Il sindaco lascia e ci riprova

Il sindaco lascia e ci riprova Ha cinquantanove giorni per formare una nuova giunta, altrimenti si andrà alle elezioni Il sindaco lascia e ci riprova «Quale Tangentopoli, Milano reagisce» MILANO. E da oggi si teme e si conta: meno 59, come i giorni che separano Milano dallo scioglimento del Consiglio comunale, dall'arrivo di un commissario, da elezioni amministrative anticipate e, previsione cantata in Piazza Scala da un coro di lumbard in festa, dal «Bossi sindaco, Bossi sindaco!». Piero Borghini, alle tre del pomeriggio di ieri, ha scritto la sua lettera di dimissioni. Alle 19,10 le ha annunciate al Consiglio comunale. Due soli applausi al merito, dal verde Basilio Rizzo e dal missino Riccardo de Corato, gli ultra dell'opposizione. «Il tempo delle parole è finito, adesso occorrono i fatti», ha concluso il sindaco. Più che dimissioni, quelle dell'anglofilo Borghini sono uno «stop and go», fermati e riparti. Sulla carta, nelle nove cartelle del suo addio (o arrivederci, come vorrebbe) le probabilità ci sono tutte: Borghini è almeno senza macchia, mani pulite, faccia ancora nuova, credibilità e buona volontà. In cinque punti si gioca il futuro: giunta straordinaria e a termine, apertura ad esterni di prestigio, programma mirato, nomina di un «city manager», revisione delle nomine. Al Consiglio comunale ha chiesto di «rendere possibile questa operazione», ai partiti di «fare un passo indietro», «fare spazio con notevole disponibilità a queste nuove energie nell'esecutivo e poi so¬ stenerne l'azione con un serio lavoro nelle commissioni e in aula». Milano è umiliata, Milano è mortificata, ha ripetuto: «La cosa più giusta da fare è dar vita ad una soluzione straordinaria e temporanea per governare la città sino al momento in cui si possa votare con un sistema radicalmente nuovo». Altrimenti Milano, paralizzata, andrà al voto. Su scandali, arresti, voci, imbarazzi e tutto quanto fa di Milano la Tangentopoli, Borghini è severo. In Consiglio, assenti il pds Massimo Ferlini ancora detenuto e l'altro indagato, il psi Paolo Pillitteri ancora in malattia, ha detto che «la questione morale ha raggiunto forme, inaudite e sino a poco tempo fa imprevedibili. Almeno per la maggior parte di noi», ha tenuto a precisare. «Non è un semplice scandalo, per quanto grave, è l'emergere di un vero e proprio sistema di corruzione incompatibile con una società democratica che vuol essere in Europa». Ma Borghini sa che Lega, Msi, Rete, Rifondazione, parte dei Verdi, parte del Pds, insisteranno con la richiesta di scioglimento e nuove elezioni. Sa anche che la De, ora che le dimissioni ci sono e si comincia il conto alla rovescia, potrebbe alzare il prezzo e rivendicare a sé, primo partito della città, la poltrona da sindaco. Per il conte Carlo Radice Fossati o per il ministro Virginio Rognoni. «Milano è in crisi, sì - am¬ mette -, ma non si arrende e cerca una via d'uscita praticabile e nuova. Mi pare che quella che vi propongo possa esseré giusta». Da fuori, da piazza Scala, ogni tanto le grida di leghisti e missini, «Ladri, ladri», «Di Pietro sindaco», «Bossi sindaco», «Milano ladrona ormai sei come Roma», «Borghini Vinavil, staccati dalla sedia». E in aula Borghini che risponde: «Altro che Tangentopoli, Milano vuole reagire e diventare la capitale nazionale della lotta contro questi mali, il luogo in cui questo sistema viene liquidato e si indica al Paese la via da seguire». Lo dice, d'accordo con Borghini, anche il giudice Di Pietro. «Il Paese vuole vedere come reagiamo alla malattia che non è solo nostra». Borghini e Di Pietro riconoscono a Milano la capacità di ribellarsi. Ma se Borghini lascia per ricominciare dalla «giunta di responsabilità tecnica», Di Pietro sta continuando. Ieri sera, a Palazzo Marino, le voci su possibili altre tegole giudiziarie su consiglieri sono continuate. Dopo il Consiglio di martedì scorso, avevano arrestato Ferlini... Ma Borghini, ex pds senza tessera, deve mostrarsi ottimista: i socialisti hanno comunicato «che gli conferiscono il più ampio mandato», da oggi comincia le consultazioni. E la città comincia a contare. Meno 59... Giovanni Cerniti Il sindaco Borghini nell'annunciare le dimissioni ha ricevuto soltanto due applausi. Ora tenterà di formare una giunta con i tecnici . 1 Il magistrato Antonio Di Pietro riconosce a Milano la capacità di ribellarsi alle tangenti. Ieri giravano voci su altre possibili tegole giudiziarie