Oggi primo voto ognuno corre per sè di Amintore Fanfani
Sul ponte sventola bandiera falsa Sul ponte sventola bandiera falsa IL MORBO infuria, il pan gli manca, sul ponte sventola... Quel che segue e rischia di sventolare sul ponte della barca democristiana l'ha subito evocato Amintore Fanfani uscendo dall'assemblea che ha investito il povero senatore Giorgio De Giuseppe come il personaggio su cui domani dovrebbero riversarsi, senza speranza alcuna, i voti simbolici del suo partito. «E siccome la bandiera de è bianca, non vorrei - ha osservato Fanfani con la consueta malizia - che scegliere un candidato di bandiera voglia dire la resa». In genere è così Ma nere è così. Ma c'è modo e modo. Certo, adesso il caso democristiano è particolarmente sconsolante. Basti pensare che nel 1978, al posto dell'innocente De Giuseppe, già provveditore agli Studi di Maglie (Le) e professore di diritto pubblico, sconosciuto al pubblico nonostante fosse {Stato sperimentato nello stesso scomodò ruolo appena tre settimane fa per la corsa alla presidenza del Senato, la de aveva piazzato un glorioso popolare antifascista, ex segretario e pluriministro come Gonel- Nessun leader, com'è ovvio, può dirlo apertamente. Anzi, nella commedia della vigilia colpisce il tono risoluto con cui, ad esempio, il segretario pds Occhetto assicura che «no, assolutamente no: quella dell'onorevole lotti non è una candidatura di bandiera». O l'elegante formulazione del neo leader socialdemocratico Vizzini secondo cui «più che un candidato di bandiera, Cariglia è un candidato che ha tutte le doti che noi indichiamo come necessarie al nuovo Presidente». In realtà, il destino di queste personalità da primo, secondo e terzo scrutinio è segnato per definizione: correre invano. Come toccò a Parri, bandiera del- le sinistre nel 1955; oppure a Pertini (psi), Terracini (pei) e De Marsanich (msi) nel 1962; di nuovo Terracini e De Marsanich, con Martino (pli) e Malagugini (psiup) nel 1964; fino a De Martino (sinistre), Malagodi (pli), Saragat (psdi) nel 1971 e appunto a Gonella nel 1978. Stavolta - sintomo di innegabile frammentazione le bandiere che sventolano sono ben nove, assai più del solito. Quasi tutti presentati dai rispettivi sponsor con rituali, gratificanti elogi. Craxi su Vassalli: «Un democratico coerente e un combattente per la libertà». l libl pIl liberale Battistuzzi su Valitutti: «Una costante testimonianza del liberalismo italiano nella vita culturale, civile, di governo». E così via, come da copione quirinalizio. Ma almeno nessuno ha fiatato. Quanto al vicepresidente vicario del Senato De Giuseppe, ? amabilissima , persona mo i persona, moroso, ,i. per,r! jGpnsi^t.udjsne geografica (Moro nacque a Maglie) e doroteo mai coinvolto nei terribili scontri fra Pino Leccisi e il giovane Raffaele Fitto in Terra d'Otranto, il segretario de Forlani ha finito per cavarsela con una tiepida definizione: «Un riferimento sicuro e di prestigio». Sulla sicurezza del personaggio non ci sono dubbi. Sul prestigio della bandiera de, invece, ce ne sono, eccome. Tanto che pochi minuti dopo l'investitura i de già parlavano senza troppi scrùpoli di «candidaturasondaggio» (Jodice), «candidatura-assaggio» (Piceno), «candidatura di attesa» (Viscardi). «Forlani quasi si è vergognato quando ce l'ha proposto» tuonava Rivera. «Anch'io vorrei un candidato vero» sbottava Mancino. «Vero» ripeteva Cristofori. Come se «di bandiera» fosse sinonimo di falso. Filippo Ceccarelli Bili | Guido Gemella
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