Nel psi si ribellano i vecchi colonnelli

Nel psi si ribellano i vecchi colonnelli Cresce il malessere, anche Signorile e Manca non seguono gli ordini del partito Nel psi si ribellano i vecchi colonnelli Formica-, fino a quando dovremo fare i servi di Maria? ROMA. «E chi l'ha detto che mi è andata male? Può capitare che tu desideri un'auto, la vuoi intensamente, finalmente la ottieni e, bang, vai a sbattere contro un muro». Con una battuta che ricorda, suo malgrado, la favola della volpe e dell'uva di Esopo, Arnaldo Forlani la butta in filosofia, dopo le due prime trombature in Parlamento. L'altro sconfitto, per ora, è l'alleato di ferro Bettino Craxi. Lui però rifiuta di portare la sua croce e prima di andare a pranzo si limita a dire: «Colpa della de. Sui tre risultati che avevamo ipotizzato si è realizzato il peggiore...». Ci hanno provato e gli è andata male. Tutti e due, Forlani e Craxi, ieri hanno preso due botte in testa ciascuno: una al mattino e una al pomeriggio. Ma, salvo ripensamenti notturni, oggi il segretario della de tenterà ancora un'ultima volta la sua scalata al Colle. I due giocatori, Forlani e Craxi, mercoledì sera sapevano che sarebbe stato difficile, ma non immaginavano probabilmente di avere nelle loro file un dissenso tanto vasto. Forlani d'improvviso ha scoperto che i capi democristiani malgrado i sorrisi e i giuramenti di lealtà lo scherzo glielo hanno fatto davvero. Mentre Craxi ha avuto la sorpresa che il psi non è più un partito monolitico e il dissenso non è da trascurare. Contro l'Arnaldo e il Bettino si è mosso un b attaglione trasversale di «franchi» tiratori democristiani e socialisti, con qualche pattuglia liberale. Dare un volto ai cecchini democristiani è difficile, pratici come sono dell'agire nell'ombra. Ma in queste 24 ore nella de si è aperta una vera caccia alle streghe che ha fatto le sue vittime. Il primo nella lista dei sospetti, naturalmente, è Giulio Andreotti^ silurato nella de e assetato di vendetta. Non manca chi nella de fa il suo nome a viso aperto. «A chi ha perso tutto - dice Pierluigi Castagnetti - rimane il gusto della vendetta». E, addirittura, Flaminio Piccoli se la prende con il braccio destro di Andreotti, Nino Cristofori, che secondo qualche testimonianza avrebbe deposto nell'urna una scheda bianca. «Queste cose - sentenzia il vecchio capo doroteo - le fanno gli, idioti, i mediocri. Quelli che non sanno neppure scrivere una lettera come Cristofori. Gente a cui qualcuno chiede: uccidi il prossimo tuo, e questi, senza battere ciglio, lo fanno». Parole grosse che descrivono l'atmosfera pesante che c'è nella de. Anche un altro capo democristiano è tra i sospetti, Ciriaco De Mita: Clemente Mastella, ch^e ha. litigato con lui, lo cita apèrtamente"cnel gruppo lièi congiurati nel mezzo del Transtlantico di Montecitorio, mentre altri esponenti del partito ne sussurrano il nome. Il complotto socialista contro il duo Forlani-Craxi è guidato dal trio Rino Formica, Claudio Signorile, Enrico Manca. Formica nella prima votazione dichia¬ ra pubblicamente con un pizzico d'ironia che non voterà: «Se non ricordo male, ieri al gruppo ci eravamo lasciati con la decisione di astenerci». In una lettera recapitata a Craxi di primo mattino, invece, Signorile gli annuncia la sua decisione di votare scheda bianca. Poi, per tutto il giorno, i ribelli formano crocchi a Montecitorio e in v^tirao decidono di compiere un passo ufficiale: una lettera collettiva a Craxi con la richiesta di lanciare un'altra candldatura^utérriàtiva a Forlani. Queste le mosse ufficiali condite da una guerriglia durata una giornata intera. Dopo la prima votazione andata buca per Forlani, al passaggio in Transatlantico di Craxi e Martelli, Signorile quasi li beffeggia dicendo sottovoce: «Che cavolo di ge- ni abbiamo». Formica, invece, per incitare gli altri socialisti a non votare Forlani fa il solito paragone colorito: «Noi non possiamo sempre andare appresso a Maria Immacolata». Tradotto: non possiamo fare tutto quello che ci dice Craxi. Alla fine anche sul numerò dei ribelli si apre una disputa. Craxi è sicuro: «Sono rnrta non son^più di sette o otto 1 franchi tiratori socialisti». Claudio Signorile, invece, li moltiplica per tre:. «Almeno trenta dnaoi non hSnntf dato il loro voto a Forlani». Ma come hanno reagito i due giocatori alle sconfitte di questa prima giornata? Si sono guardati intorno e alla fine, con qualche titubanza, hanno deciso di tentare la sorte ancora una volta. Forlani ha messo in movimento i mille tentacoli della cor¬ rente dorotea. E lo stato maggiore del gruppo ha chiesto l'aiuto di tutti gli amici possibili, democristiani e non, compreso il redivivo Francesco Cossiga. Poi c'è stata la stretta di vite sulla disciplina nelle correnti de. Alle 14 nella riunione dei colonnelli de che è seguita alla prima batosta, tutti quelli che hanno ipotizzato la resa sono stati redarguiti. Quando Giovanni Goria ha fatto il nome di Carlo Azeglio Ciampi, addirittura un andreottiano, Pomicino, lo ha mezzo insultato: «Tu sei pazzo: dopo Forlani non ci sarà più posto per un candidato de o proposto dalla de». E lo stesso Pomicino ha chiesto al capogruppo Gerardo Bianco di compiere un passo verso il candidato più minaccioso che si prospetta all'orizzonte. Oscar Luigi Scalfaro. «Dovresti chiedergli - è stata la richiesta di Pomicino - una rinuncia scritta alla candidatura». Se nella de il gioco si è fatto pesante e le iniziative incredibili, Craxi da parte sua ha cominciato a guardarsi attorno. Dopo la prima batosta il segretario socialista si è incontrato con Vizzini e Altissimo. Hanno esaminato la situazione e Craxi ha addebitato gran parte della colpa della sconfitta alle manovre dei capi democristiani: «Il voto - ha spiegato - ha tutti i contorni di una manovra, per motivi diversi, di Andreotti e De Mita. Il primo fa il suo gioco, il secondo punta a Spadolini. Tutta la de però deve sapere che dopo Forlani non ci sarà un altro de». E per rompere le manovre il segretario del psi ha aperto il balletto delle telefonate con Achille Occhetto. Quelle di fine mattinata sono andate a vuoto: nessuno dei due interlocutori si è trovato al posto giusto, nel momento giusto. Poi, in serata, Occhetto ha avanzato il nome di Scalfaro che però non è andato a genio a Craxi, fermo per il momento sul suo appoggio a Forlani. Sicuramente, tuttavia, quel nome lo ha rincuorato. «Se Forlani cade - ha spiegato cambieremo gioco, ma per come stanno le cose per me come finisce, finisce bene». Anche Scalfaro era nella rosa dei candidati socialisti. Augusto M budini Il leader socialista accusato di essere subalterno allo scudo crociato Rino Formica (foto grande) Claudio Signorile (a fianco) Ciriaco De Mita (a sinistra) Nino Cristofori (in alto) Nel psi si ribellano i vecchi colonnelli Cresce il malessere, anche Signorile e Manca non seguono gli ordini del partito Nel psi si ribellano i vecchi colonnelli Formica-, fino a quando dovremo fare i servi di Maria? ROMA. «E chi l'ha detto che mi è andata male? Può capitare che tu desideri un'auto, la vuoi intensamente, finalmente la ottieni e, bang, vai a sbattere contro un muro». Con una battuta che ricorda, suo malgrado, la favola della volpe e dell'uva di Esopo, Arnaldo Forlani la butta in filosofia, dopo le due prime trombature in Parlamento. L'altro sconfitto, per ora, è l'alleato di ferro Bettino Craxi. Lui però rifiuta di portare la sua croce e prima di andare a pranzo si limita a dire: «Colpa della de. Sui tre risultati che avevamo ipotizzato si è realizzato il peggiore...». Ci hanno provato e gli è andata male. Tutti e due, Forlani e Craxi, ieri hanno preso due botte in testa ciascuno: una al mattino e una al pomeriggio. Ma, salvo ripensamenti notturni, oggi il segretario della de tenterà ancora un'ultima volta la sua scalata al Colle. I due giocatori, Forlani e Craxi, mercoledì sera sapevano che sarebbe stato difficile, ma non immaginavano probabilmente di avere nelle loro file un dissenso tanto vasto. Forlani d'improvviso ha scoperto che i capi democristiani malgrado i sorrisi e i giuramenti di lealtà lo scherzo glielo hanno fatto davvero. Mentre Craxi ha avuto la sorpresa che il psi non è più un partito monolitico e il dissenso non è da trascurare. Contro l'Arnaldo e il Bettino si è mosso un b attaglione trasversale di «franchi» tiratori democristiani e socialisti, con qualche pattuglia liberale. Dare un volto ai cecchini democristiani è difficile, pratici come sono dell'agire nell'ombra. Ma in queste 24 ore nella de si è aperta una vera caccia alle streghe che ha fatto le sue vittime. Il primo nella lista dei sospetti, naturalmente, è Giulio Andreotti^ silurato nella de e assetato di vendetta. Non manca chi nella de fa il suo nome a viso aperto. «A chi ha perso tutto - dice Pierluigi Castagnetti - rimane il gusto della vendetta». E, addirittura, Flaminio Piccoli se la prende con il braccio destro di Andreotti, Nino Cristofori, che secondo qualche testimonianza avrebbe deposto nell'urna una scheda bianca. «Queste cose - sentenzia il vecchio capo doroteo - le fanno gli, idioti, i mediocri. Quelli che non sanno neppure scrivere una lettera come Cristofori. Gente a cui qualcuno chiede: uccidi il prossimo tuo, e questi, senza battere ciglio, lo fanno». Parole grosse che descrivono l'atmosfera pesante che c'è nella de. Anche un altro capo democristiano è tra i sospetti, Ciriaco De Mita: Clemente Mastella, ch^e ha. litigato con lui, lo cita apèrtamente"cnel gruppo lièi congiurati nel mezzo del Transtlantico di Montecitorio, mentre altri esponenti del partito ne sussurrano il nome. Il complotto socialista contro il duo Forlani-Craxi è guidato dal trio Rino Formica, Claudio Signorile, Enrico Manca. Formica nella prima votazione dichia¬ ra pubblicamente con un pizzico d'ironia che non voterà: «Se non ricordo male, ieri al gruppo ci eravamo lasciati con la decisione di astenerci». In una lettera recapitata a Craxi di primo mattino, invece, Signorile gli annuncia la sua decisione di votare scheda bianca. Poi, per tutto il giorno, i ribelli formano crocchi a Montecitorio e in v^tirao decidono di compiere un passo ufficiale: una lettera collettiva a Craxi con la richiesta di lanciare un'altra candldatura^utérriàtiva a Forlani. Queste le mosse ufficiali condite da una guerriglia durata una giornata intera. Dopo la prima votazione andata buca per Forlani, al passaggio in Transatlantico di Craxi e Martelli, Signorile quasi li beffeggia dicendo sottovoce: «Che cavolo di ge- ni abbiamo». Formica, invece, per incitare gli altri socialisti a non votare Forlani fa il solito paragone colorito: «Noi non possiamo sempre andare appresso a Maria Immacolata». Tradotto: non possiamo fare tutto quello che ci dice Craxi. Alla fine anche sul numerò dei ribelli si apre una disputa. Craxi è sicuro: «Sono rnrta non son^più di sette o otto 1 franchi tiratori socialisti». Claudio Signorile, invece, li moltiplica per tre:. «Almeno trenta dnaoi non hSnntf dato il loro voto a Forlani». Ma come hanno reagito i due giocatori alle sconfitte di questa prima giornata? Si sono guardati intorno e alla fine, con qualche titubanza, hanno deciso di tentare la sorte ancora una volta. Forlani ha messo in movimento i mille tentacoli della cor¬ rente dorotea. E lo stato maggiore del gruppo ha chiesto l'aiuto di tutti gli amici possibili, democristiani e non, compreso il redivivo Francesco Cossiga. Poi c'è stata la stretta di vite sulla disciplina nelle correnti de. Alle 14 nella riunione dei colonnelli de che è seguita alla prima batosta, tutti quelli che hanno ipotizzato la resa sono stati redarguiti. Quando Giovanni Goria ha fatto il nome di Carlo Azeglio Ciampi, addirittura un andreottiano, Pomicino, lo ha mezzo insultato: «Tu sei pazzo: dopo Forlani non ci sarà più posto per un candidato de o proposto dalla de». E lo stesso Pomicino ha chiesto al capogruppo Gerardo Bianco di compiere un passo verso il candidato più minaccioso che si prospetta all'orizzonte. Oscar Luigi Scalfaro. «Dovresti chiedergli - è stata la richiesta di Pomicino - una rinuncia scritta alla candidatura». Se nella de il gioco si è fatto pesante e le iniziative incredibili, Craxi da parte sua ha cominciato a guardarsi attorno. Dopo la prima batosta il segretario socialista si è incontrato con Vizzini e Altissimo. Hanno esaminato la situazione e Craxi ha addebitato gran parte della colpa della sconfitta alle manovre dei capi democristiani: «Il voto - ha spiegato - ha tutti i contorni di una manovra, per motivi diversi, di Andreotti e De Mita. Il primo fa il suo gioco, il secondo punta a Spadolini. Tutta la de però deve sapere che dopo Forlani non ci sarà un altro de». E per rompere le manovre il segretario del psi ha aperto il balletto delle telefonate con Achille Occhetto. Quelle di fine mattinata sono andate a vuoto: nessuno dei due interlocutori si è trovato al posto giusto, nel momento giusto. Poi, in serata, Occhetto ha avanzato il nome di Scalfaro che però non è andato a genio a Craxi, fermo per il momento sul suo appoggio a Forlani. Sicuramente, tuttavia, quel nome lo ha rincuorato. «Se Forlani cade - ha spiegato cambieremo gioco, ma per come stanno le cose per me come finisce, finisce bene». Anche Scalfaro era nella rosa dei candidati socialisti. Augusto M budini Il leader socialista accusato di essere subalterno allo scudo crociato Rino Formica (foto grande) Claudio Signorile (a fianco) Ciriaco De Mita (a sinistra) Nino Cristofori (in alto)

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