«Restituiamo ciò che abbiamo rubato» di Cesare Martinetti

«Restituiamo ciò che abbiamo rubato»«Restituiamo ciò che abbiamo rubato» Le sezioni dei partiti in rivolta: basta con i ladri I DELUSI DALLA POLITICA MILANO DAL NOSTRO INVIATO Verrà il compagno Cappellini? Sono già le ventuno e trenta e nessuno l'ha ancora visto, non si è fatto sentire, non ha telefonato ma non c'è ragione di dubitare che Roberto Cappellini salti l'appuntamento di questa sera, qui alla periferia ex comunista di Milano, viale Monza 140, sezione Rotilio Mantovani, dove nel grande salone ci sono già almeno centocinquanta persone, sedie esaurite. Si scherza col compagno che gira a raccogliere soldi per la festa dell'Unità di giugno nel giardino del circolo familiare. Ognj biglietto 2 mila lire, primo premio della lotteria un videoregistratore, terzo un buono da centomila per la Coop, settimo uno spremiagrumi. Tutti ormai sanno che il nome di Cappellini, segretario cittadino del pds, è entrato nel vortice dello scandalo. Non è inquisito, ma secondo l'Espresso, Sergio Soave, cassiere confesso della Quercia, un po' di soldi sporchi delle tangenti li avrebbe dati anche a lui. E tutti aspettano di guardarlo in faccia, il Cappellini, ognuno con il suo piccolo rancore che galleggia nell'aria calda di questo simbolico appuntamento periferico. Cappellini arriva quando la riunione è già cominciata, qualcuno gli batte le mani, lui esita quando il segretario della sezione lo molla da solo al tavolo, davanti all'acqua minerale e al microfono. Cappellini, con la voce bassa e l'aria di chi vorrebbe trovarsi in un altro posto, comincia. «E' il collasso del sistema dei partiti nati dalla Resistenza - dice -, siamo al punto finale di un sistema, l'offensiva liberista ha aperto una breccia anche nel nostro partito... paghiamo un eccesso di continuismo culturale mentre veniva avanti la Lega... abbiamo pensato di cambiare i socialisti... diciamolo francacamente, nel '90 non dovevamo tornare in giunta». Il silenzio è di piombo, non gli chiedono niente. «Amareggiato - dice il compagno Colombo - sono amareggiato anche perché sento dire che non avevamo capito. Ma come: sono anni che lo dicevamo. Il Carnevale (uno dei pidiessini sotto inchiesta, latitante, ndr) lo conosco dai tempi dell'Ortomercato: era chiacchierato già tanti anni fa ed è sempre andato avanti come tanti compagni chiacchierati delle Usi». La compagna Nives: «Sono letteralmente sconvolta: mi sono trascinata i miei figli al- le feste dell'Unità da quando avevano due anni, adesso che ne hanno 20 e hanno letto i giornali mi dicono: bella roba che siete... 10 ho sempre lavorato gratis per 11 partito e adesso va a puttane anche il mio modo di educare». Colombo dice che se davvero soldi sporchi sono arrivati al partito, bisogna vendere il palazzo di via Volturno e «restituire quello che abbiamo rubato». Maura dice che è ora di fare «nomi e cognomi. Per esempio: come ha fatto Cervetti a spendere i soldi che ha speso per la campagna elettorale?». Il compagno Bellotti (giovanissimo) racconta tutta la sua «incazzatura: ho fatto una testa così ad amici e famigliari per farli votare pds e adesso mi dicono: sei un pistola». E Cappellini? Prende appunti, silenzioso, rinfrancato, nessuno chiede niente di lui, può finire col dire che adesso bisogna cambiare perché «il tumore ha" lambito anche noi». Bisogna aspettare la fine, quando tutti se ne vanno e la cronista dell' Unità gli chiede cosa risponde alle rivelazioni di Soave. Lui, sbrigativo: «Non ne sono a conoscenza e quindi mi è difficile rispondere». Nel viaggio fra i «traditi dal partito», si deve tornare verso il centro, in via Nirone, vicino alla Cattolica, dove gli ultimi democristiani autoconvocati se ne stanno tornando a casa. Domani, dopo l'ufficio, rioccuperanno il piano terreno del quartier generale de dove governava GianStefano Frigerio, il segretario finito a San Vittore. Ogni giorno qui, dalle 18 alle 24, assemblea permanente per dire quello che si legge nel tazebao appiccicato all'ingresso: «C'è una de che lavora, che ha ideali, che non è corrotta... riappropriamoci della de». E nel salone polveroso, dove anche il Cristo del crocefisso sembra più afflitto, si leggono le prime firme: Guerini Lorenzo, Lodi; Perego Giovanni, Paullo; Bertoni Luca, Tavazzano; Castellazzi Angelo, Pantigliate, Buson Giovanni, Vizzolo. E' l'hinterland bianco di Milano che si muove alla riconquista della metropoli tangentosa. Il tamtam è partito da Enrico Antonioli, 31 anni, assicuratore, consigliere di zona a Milano 4, Stefano Meloni, 29 anni, imprenditore agricolo a Melegnano, segretario di sezione a Milano sud; Piero Pirovano, 40 anni, giornalista all'Avvenire, Movimento per la vita. Alle 18,30 aveva cominciato l'assemblea Mario Valli: «Rubare è sempre rubare anche se serve per pagare gli stipendi... noi abbiamo dato il nostro tempo gratis e adesso ci sentiamo con le ossa rotte e le gambe molli... con i soldi hanno tenuto soggiogato il partito... adesso abbiamo capito perché il partito stava zitto di fronte a tutto quello che facevano socialisti e comunisti: la tangente era il prezzo delle fette di salame sugli occhi della de...» Valli annuncia che dalla Curia si è fatto vivo monsignor Merisi, vicario del cardinale nei rapporti con le istituzioni, per fare arrivare il suo incoraggiamento. Poi al microfono è andato Mario Brughera, con i capelli bianchi e la rabbia di chi si sente allo sbando: «Ma anche noi siamo collegati alla Curia - ha annunciato -, da domani si raccolgono firme dal notaio De Marchi: sono con noi Alberto Falck, Giorgio Rumi, Carlo Radice Fossati, Ombretta Fumagalli. Noi non abbiamo da temere, anche se ci guardano nel risvolto dei pantaloni». Per misurare la temperatura socialista, invece, bisogna andare alle 3 del pomeriggio in una sala delle Stelline, in corso Magenta, a quattro passi dalla federazione psi, dove Carlo Lesca, numero due della Camera del Lavoro, ha chiamato a raccolta lavoratori e delegati psi. «Siamo nel pieno del casino», confessa, davanti a trecento tramvieri, delegati di fabbrica, impiegati, pensionati, tanti come non se ne vedevano dai tempi del decreto sulla scala mobile. «Bisogna - dice - rimettere in piedi un partito annichilito dai craxioti che sarebbero i craxiani idioti, sciogliere le bande e le famiglie». Quali famiglie? I delegati del Comune raccontano la mappa. Eccola: Tognoliani, Pillitteriani, Colucciani (da Colucci, il capogruppo in Regione mandato al soggiorno obbligato), Aniasiani (da Aniasi), la sinistra (prima a finire sotto inchiesta ai tempi dello scandalo Codemi su cui cadde Gianstefano Milani). E le sotto-famiglie della grande «confederazione» pillitteriana: i manziani (da Manzi, presidente Sea, società aeroporti), i radaelliani (da Radaelli confesso percettore di tangenti, attivo tra i tramvieri, nella banche, nella Sea), gli zaccariani (da Zaccaria, assessore in Regione, governatore dell'hinterland nord). E meno male che nell'inchiesta sono finiti anche i pidiessini, perché i delegati socialisti non ne possono più di essere chiamati ladri, nelle fabbriche e negli uffici dove va di moda canticchiare saltellando: «Chi non salta è socialista». Lo ha raccontato Cristina Russo, impiegata Inps. Poi hanno parlato Angiulli, farmacie comunali; Fortunato, Italtel; Airaghi, trasporti; Spadini, pubblico impiego; per Gorizia, vigile del fuoco, non c'era più tempo. Avrebbe raccontato che non se ne può più di un partito dove Maratano, segretario di una sezione, testimonia che Mario Chiesa s'era comprato il 20 per cento delle tessere. Chiude Lesca: «Amato non deve venire a fare il notaio, altrimenti, cari compagni, è finita». Cesare Martinetti Nel pds un ironico applauso al segretario cittadino «sospettato» La de raccoglie firme Il psi accusa i «craxioti» Carlo Tognoli (in alto) Aldo Aniasi (a fianco) Gianstefano Frigerio il segretario de arrestato