Affranti dal troppo lavoro di Franco Lucentini

Affranti dal troppo lavoro roowj Affranti dal troppo lavoro OMINCIA l'appello, chiamano Agnelli Giovanni che subito arriva, infila nell'urna vagamente cimiteriale la sua scheda (stavolta dì color bianco) e passa oltre. Chiamano Andreotti Giulio che sguscia nello stretto passaggio guardando dritto davanti a sé. Nonsi vede dove tenga le marSS^se^TMca't) dietro la schiena, ma in ogni caso non tira fuori nessuna selleria, se ne^à'serizavotàrè come un automobilista che non paga al casello. E allo stesso modo si comportano dopo di lui tutti gli altri elettori democristiani e tutti gli altri elettori socialisti. Un fiume, o piuttosto uno stillicidio, di non-votanti. Così hanno deciso per questa quarta seduta le due direzioni dei due partiti. Astensione. Gli altri gruppi si fanno sentire con cinque minuti a testa d'indignazione. Ma come, potevano almeno votare scheda bianca! Già, ma con l'astensione collettiva decisa dall'alto non si corre il rìschio che qualcuno sgarri, faccia di testa sua. Ma allora dov'è più la segretezza del voto? E via polemizzando. Il democristiano Mancino difende la scelta del suo partito. I cinque minuti che gli spettano li spende nella coniugazione del verbo «lavorare». Abbiamo lavorato, dovevamo lavorare, stiamo lavorando. Per che cosa? Ah, qui ti volevo: per la «massima con¬ vergenza». Il tono è tutt'altro che implorante, ma il senso lo è: «Ragazzi, non riusciamo a decidere chi debba essere il nostro candidato, dateci tempo, domattina al più tardi vi portiamo il nome». Ma è anche questa una finzione, il nome è già noto, è Forlani, massimo ricercatore di màssime "convergènze;" il tanto atteso e pregato a mani giunte «candidato forte» della de. Forte? L'aspetto, con quei rìccioli grigi, quel volto mansueto, quella voce un po' belante, fa piuttosto pensare a un agnello. Chissà se i suoi, domani, lo voteranno al gran completo, o se ci sarà qualcuno che approfitterà del voto segreto per una svelta macellazione clandestina? In ogni caso nella notte i «lavoratori» di tutti i partiti torneranno a rimboccarsi le maniche. Li rivedremo affranti come camionisti, con gli occhi rossi, la gola incartapecorìta dalle troppe sigarette fumate, dalle troppe parole spese per strappare un mezzo sì, evitare tre quarti di no. Per carità, è necessario anche questo, anzi è senz'altro indispensabile al buon funzionamento di una democrazia. Ma si potrà dire che in un simile contesto quella rude parola, «lavoro», suona all'orecchio del comune cittadino come una leggera forzatura? Cario Frutterò Franco Lucentini r— 1 r 1

Persone citate: Agnelli Giovanni, Andreotti Giulio, Forlani, Mancino