Striscione alla Camera: viva Di Pietro di Flavia AmabileFrancesco Grignetti

Striscione alla Camera: viva Di Pietro I Verdi contestano i partiti, Palmella chiede una cabina per il voto, i barbieri protestano Striscione alla Camera: viva Di Pietro E una pioggia di banconote false accoglie gli elettori ROMA. Con una pioggia di banconote false e uno striscione con su scritto «Forza Di Pietro» i verdi hanno salutato i 1014 grandi elettori che hanno varcato la soglia di Montecitorio per votare fin dalle otto di ieri mattina. Il primo ad entrare è stato Bruno Zambon, coltivatore diretto di Susegana, in provincia di Treviso. Poi Nilde lotti, in completo viola e scarpe nere, Marco Pannella con fascia nera al braccio per la guerra in Jugoslavia e Lucio Libertini, capogruppo al Senato di Rifondazione comunista che in tempo record ha anche rilasciato la prima dichiarazione della giornata. NEI CORRIDOI. Terminate le votazioni, il Transatlantico si è svuotato ed è cominciato il pellegrinaggio verso il corridoio gemello, meglio conosciuto come «la Corea» e, di solito, utilizzato per gli incontri segretissimi. Ieri, invece, appariva trasformato in base di trasmissione per i massmedia. Sei gabbi otti di metallo modello stand da fiera erano stati montati in fretta e furia tra divani d'epoca e colonne di marmo, per ospitare le complicate attrezzature di Gr e Tg. Tra i gabbiotti si aggiravano in tanti per farsi notare e per ottenere un passaggio davanti a telecamere e microfoni. Primo fra tutti Sgarbi, anche lui con fascia nera sul braccio per la guerra in Jugoslavia. EL PRANZO. Il presidente del Torino, Gianmauro Borsano, è stato fra i primi a scappare da Montecitorio. A .mezzogiorno era già davanti ad un apentivo e a parlare di tutt'altro che di Quirinale e strategie politiche. Tutti gli altri, invece, hanno atteso le due per popolare i ristoranti della zona. Si sono accontentati di un sandwich e di un'insalata in un bar con vista sul Pantheon i verdi Francesco Rutelli, Massimo Scalia e Gianni Mattioli. Pranzo leggero anche per la Lega: un panino al formaggio per Umberto Bossi e al pomodoro per i fedelissimi Rocchetta e Rossi. Fritture e specialità giudie di fronte alla sede del partito repubblicano, invece, per i pidiessini Giorgio Napolitano, Emanuele Macaluso e Gerardo Chiaromonte. Inseguiti dai fans in cerca di autografo i socialdemocratici che hanno deciso di pranzare in gruppo. Scuro in volto il neo-segretario Vizzini, la firma con dedica è stata chiesta solo a Cariglia. I SERVIZI IN TILT. Una delle giornate peggiori. La buvette, l'ufficio delle poste della Camera, la rivendita di tabacchi su questo concordano. Anche se non si è arrivati ai livelli di paralisi raggiunti durante la seduta notturna allo scoppio della guerra in Kuwait o ai tempi dell'ostruzionismo radicale. I più arrabbiati erano i barbieri che sono sotto organico: in undici, mentre dovrebbero essere in sedici, e costretti a svolgere ieri il doppio del lavoro con l'assalto di deputati e senatori che nelle ore di pausa tra le due votazioni hanno deciso di farsi spuntare la barba e di dare un'aggiustatina al taglio. PANNELLA CONTESTA. Marco Pannella non dimentica d'essere il contestatore che fu. Questa volta se la prende con il sistema delle votazioni. «Bisogna installare delle cabine per dare segretezza al voto», protesta con Scalfaro. Spiega: «Ho visto il collega Mancino mentre scriveva sul foglio il nome di De Giuseppe». Risposta rassegnata di Scalfaro: «Ho pregato di scrivere i nomi fuori dall'aula e di entrare con la scheda già compilata». Ma per il momento non si cambia sistema: i millequattordici grandi elettori vengono chiamati per nome uno alla volta, sfilano davanti alla presidenza e lasciano cadere il loro foglietto giallo in un cestino, detto «insalatiera». Tempo necessario per ogni votazione, scrutinio compreso: trequattro ore. GLI SCAMICIATI. Contro tutte le regole della Camera, che pure in genere vengono fatte osservare rigidamente, ieri due parlamentari si sono presentati alle operazioni di voto senza la cravatta. Il radicale Roberto Cicciomessere e il leghista Francesco Enrico Speroni anche questa volta hanno dimostrato di non sopportare le pastoie regolamentari. I commessi hanno fatto finta di niente. Erano troppo occupati nel rincorrere i giornalisti sprovvisti dello specialissimo accredito che permette l'ingresso al Transatlantico. FORZA CON LE MANETTE. L' inchiesta giudiziaria milanese, oltre che nelle chiacchiere di corridoio, ha fatto il suo ingresso trionfale anche in aula. Qualcuno tra i grandi elettori ha votato Nicolò Amato, direttore degli istituti di pena. Tre voti ha raccolto il giudice Di Pietro. Ma tutti voti nascosti con la dicitura: «Dispersi». Ma si votava per il Chiirinale o per San Vittore? ALTRI VOTI DISPERSI. Oltre ad Amato, nella votazione del mattino hanno raccolto un voto anche Cossiga, Andreotti, Libero Gualtieri, Fanfani, Ombretta Fumagalli C arulli. Quest'ultima non era neanche eleggibile per il Quirinale, perché ha meno dei cinquantanni prescritti dalla Costituzione. Alla votazione del pomeriggio sono stati dodici i voti «dispersi» o nulli. E ventitré gli assenti al voto. NON SI TIFA SOLO IL MORO. Alle diciannove in punto, il presidente della Federazione gioco calcio, Tonino Matarrese, de, si concede un caffè. Ma come, presidente, non è andato ad Amsterdam per vedere la finale di Coppa Uefa, Torino-Ajax? «Beh, non sapevo cos'era più importante, se stare qui o andare ad Amsterdam. L'amico Borsano (presidente del Torino calcio, deputato socialista con richiesta di autorizzazione a procedere per bancarotta) è partito con la mia benedizione. Ma a me sembrava brutto assentarmi. Comunque, se devo marinare la Camera, andrò a Wembley per la finale di Coppa Campioni». Flavia Amabile Francesco Grignetti il senatore Gianfranco Miglio, Lega Nord (a sinistra), mentre parla a Montecitorio con Marco Pannella

Luoghi citati: Amsterdam, Jugoslavia, Kuwait, Roma, Susegana, Treviso