«Sperimenterò un vaccino contro l'Aids» di Marina Verna

Il vero malato è il medico Il vero malato è il medico La professione in crisi cerca una cura MILANO DAL NOSTRO INVIATO Non ha più l'ultima parola gliel'hanno tolta i malati, gli avvocati, i giudici, i moralisti - né la fiducia e l'antico prestigio, portati via dal sospetto che agisca solo per sé. Lo si considerava altruista e disinteressato, ora si guarda con diffidenza il suo tenore di vita e le sue sperimentazioni cliniche. L'occhio clinico gli procurava devozione e riconoscenza, oggi le aspettative deluse lo trascinano in tribunale per imperizia. Il medico è in crisi: il paternalismo ha fatto il suo tempo, ma il modello mercantiltecnologico che l'ha sostituito ha già mostrato tutti i suoi limiti. Esiste una terza via? Qualcuno ci prova. Oggi la Scuola di Medicina e Scienze Umane dell'Ospedale San Raffaele propone alla discussione pubblica una «etica della cura», una ridefinizione del senso della professione medica fondato non solo sulla perizia tecnica ma anche su di un nucleo morale. Alcuni scandali americani del dopoguerra, quando i medici facevano ardite sperimentazioni cliniche su pazienti ignari hanno avuto come reazione un'attenzione marcata e pressoché esclusiva sul «consenso informato» del paziente, all'interno di un patto più o meno esplicito con il proprio medico: tu fai quello che ti chiedo e in cambio ti pago quello che vuoi. «In questo tipo di contratto - spiega il dottor Paolo Cattorini, membro del Comitato nazionale di Bioetica - le competenze del professionista vengono messe sul mercato, come un qualsiasi bene negoziabile a disposizione dei clienti. Questo approccio sta guadagnando terreno anche perché è molto in sintonia con la nostra cultura dei diritti - in particolare quello all'autodeterminazione, I due contraenti, però, sono solo apparentemente sullo stesso piano: il medico ha le conoscenze e il potere, il malato è ignorante e ha bisogno. E' davvero una transazione alla pari?». Il punto forte di questo modello è che mette al riparo da interventi medici non graditi, siano essi la sperimentazione di un nuovo farmaco, la sospensione di un trattamento o il prelievo di un organo al paziente in coma. Analizzandolo più in profondità, si vede però quale abisso scavi l'assenza di remore morali tipica del libero mercato: se tutto è lecito purché io lo desideri e lo paghi, posso comperare organi, scavalcare qualcun altro in cure eccezionali, chiedere il suicidio assistito? Dice Warren Reich, della Georgetown University di Washington: «Io propongo un modello di cura come interesse anche affettivo - per il benessere di un altro. La competenza tecnica e la solidarietà diventano allora elementi inscindibili. Un secolo di dominio incontrastato della fisiologia e della patologia hanno ridotto la malattia a singolo frammento che non funziona più e la cura a pura tecnica». «Il gesto terapeutico deve avere un fondamento più forte della semplice perizia - conclude Cattorini -. Ha bisogno di fiducia nella competenza del medico, nella verità delle sue parole, nella promessa di lealtà. La medicina dev'essere una "alleanza terapeutica. Sennò capita quello che oggi vediamo con i malati di Aids: u rifiuto a curarli». Marina Verna

Persone citate: Cattorini, Paolo Cattorini, Warren Reich

Luoghi citati: Milano, Washington