Drieu La Rochelle, i sogni dell'«infame»

Drieu La Rochelle, i sogni dell'«infame» Il «Diario 1939-1945» esce finalmente da Gallimard. Ma non nella collana letteraria Drieu La Rochelle, i sogni dell'«infame» Fascista incoerente, amico fedele dei suoi avversari Perché riservargli un trattamento risparmiato a Celine? IIERRE Drieu La Rochelle, alla vigilia dei tentativi di suicidio, nell'agosto 1944, aveva chiesto 1 al fratello di «pubblicare integralmente, senza alcuna esitazione borghese» quelle pagine del Diano 1939-1945 che Gallimard, suo editore di sempre, fa uscire con cinquant'anni di ritardo. Non con la celebre copertina bianca, incorniciata da fregi neri e rossi, col titolo composto in lettere rosse (dal 1920 una sorta di stemma degli scrittori della Nouvelle revue franqaise), ma nella collana «Témoins» dedicata a problemi d'attualità per creare il dossier del mondo contemporaneo. In poche parole, quel Diario è proposto come documento di storia, non come testo letterario. Pierre Nora, direttore delle collane storiche di Gallimard e della fondamentale rivista Le débat, chiarisce: «Ci si sdebita, senza andar troppo a scavare. Ebbene, andiamoci! Questo Diario fornisce l'occasione. A ciascuno verificare il proprio giudizio». Tale soluzione ha il vantaggio di far conoscere finalmente un testo superiore, che previene edizioni pirata e manipolate. La prima reazione è lo stupore: perché riservare a Drieu un trattamento che ha risparmiato autori molto più avanti nell'infamia politica: Rebatet, o Celine? Entrambi furono più d'una volta letteralmente immondi, il che non vietò loro la famosa copertina bianca, le riedizioni, e per Celine addirittura l'ingresso nel Panthéon della Plèiade e gli accenti di celebrazione lanciati dai commentatori che si sarebbero creduti propensi a detestarlo. Sarà forse vero che Celine è stato il più grande scrittore francese del secolo, dopo Proust e Claudel, e Rebatet ebbe un solido talento. Lasciamo perdere il dibattito mai concluso sull'amnistia che il genio dello scrittore dovrebbe procurare all'ignominia dell'uomo. Pierre Drieu La Rochelle, che il padre fondatore, Gaston Gallimard, aveva inserito nella «letteratura» anche quando produceva testi politici, è dunque detronizzato al rango di cronista. Per un «autore Gallimard», significa un decadimento, ma più ancora un invito a rileggere tutta l'opera, a reinserirla nella relatività del tempo che coprì. Almeno si può interpretare così il discorso implicito di Pierre Nora: storico francese dell'epoca contemporanea, è fra i più ingegnosi architetti di ciò che ha chiamato «luoghi di memoria», reperti del passato sepolti sotto i cespugli dell'oblio, dell'indiffe- renza, della vergogna, della colpevolezza. Secondo l'insegnamento della scuola degli Annales, tutto è oggetto di storia! In questo caso, il Diario di Drieu diventa la fine dell'itinerario percorso da un sopravvissuto del 1914-1918, dalle generazioni precipitate nel primo dopoguerra e nella nuova guerra. Si tratterebbe allora di un testo strettamente politico, inteso a dimostrare che Drieu, se è un mito, incarna i peggiori demoni del «fascismo francese»: un antisemitismo forsennato, un partigiano accanito della «collaborazione» con il Reich nazista. Certo, le sue annotazioni quotidiane e private mettono in luce la singolare ossessione di quelli che venivano chiamati «i collaboratori parigini», legati a uno stile di nazionalsocialismo irreale, che Hitler stesso avrebbe tradito, e di cui la Wehrmacht preparava la liquidazione. Tutto ciò si trovava già nelle memorie di Marcel Déat ed è qui mescolato di nostalgie vieppiù veementi del comunismo, di cui Drieu auspica la vittoria, nel mese precedente la morte. Sullo sfondo degli articoli che consegnava a settimanali, quelle note mostrano l'incredibile incoerenza del pensatore, e soprattutto la sua incultura in materia di totalitarismo. Non ne ha alcuna esperienza reale, non ne ha letti i testi. Il «fascismo», al quale accolla frequentemente l'aggettivo «ascetico», il nazismo, il comunismo, sono parole che si traducono attraverso immagini, atteggiamenti, reazioni sentimentali. Gli spiegamenti di forze, le sfilate, i canti, inibiscono in Drieu ogni riflessione sulla meccanica e la natura dei partiti e delle dottrine, senza che egli cada nei sogni romantici di Brasillach. Drieu sogna in ogni istante. Una «razza» nordica, o celtica, di cui egli sarebbe un rampollo. Una Francia egemone, dove egli apparterrebbe a una classe di capi. Una religiosità iniziatica, che schiaccia la Chiesa romana ed è portatrice di una gnosi conosciuta dai soli «puri». La bor- ghesia piccola e grande, il maresciallo Pétain e il suo governo, i generali tedeschi, appartengono alla più spregevole razza di bastardi fautori di compromessi. Hitler stesso... Ma questo scrittore, a volte illuminato e freddo, è nello stesso tempo l'uomo che, malgrado gli avvertimenti dell'amico Otto Abetz, ambasciatore del Reich a Parigi, pretende di salvare il suo editore Gallimard e la Nouvelle Revue frangaise, pubblicandola sotto l'occupazione con testi apolitici. L'uomo che disprezza Jean Paulhan, animatore della casa editrice, ma lo strappa alle prigioni tedesche, come ne tira fuori la pri¬ ma moglie, di origine ebrea. L'amico fedele di André Malraux, che spinge a raggiungere la Resistenza (e Malraux, a sua volta, tenterà di salvarlo alla Liberazione). A carico di Drieu nessuna denuncia, nessun crimine, Nient'altro che un'immaginazione accanita a smantellare, una dopo l'altra, le ragioni della speranza, a camminare verso la morte come conclusione di un fallimento, infine perfettamente riuscito. Vi giungerà soltanto dopo il terzo tentativo, dopo aver respinto tutte le occasioni di rifugiarsi in Svizzera o in Spagna, offerte dai suoi amici tedeschi o francesi, come Bertrand de Jouvenel. Testimonianza storica? Non si viene a sapere nulla che non fosse possibile leggere negli articoli di Drieu, raccolti in diversi libri. Testimonianza, allora, del compimento di un'opera, dei fantasmi di uno scrittore? Certo, e questo soltanto. E, in tale prospettiva, quel Diario descrive l'esito di una logica, cioè di una patologia della creazione impossibile. Dal 1920 Drieu non ha mai cessato di raccontare che cosa gli mancava, descrivendo la sua immagine ideale proprio attraverso i tratti che gli impedivano di raggiungerla. Un amante sconvolto, un «uomo coperto di donne», ossessionato dall'impotenza sessuale. Un «francese d'Europa», costantemente schifato del suo popolo. Un romanziere mediocre, tormentato dall'idea della grande opera, a cui si accostò con Gilles. Un saggista politico, abbastanza buon profeta per il pessimismo, per il senso del lungo periodo e, proprio per ciò, incapace di scegliere un campo diverso da quello della catastrofe. Affascinato dal fiasco, dal rifiuto di amare e di essere amato. E malgrado tutto circondato sino alla fine da amici e donne fedeli. L'ossessione della morte per propria mano è il filo conduttore di tutto il suo cammino. Lo si distingue nitidamente in una raccolta di «testi ritrovati» (dal 1923 al 1945) pubblicato dalle edizioni del Rocher. La finzione, il regno assoluto dell'altrove, dove il romanziere si lascia manipolare, Drieu la dominava male. Nei romanzi si serviva della sua propria storia, sino alla fine. Ma i suoi saggi sull'epoca, partendo da un universo imperniato su alcuni orientamenti reali, dipendevano anche dalla politica-finzione, senza altri eroi se non lui. La loro lettura, e anche quella di questo Diario, fanno parte proprio dalla letteratura. Perché Drieu è stato artefice soltanto di una forma ben precisa della storia: quella del gruppo di scrittori del primo dopoguerra riuniti attorno alla N.R.F. L'animatore era Jean Paulhan, di cui Gallimard pubblica una scelta di lettere degli anni 1937-1945. «Un disgraziato», dice di lui Drieu, e tuttavia, anche se non si apprezzavano, i due uomini non cessarono di vedersi durante la guerra, quando Paulhan apparteneva alla Resistenza: Il suo umorismo, la sua fedeltà agli amici dell'altro campo, come Jouhandeau, il suo rifiuto dell'epurazione letteraria, conferiscono a quelle lettere il tono di una vera testimonianza che è importante leggere in parallelo col Diario di Drieu. Lui che era stato l'amico di Aragon e di Malraux, li avrebbe raggiunti, se fosse vissuto, nei ranghi del comunismo o del gollismo? Vana speculazione, ma una domanda si impone rispetto all'Europa di questo secolo: nell'ossessione dello scrittore per la politica-finzione, dove si genera il miraggio di un'azione fra gli uomini, del rifiuto di un individualismo tormentoso, Drieu non ha incontrato Gottfried Benn e Ernst von Salomon, Elio Vittorini e Pasolini? Jacques Nobécourt Uno scrittore affascinato dalla finzione, dall'idea del suicidio e della catastrofe. Disprezzava Paulhan ma lo strappò ai nazisti, e si oppose alle epurazioni. A fianco Louis Aragon, sotto Pierre Drieu La Rochelle: per lui il fascismo, il nazismo, il comunismo erano parole che si traducevano in immagini, atteggiamenti, reazioni sentimentali Sopra un'immagine di Parigi occupata. A fianco André Malraux: Drieu La Rochelle lo spinse a raggiungere la Resistenza e da lui venne difeso dopo la Liberazione. Sotto Louis-Ferdinand Celine e Jean Paulhan :4F *8j Gaston Gallimard, Il fondatore della prestigiosa casa editrice, aveva inserito Drieu La Rochelle nella «letteratura» anche quando produceva testi politici Drieu La Rochelle, i sogni dell'«infame» Il «Diario 1939-1945» esce finalmente da Gallimard. Ma non nella collana letteraria Drieu La Rochelle, i sogni dell'«infame» Fascista incoerente, amico fedele dei suoi avversari Perché riservargli un trattamento risparmiato a Celine? IIERRE Drieu La Rochelle, alla vigilia dei tentativi di suicidio, nell'agosto 1944, aveva chiesto 1 al fratello di «pubblicare integralmente, senza alcuna esitazione borghese» quelle pagine del Diano 1939-1945 che Gallimard, suo editore di sempre, fa uscire con cinquant'anni di ritardo. Non con la celebre copertina bianca, incorniciata da fregi neri e rossi, col titolo composto in lettere rosse (dal 1920 una sorta di stemma degli scrittori della Nouvelle revue franqaise), ma nella collana «Témoins» dedicata a problemi d'attualità per creare il dossier del mondo contemporaneo. In poche parole, quel Diario è proposto come documento di storia, non come testo letterario. Pierre Nora, direttore delle collane storiche di Gallimard e della fondamentale rivista Le débat, chiarisce: «Ci si sdebita, senza andar troppo a scavare. Ebbene, andiamoci! Questo Diario fornisce l'occasione. A ciascuno verificare il proprio giudizio». Tale soluzione ha il vantaggio di far conoscere finalmente un testo superiore, che previene edizioni pirata e manipolate. La prima reazione è lo stupore: perché riservare a Drieu un trattamento che ha risparmiato autori molto più avanti nell'infamia politica: Rebatet, o Celine? Entrambi furono più d'una volta letteralmente immondi, il che non vietò loro la famosa copertina bianca, le riedizioni, e per Celine addirittura l'ingresso nel Panthéon della Plèiade e gli accenti di celebrazione lanciati dai commentatori che si sarebbero creduti propensi a detestarlo. Sarà forse vero che Celine è stato il più grande scrittore francese del secolo, dopo Proust e Claudel, e Rebatet ebbe un solido talento. Lasciamo perdere il dibattito mai concluso sull'amnistia che il genio dello scrittore dovrebbe procurare all'ignominia dell'uomo. Pierre Drieu La Rochelle, che il padre fondatore, Gaston Gallimard, aveva inserito nella «letteratura» anche quando produceva testi politici, è dunque detronizzato al rango di cronista. Per un «autore Gallimard», significa un decadimento, ma più ancora un invito a rileggere tutta l'opera, a reinserirla nella relatività del tempo che coprì. Almeno si può interpretare così il discorso implicito di Pierre Nora: storico francese dell'epoca contemporanea, è fra i più ingegnosi architetti di ciò che ha chiamato «luoghi di memoria», reperti del passato sepolti sotto i cespugli dell'oblio, dell'indiffe- renza, della vergogna, della colpevolezza. Secondo l'insegnamento della scuola degli Annales, tutto è oggetto di storia! In questo caso, il Diario di Drieu diventa la fine dell'itinerario percorso da un sopravvissuto del 1914-1918, dalle generazioni precipitate nel primo dopoguerra e nella nuova guerra. Si tratterebbe allora di un testo strettamente politico, inteso a dimostrare che Drieu, se è un mito, incarna i peggiori demoni del «fascismo francese»: un antisemitismo forsennato, un partigiano accanito della «collaborazione» con il Reich nazista. Certo, le sue annotazioni quotidiane e private mettono in luce la singolare ossessione di quelli che venivano chiamati «i collaboratori parigini», legati a uno stile di nazionalsocialismo irreale, che Hitler stesso avrebbe tradito, e di cui la Wehrmacht preparava la liquidazione. Tutto ciò si trovava già nelle memorie di Marcel Déat ed è qui mescolato di nostalgie vieppiù veementi del comunismo, di cui Drieu auspica la vittoria, nel mese precedente la morte. Sullo sfondo degli articoli che consegnava a settimanali, quelle note mostrano l'incredibile incoerenza del pensatore, e soprattutto la sua incultura in materia di totalitarismo. Non ne ha alcuna esperienza reale, non ne ha letti i testi. Il «fascismo», al quale accolla frequentemente l'aggettivo «ascetico», il nazismo, il comunismo, sono parole che si traducono attraverso immagini, atteggiamenti, reazioni sentimentali. Gli spiegamenti di forze, le sfilate, i canti, inibiscono in Drieu ogni riflessione sulla meccanica e la natura dei partiti e delle dottrine, senza che egli cada nei sogni romantici di Brasillach. Drieu sogna in ogni istante. Una «razza» nordica, o celtica, di cui egli sarebbe un rampollo. Una Francia egemone, dove egli apparterrebbe a una classe di capi. Una religiosità iniziatica, che schiaccia la Chiesa romana ed è portatrice di una gnosi conosciuta dai soli «puri». La bor- ghesia piccola e grande, il maresciallo Pétain e il suo governo, i generali tedeschi, appartengono alla più spregevole razza di bastardi fautori di compromessi. Hitler stesso... Ma questo scrittore, a volte illuminato e freddo, è nello stesso tempo l'uomo che, malgrado gli avvertimenti dell'amico Otto Abetz, ambasciatore del Reich a Parigi, pretende di salvare il suo editore Gallimard e la Nouvelle Revue frangaise, pubblicandola sotto l'occupazione con testi apolitici. L'uomo che disprezza Jean Paulhan, animatore della casa editrice, ma lo strappa alle prigioni tedesche, come ne tira fuori la pri¬ ma moglie, di origine ebrea. L'amico fedele di André Malraux, che spinge a raggiungere la Resistenza (e Malraux, a sua volta, tenterà di salvarlo alla Liberazione). A carico di Drieu nessuna denuncia, nessun crimine, Nient'altro che un'immaginazione accanita a smantellare, una dopo l'altra, le ragioni della speranza, a camminare verso la morte come conclusione di un fallimento, infine perfettamente riuscito. Vi giungerà soltanto dopo il terzo tentativo, dopo aver respinto tutte le occasioni di rifugiarsi in Svizzera o in Spagna, offerte dai suoi amici tedeschi o francesi, come Bertrand de Jouvenel. Testimonianza storica? Non si viene a sapere nulla che non fosse possibile leggere negli articoli di Drieu, raccolti in diversi libri. Testimonianza, allora, del compimento di un'opera, dei fantasmi di uno scrittore? Certo, e questo soltanto. E, in tale prospettiva, quel Diario descrive l'esito di una logica, cioè di una patologia della creazione impossibile. Dal 1920 Drieu non ha mai cessato di raccontare che cosa gli mancava, descrivendo la sua immagine ideale proprio attraverso i tratti che gli impedivano di raggiungerla. Un amante sconvolto, un «uomo coperto di donne», ossessionato dall'impotenza sessuale. Un «francese d'Europa», costantemente schifato del suo popolo. Un romanziere mediocre, tormentato dall'idea della grande opera, a cui si accostò con Gilles. Un saggista politico, abbastanza buon profeta per il pessimismo, per il senso del lungo periodo e, proprio per ciò, incapace di scegliere un campo diverso da quello della catastrofe. Affascinato dal fiasco, dal rifiuto di amare e di essere amato. E malgrado tutto circondato sino alla fine da amici e donne fedeli. L'ossessione della morte per propria mano è il filo conduttore di tutto il suo cammino. Lo si distingue nitidamente in una raccolta di «testi ritrovati» (dal 1923 al 1945) pubblicato dalle edizioni del Rocher. La finzione, il regno assoluto dell'altrove, dove il romanziere si lascia manipolare, Drieu la dominava male. Nei romanzi si serviva della sua propria storia, sino alla fine. Ma i suoi saggi sull'epoca, partendo da un universo imperniato su alcuni orientamenti reali, dipendevano anche dalla politica-finzione, senza altri eroi se non lui. La loro lettura, e anche quella di questo Diario, fanno parte proprio dalla letteratura. Perché Drieu è stato artefice soltanto di una forma ben precisa della storia: quella del gruppo di scrittori del primo dopoguerra riuniti attorno alla N.R.F. L'animatore era Jean Paulhan, di cui Gallimard pubblica una scelta di lettere degli anni 1937-1945. «Un disgraziato», dice di lui Drieu, e tuttavia, anche se non si apprezzavano, i due uomini non cessarono di vedersi durante la guerra, quando Paulhan apparteneva alla Resistenza: Il suo umorismo, la sua fedeltà agli amici dell'altro campo, come Jouhandeau, il suo rifiuto dell'epurazione letteraria, conferiscono a quelle lettere il tono di una vera testimonianza che è importante leggere in parallelo col Diario di Drieu. Lui che era stato l'amico di Aragon e di Malraux, li avrebbe raggiunti, se fosse vissuto, nei ranghi del comunismo o del gollismo? Vana speculazione, ma una domanda si impone rispetto all'Europa di questo secolo: nell'ossessione dello scrittore per la politica-finzione, dove si genera il miraggio di un'azione fra gli uomini, del rifiuto di un individualismo tormentoso, Drieu non ha incontrato Gottfried Benn e Ernst von Salomon, Elio Vittorini e Pasolini? Jacques Nobécourt Uno scrittore affascinato dalla finzione, dall'idea del suicidio e della catastrofe. Disprezzava Paulhan ma lo strappò ai nazisti, e si oppose alle epurazioni. A fianco Louis Aragon, sotto Pierre Drieu La Rochelle: per lui il fascismo, il nazismo, il comunismo erano parole che si traducevano in immagini, atteggiamenti, reazioni sentimentali Sopra un'immagine di Parigi occupata. A fianco André Malraux: Drieu La Rochelle lo spinse a raggiungere la Resistenza e da lui venne difeso dopo la Liberazione. Sotto Louis-Ferdinand Celine e Jean Paulhan :4F *8j Gaston Gallimard, Il fondatore della prestigiosa casa editrice, aveva inserito Drieu La Rochelle nella «letteratura» anche quando produceva testi politici

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