«Così massacravo la Los Angeles nera» di P. P.

«Così massacravo la Los Angeles nera» Il libro-sfida di uno degli agenti picchiatori «Così massacravo la Los Angeles nera» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Negri scemi» chiamati «Mandingo». Calci nei testicoli presentati come prodezze. Non è facile capire che cosa abbia spinto il sergente della polizia dì Los Angeles, Stacey Koon, comandante della pattuglia che pestò Rodney King, a scrivere e, in attesa di stampa, a rendere noto un libro di memorie destinato a gettare altra benzina sul fuoco. Come non fossero bastati i 59 morti causati dagli incidenti che, per tre notti e tre giorni, hanno devastato la città. Sta di fatto che «Le idi di marzo» - questo è il titolo del manoscritto - hanno già sollevato comprensibili proteste da parte dei rappresentanti delle minoranze etniche per l'apologia della violenza usata dalla polizia e per il crasso ricorso a stereotipi razzisti. Le Idi di marzo, cioè il 15 marzo, che indicano comunemente la data dell'assassinio di Giulio Cesare, è anche il giorno in cui Koon, assieme ad altri tre componenti della sua pattuglia, venne formalmente messo sotto accusa, dopo che un filmato girato da un operatore dilettante aveva documentato ii pestaggio di King, avvenuto il 3 marzo. Fu proprio l'assoluzione completa di tre dei quattro poliziotti e quella parziale del quarto, Lawrence Powell, a in¬ nescare gli incidenti e i saccheggi di Los Angeles. Ma, adesso, mentre Powell sta per fronteggiare un secondo processo, anche su Koon e gli altri pende la minaccia di un nuovo S'udizio imposto dalle autorità derali. Le memorie del sergente potrebbero diventare facilmente una prova a carico. «Io non sono razzista e non tollero il razzismo», professa Koon. Poi racconta candidamente che una volta, mentre sparava nelle braccia e nelle gambe di un nero arrestato, i suoi uomini ridevano e commentavano: «Tanto non muore, i negri sono troppo stupidi per andare sotto shock». Quando, dopo un lungo inseguimento, King venne finalmente bloccato, racconta Koon, «si afferrò le chiappe e cominciò a roteare il culo e i fianchi in faccia all'agente Melarne Singer mimando atteggiamenti sessuali». «E mentre si agitava - continua Koon - un misto di paura e di offesa si impadronì di Melarne, come le fosse imposto un incontro sessuale con un Mandingo». Mandingo è il modo in cui, durante lo schiavismo, si indicava uno «stallone negro». Però, in tribunale, la signora Singer ha poi negato di aver provato quel tipo di paura e ha deplorato il comportamento dei suoi colleghi poliziotti. Koon conferma che, dopo il pestaggio, i suoi agenti si ab¬ bandonarono a risa e lazzi vari, anche se sostiene, per giustificarli, che si trattava di una specie di «umor nero», che esprimeva un «senso di sollievo per lo scampato pericolo». La gemma letteraria delle «Idi di marzo» è comunque una metafora geografica con cui l'autocompiaciuto Koon descrive il trattamento da lui riservato a un «latino» appena fermato in quanto presunto drogato: «Il mio stivale partì dall'area della bassa California e raggiunse il suo scroto più o meno all'altezza del Missouri meridionale, fermandosi circa all'Ohio. Ma le palle del sospettato continuarono a salire in alto v^rso il Maine. Il sospetto si sollevò letteralmente da terra, poi cercò di parlare, ma non uscivano suoni, come avesse qualcosa in gola, probabilmente le sue palle». Koon racconta anche che, saputo del videotape, non seppe trattenere la sua gioia: «Grande: sarei diventato una celebrità, ritratto in azione mentre svolgevo i miei compiti». Chi gliel ha fatto fare di scrivere queste autolesionistiche scempiaggini? I soldi non sembrano essere un movente, perché Koon, atteggiandosi a duro dal cuore tenero, promette di devolvere il ricavato del libro alla ricostruzione della Los Angeles distrutta. Forse è stata la fame di gloria. [p. p.]

Luoghi citati: California, Los Angeles, Maine, Missouri, Ohio, Washington