II jazz funziona con i nottambuli
II jazz funziona con i nottambuli r- I DISCHI "1 II jazz funziona con i nottambuli AGGIRA per l'Italia un caso strano. Un disco di jazz, un'antologia, che stravende. Mezzo milione di copie, un'enormità per questo settore, ecco quanto ha venduto «Jazz a mezzanotte». E non la si scambi per un'imitazione delle imbelli trasmissioni di Marzullo, per carità. E' un'idea, neanche estremamente originale tutto sommato: riunire una serie di brani celebri del jazz moderno nelle interpretazioni dei più famosi solisti e interpreti (dalla Fitzgerald ad Armstrong, dalla Vaughan a Stan Getz). Ma ha funzionato, il pubblico ha apprezzato questa formula di antologia, ampiamente sfruttata in campo rock. Allora come mai un disco di jazz normalmente non vende che poche migliaia di copie? Eppure ai concerti e festival estivi gli spettatori da anni sono sempre numerosi. E' probabile che il jazz moderno riesca a comunicare emozioni soprattutto dal vivo? Forse le registrazioni evidenziano quel sapore di laboratorio di virtuosismi che non aiuta a ricreare con l'ascoltatore quel feeling, quella partecipazione palpabile durante i concerti? Sono domande da porsi per capire se questo genere musicale, la cui storia testimonia che sempre ha tratto forza e ispirazioni da vicende sociali, non sia diventato solo un linguaggio soprattutto tecnico con poco sentimento. Così che il pubblico dimostra di aver voglia di avvicinarsi al jazz, ma sembra intimidito, disorientato, poco attratto dalla forma disco. Ora è possibile avere una riprova: è appena stato pubblicato «Jazz a mezzanotte 2» (Polygram, 1 Cd). Si ripeterà il successo? Allora i jazzisti debbono ripensare i proprii progetti. Non ci saranno più folle di acquirenti? Allora è stata solo una moda. Ma comunque sarà solo un nuovo genio a riaccendere la scintilla della passione per il jazz. Anche stavolta sono magie di genii del passato. Sinceramente crediamo al ripetersi del miracolo. La Fitzgerald con «Night and day», la Vaughan con «My funny Valentino), Billie Holiday con «Stormy weather» aprono splendidamente questa nuova raccolta di perle musicali. Ma ci sono anche più aperture alle nuove tendenze. C'è Helen Merill che cesella «Baby ain't i good to you», c'è George Benson che incanta con «I remember Wes», alternandosi con una inimitabile «Sweet Lorraine» di Armstrong, un Miles Davis accanI to a Michel Legrand per una 1 emozionante «Round mid- night». Tutti brani già apprezzati negli anni. Ma è la successione a entusiasmare. Un appunto finale: ima più attenta cura editoriale non avrebbe stonato. Date di registrazione, musicisti coinvolti nelle esecuzioni era proprio il caso di segnalarli. Se la funzione è quella di introdurre nuovo pubblico ai piaceri del jazz, perché non evidenziare, anche didascalicamente, differenze e momenti storici? Si indica una strada, ma proprio per questo si devono favorire gli approfondimenti. Altrimenti sono solo punture di spillo. Pur redditizie. Un disco ideale per proseguire ad addentrarsi nelle meraviglie del jazz è «Sing a song of Basie» (Grp, 1 Cd). Ad offrirlo sono Dave Lambert, Jon Hendricks e Annie Ross, un trio vocale scintillante, coinvolgente. Ad accompagnarli ci sono Freddie Green alla chitarra, Nat Pierce al piano, Eddie Jones al basso e Sonny Payne alla batteria. Un organico molto classico che permette nei dieci brani presentati di apprezzare la straordinaria ricchezza di suoni della voce umana, il migliore e più malleabile strumento musicale. Il terreno su cui scorrazza il trio sono le composizioni amate da Count Basie, da «Everyday» a «One o'clock jump» a «Little pony». Delizioso disco. Altre due incisioni ricche di feeling hanno un'impronta sudamericana: Gato Barbieri e Arturo Sandoval. Il saxofono di Barbieri inonda di calore i sei brani presentati in «Chapter three; Viva Emiliano Zapata» (Impulse, 1 Cd), al centro di una formazione ricca di fiati tanto da trasformare il disco in una festa coloratissima. Indimenticabile è il brano di apertura, «Milonga triste». Un omaggio da trombettista a trombettista è «I remember Clifford» (Grp, 1 Cd), in cui il cubano Sandoval paga un debito di riconoscenza a Clifford Brown. Brani cari a Brown («Joy spring», «Cherokee») si alternano a composizioni in cui Sandoval dimostra quanta arte abbia imparato dal mai abbastanza celebrato collega. Un disco che farà ricordare, riconoscenti, anche Gato. Alessandro Rosa >sa^J
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