Io, commercialista di Montale ed ora poeta

Io, commercialista di Montale ed ora poeta Giulio Abbiezzi presenta oggi a Milano il suo primo lavoro intitolato «Disfonie» Io, commercialista di Montale ed ora poeta V/ maestro mi avrebbe sconsigliato: «E' una coglionata» Vr Idi MILANO IULIO Abbiezzi, il commercialista milanese che è promotore del premio _ di poesia «Librex-Montale» e vicepresidente vicario dell'Inter, si liscia con una mano il doppiopetto grigio attillato. «Le leggerò un epigramma dal mio libro», dice inforcando gli occhiali. «La storia ha dunque buchi e nascondigli; / ce n'era uno occupato da un tale / (al numero quindici della via Bigli) / che si chiamava Eugenio Montale». Ed era, lo si intuisce subito, il migliore ed il peggiore dei suoi clienti. Oggi Giulio Abbiezzi presenta al circolo della stampa di-Milano, con Elio Gioanola e Giovanna Ioli, il suo primo libro di poesie, intitolato Disfonie (Genesis/Silvana editoriale). Non se n'era accorto nessuno, nella giuria del premio presieduta da Carlo Bo, che il suo promotore e finanziatore covasse intenzioni di poesia e meno che mai se ne sarebbe potuto accorgere Montale, perché Abbiezzi ha scoperto la sua vocazione all'improvviso, un anno fa, in una notte di insonnia. Come l'avrebbe presa il suo maestro? Il commercialista ha uno scoppio di ilarità: «Mi avrebbe detto che sono un imbecille, che la poesia non serve a niente nella vita. E avrebbe aggiunto (mi scusi se dico questa parola ma lui l'avrebbe proprio usata) che era una coglionata», Forse perché temeva, conoscendo il suo carattere, che gli affari mal si combinino con la poesia? «Sicuramente. Non avrebbe mai affidato i suoi interessi ad un sedicente poeta. Era genovese, in tutto e per tutto». Si erano conosciuti nel 1959, quando alla porta dello studio Abbiezzi si era presentato il poeta, vestito di nero, ed aveva rovesciato sulla scrivania del giovane professionista qualche migliaio di pezzi di carta: cartelle esattoriali, accrediti degli editori, di tutto. Abbiezzi cominciò a mettere un po' d'ordine, e a spiegargli che cosa si doveva fare. «La prego di non spiegarmi niente disse Montale -. Dica tutto alla Gina (Gina Tiossi, là sua governante, ndr). Primo perché non capirei una parola, e poi perché ho il taxi che mi aspetta». «Capi¬ sce? - si stupisce ancora Abbiezzi - Va per la prima volta da un nuovo commercialista, gli porta tutta la sua situazione fiscale, e tiene un taxi ad aspettarlo!». Ed era con la Gina che il giovane professionista si trovava i primi anni, nella cucina della casa di via Bigli, a fare i conti e le dichiarazioni dei redditi. Finché lo studio non s'ingrandì e a questo lavoro fu adibito un assistente, mentre i due uomini restavano in salotto «a parlare di tutto, dei fatti della vita, mai di poesia». Ci fu mai un momento di disaccordo, una tensione per opinioni divergenti, su un argomento come quello finanziario che a Montale doveva stare molto a cuore? «Quando vinse il Nobel risponde Giulio Abbiezzi - che era di 110 milioni. Si trattava di metterlo nella dichiarazione dei redditi, ed io gli spiegai che si doveva, perché l'Italia era uno dei pochi Paesi al mondo ad assoggettare questo premio a tassazione. Lui naturalmente non voleva, perché aveva già rilevanti diritti d'autore, e la cifra del Nobel avrebbe fatto salire la sua aliquota. «Feci subito un'istanza al ministero chiedendo che l'Italia si allineasse agli altri Paesi. Mi ri¬ sposero che forse non era impossibile, ma che per una risposta sicura dovevamo aspettare 7, 8 mesi. Prima bisognava pagare, e poi chiedere un rimborso. "E io non pago!" urlava Montale. "Senatore, non può!" gli dicevo io. «Per fortuna mi venne un'idea: misi la cifra in una colonnina diversa e non la sommai ai redditi. Poi arrivò davvero la modifica dal ministero: dovreb' bero chiamarla la legge Montale, perché con la sua testardaggine aveva cambiato tutto. Anche gli altri premi Nobel italiani, dopo di lui, hanno potuto usufruirne». E lei non gli chiese mai nulla in cambio di tanta efficienza e devozione? Nell'introduzione di Elio Gioanola al libro, si legge ad esempio che Montale fu testimone alle sue nozze. «Quando andai a chiedergli se sarebbe venuto al mio matrimonio, mi rispose quasi rninaccioso: "E' deciso? Lei sa che io odio due cose al mondo: i matrimoni, e i premi letterari"». Proprio a lei, che in sua memoria ha fondato il premio LibrexMontale? Giulio Abbiezzi sorride senza rimorsi: «Venne al matrimonio, però è vero, l'ho tradito due volte». Livia Matterà Giulio Abbiezzi: «In tanti anni di amicizia con Montale, non ho mai scritto poesie. Se avessi osato farlo, lui certamente non si sarebbe più fidato di me: in fondo, per le questioni di denaro era rimasto molto genovese» Eugenio Montale: quando vinse il Nobel, il suo commercialista riuscì a ottenere una legge per evitargli le tasse

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