Koch è il re, San Diego lo snobba
Koch è il re, San Diego lo snobba ^^p UN BRINDISI DA 90 MILIARDI Koch è il re, San Diego lo snobba Non gli hanno perdonato d'aver eliminato Conner SAN DIEGO. Bill Koch, l'uomo del Kansas, il miliardario che si è praticamente imposto come «defender» al San Diego Yacht Club e che qui nessuno ha mai amato, leva in alto la Coppa. La consegna avviene in un'atmosfera formale e la festa che segue non ha la spontaneità dei momenti di grande gioia. Se l'australiano John Bertrand aveva strappato la Coppa agli Stati Uniti, Bill Koch l'ha tolta di mano al grande Dennis Conner, l'eroe di San Diego che, da quanto si dice in giro, passa le sue notti in lacrime. Al San Diego Y.C., pieno di trofei, Koch non è mai stato accettato da quelli che contano. Nel 1988 si era offerto per difendere la Coppa dalla superbarca neozelandese, costruendone una simile a sue spese, ma il club decise per il catamarano e per la battaglia legale. Ancora oggi la situazione economica del sodalizio di San Diego è disastrosa a causa dei 10 miliardi spesi in avvocati. La festa vera, la gioia incontenibile, scoppia alla base di America3. Koch, appena sale sul pontile, bagnato come tutti do- po essere stato buttato in mare, proclama: «E' stata la seconda più felice giornata della mia vita, seconda soltanto alla nascita dal mio bambino». Che ha ora 5 anni, e Bill lo ha chiamato Wyatt, come il famoso sceriffo Earper. Un giornalista chiede a Koch se tornerà per difendere la Coppa. «E' troppo presto», risponde, ma il figlio aggiunge con voce decisa: «No». Il primo a salire il pontile è Buddy Melges, amato e rispettato, Gardini in prima linea. E' l'unico velista ad aver vinto una medaglia d'oro alle Olimpiadi e la Coppa America. «E' stato un po' diverso dall'Australia, lì avevo una roccia, non una barca». < Nessun'altra Coppa America nei miei programmi - fa sapere Buddy voglio solo andarmene per un mese a pescare; stare lì seduto sul molo e non pensare a niente». Arrivano i ragazzi dell'equipaggio, bagnati, felici, un po' bevono e un po' innaffiano tutti con grandi magnum di Moèt & Chandon, sponsor della Coppa. Il concetto su cui insiste Koch è quello di team, lui e gli altri hanno vinto perché fanno parte di un team organico, un team di cervelli, prima di tutto, poi di sportivi. Alla difesa costata 90 miliardi, di cui 70 suoi personali, hanno collaborato 234 persone; il team progettuale e tecnico, costituito da 57 uomini, ha disegnato centinaia di barche e ne ha costruite 4. La chiave del successo di America3 è stata la tecnologia: 40 persone del gruppo di ricerca costituito da Vincent Moyersoms erano laureati in idrodinamica, in fisica o in matematica. Da parte sua Koch ha martellato il suo equipaggio con continui cambi di uomini e di ruoli: negli ultimi quattro mesi un solo giorno non è salito in barca. Perché gli italiani non hanno vinto? «Forse il Moro ha smesso di migliorare nell'ultimo mese; potevano lavorare di più sulla chiglia, sulle vele, sull'albero». Una barca per la Coppa America è una specie di scultura, che va continuamente ritoccata fino ad arrivare alla perfezione. La separazione tra Gardini e Montedison ha tolto probabilmente al team italiano uomini e mezzi indispensabili per portare a compimento un programma già impostato. Ad una leggera inferiorità della barca italiana bisogna aggiungere la crisi profonda di Paul Cayard, che nelle cinque partenze è sembrato un altro. Il Moro di Venezia ha trovato sulla sua strada New Zealand e per batterla ha dovuto modificarsi e adattarsi. Poi non c'è stato tempo per ricalibrare la barca sul nuovo avversario. Ida Castigiioni L'esultanza dell'equipaggio di America 3 dopo il quarto successo in regata
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