Le signore dell'industria

Le signore dell'industria In 8 anni il loro numero è raddoppiato. E ora c'è una legge Le signore dell'industria Contano di più, boom nel terziario COME CAMBIA IL MANAGER IN GONNELLA OMELANO ESTISCONO fatturati miliardari e parlano con naturalezza di pacchetti azionari e budget. Capitane d'impresa per tradizione familiare, ma sempre più spesso come scelta precisa di lavoro autonomo - un fenomeno recente in crescita - il grande salto dopo aver consolidato un'esperienza professionale dipendente. 0, per un numero rilevante di giovani, come sbocco immediato dopo gli studi: «Da un'indagine sui laureati abbiamo scoperto che le donne scelgono 5 volte di più rispetto agli uomini la libera professione e l'imprenditoria», riferisce Federica Olivares, presidente del network «Donne in carriera», con una brillante esperienza di editore di testi per manager. L'impresa è sempre più donna, confermano varie fonti. Da elaborazioni di dati Istat si rileva che le 65 mila imprenditrici dell'81 nell'89 erano diventate 144 mila (in prevalenza nei servizi, tessile e terziario avanzato), mentre nello stesso periodo i colleghi passavano da 449 mila a 706 mila. Un divario che si sta accorciando e destinato a farsi sempre più stretto viste le molte iniziative per favorire pari opportunità anche nell'attività economica. E' il caso della legge sulle «azioni positive» per l'imprenditoria femminile, la «215», approvata a febbraio. Per vederla in azione, dicono al ministero dell'Industria, bisognerà attendere settembre. Si avvale di un Comitato tecnico di rappresentanti ministeriali e imprenditoriali con poteri consultivi (ancora da nominare) nonché di un fondo di 30 miliar¬ di per il triennio '92-'94 per creare nuove aziende anche attraverso contributi in conto capitale fino al 50% delle spese per impianti e attrezzature. «E' importante come segnale ma non è immune da pecche», è il giudizio ricorrente del mondo imprenditoriale femminile. Scontente le associazioni agricole per l'esclusione del settore. E c'è chi critica alcune vaghezze: «Che senso ha prevedere un credito agevolato per lo sviluppo tecnologico solo per le aziende che nasceranno dopo questa legge? E preoccupa lo scarso potere del Comitato», dice Costanza Fanelli, della Lega nazionale delle Cooperative, con una grande esperienza di formazione imprenditoriale femminile (raccolta in un libro in libreria a settembre, «Signora Impresa»), Ma non si ricade nella tutela? «Sono ancora necessarie leggi specifiche perché se al 70% l'imprenditorialità è asessuata,e richiede a tutti di fare i conti con una competizione globale, per il restante ci portiamo dietro la nostra storia», dice Olivares, «Le condizioni di partenza non sono ancora paritarie, per avere un credito a me hanno chiesto la firma di mio marito», ricorda Elsa Forte, vicepresidente della Cna, tra le promotrici di «Impresa donne», un insieme di servizi a supporto delle imprenditrici. Spuntano corsi di formazione, come quello promosso per settembre dall'Apici di Torino (imprenditrici Api) rivolto a donne che abbiano già un progetto d'azienda: «La legge è positiva - dice la presidente Angiola Audino - le donne incontrano ancora difficoltà maggiori». Ma c'è chi teme ennesimi finanziamenti a pioggia, dati in modo discrezionale. «Condivido l'enunciazione di principio della legge, ma andrei cauta con questo tipo di sostegni in un Paese come l'Italia dove manca una politica strategica industriale», sostiene Letizia Moratti, amministratore delegato della Bricchetto. L'Italia arriva buona ultima in politiche di genere per l'imprenditoria. In Spagna, Gran Bretagna e Usa sono stati creati organismi specifici. Si punta soprattutto sulla formazione e su misure per il credito (la Women's World Bank ha filiali in 33 Paesi) e la Cee ha varato il programma «Now». Questo, per debuttare. Ma c'è chi ha già una storia d'imprenditrice di successo. Stefanella Campana Le signore dell'industria In 8 anni il loro numero è raddoppiato. E ora c'è una legge Le signore dell'industria Contano di più, boom nel terziario COME CAMBIA IL MANAGER IN GONNELLA OMELANO ESTISCONO fatturati miliardari e parlano con naturalezza di pacchetti azionari e budget. Capitane d'impresa per tradizione familiare, ma sempre più spesso come scelta precisa di lavoro autonomo - un fenomeno recente in crescita - il grande salto dopo aver consolidato un'esperienza professionale dipendente. 0, per un numero rilevante di giovani, come sbocco immediato dopo gli studi: «Da un'indagine sui laureati abbiamo scoperto che le donne scelgono 5 volte di più rispetto agli uomini la libera professione e l'imprenditoria», riferisce Federica Olivares, presidente del network «Donne in carriera», con una brillante esperienza di editore di testi per manager. L'impresa è sempre più donna, confermano varie fonti. Da elaborazioni di dati Istat si rileva che le 65 mila imprenditrici dell'81 nell'89 erano diventate 144 mila (in prevalenza nei servizi, tessile e terziario avanzato), mentre nello stesso periodo i colleghi passavano da 449 mila a 706 mila. Un divario che si sta accorciando e destinato a farsi sempre più stretto viste le molte iniziative per favorire pari opportunità anche nell'attività economica. E' il caso della legge sulle «azioni positive» per l'imprenditoria femminile, la «215», approvata a febbraio. Per vederla in azione, dicono al ministero dell'Industria, bisognerà attendere settembre. Si avvale di un Comitato tecnico di rappresentanti ministeriali e imprenditoriali con poteri consultivi (ancora da nominare) nonché di un fondo di 30 miliar¬ di per il triennio '92-'94 per creare nuove aziende anche attraverso contributi in conto capitale fino al 50% delle spese per impianti e attrezzature. «E' importante come segnale ma non è immune da pecche», è il giudizio ricorrente del mondo imprenditoriale femminile. Scontente le associazioni agricole per l'esclusione del settore. E c'è chi critica alcune vaghezze: «Che senso ha prevedere un credito agevolato per lo sviluppo tecnologico solo per le aziende che nasceranno dopo questa legge? E preoccupa lo scarso potere del Comitato», dice Costanza Fanelli, della Lega nazionale delle Cooperative, con una grande esperienza di formazione imprenditoriale femminile (raccolta in un libro in libreria a settembre, «Signora Impresa»), Ma non si ricade nella tutela? «Sono ancora necessarie leggi specifiche perché se al 70% l'imprenditorialità è asessuata,e richiede a tutti di fare i conti con una competizione globale, per il restante ci portiamo dietro la nostra storia», dice Olivares, «Le condizioni di partenza non sono ancora paritarie, per avere un credito a me hanno chiesto la firma di mio marito», ricorda Elsa Forte, vicepresidente della Cna, tra le promotrici di «Impresa donne», un insieme di servizi a supporto delle imprenditrici. Spuntano corsi di formazione, come quello promosso per settembre dall'Apici di Torino (imprenditrici Api) rivolto a donne che abbiano già un progetto d'azienda: «La legge è positiva - dice la presidente Angiola Audino - le donne incontrano ancora difficoltà maggiori». Ma c'è chi teme ennesimi finanziamenti a pioggia, dati in modo discrezionale. «Condivido l'enunciazione di principio della legge, ma andrei cauta con questo tipo di sostegni in un Paese come l'Italia dove manca una politica strategica industriale», sostiene Letizia Moratti, amministratore delegato della Bricchetto. L'Italia arriva buona ultima in politiche di genere per l'imprenditoria. In Spagna, Gran Bretagna e Usa sono stati creati organismi specifici. Si punta soprattutto sulla formazione e su misure per il credito (la Women's World Bank ha filiali in 33 Paesi) e la Cee ha varato il programma «Now». Questo, per debuttare. Ma c'è chi ha già una storia d'imprenditrice di successo. Stefanella Campana

Persone citate: Angiola Audino, Bricchetto, Costanza Fanelli, Elsa Forte, Federica Olivares, Letizia Moratti, Olivares, Stefanella Campana

Luoghi citati: Gran Bretagna, Italia, Spagna, Torino, Usa