risorse culturali che ha sviluppato per secoli?, si chiede Evtushenko. «La standardizzazione della cultura - si sfoga il poeta è una cospirazione internazionale della volgarità trionfante contro lo spirito umano, contro la "finesse ». Evtushenko sta scrivendo un Requiem per la bandiera rossa, che non vuole essere un lamento ma un «canto di libertà». «Non posso tradire quella che è stata la mia vita - spiega il poeta -. Bacio la bandiera rossa nono¬ stante i crimini e il sangue che è stato versato nel suo nome perché questa bandiera, per me, continua a rappresentare le speranze del popolo russo e la vittoria sul fascismo. Io non sono mai stato membro del partito e ho sempre lottato contro il comunismo dogmatico. Ma da quel comunismo è nato un altro mostro: l'anticomunismo aggressivo». La rabbia di Evtushenko è la disperazione di un uomo che si sente tradito. Tradito perché solo quattro anni fa gli avevano fatto credere in un «nuovo preRinascimento», un'epoca cui, invece, è succeduto il Medio Evo. Pier Luigi Varcasi Evghenij Evtushenko, il poeta più popolare dell'ex Urss, denuncia: «Di questo passo, il Bolshoi diventerà un enorme music-hall»

Persone citate: Aleksandrovic, Evghenij Evtushenko, Evtushenko, Pier Luigi Varcasi

Luoghi citati: Barcellona, Mosca, Roma, Russia, Urss