Amata sì, ma chiacchierata

Amata sì, ma chiacchierata Con una grande rassegna Parma rievoca la duchessa Maria Luigia Amata sì, ma chiacchierata Tra i cimeli il trono preso dai Savoia COLORNO DAL NOSTRO INVIATO Una sovrana illuminata, una donna avvolta dai pettegolezzi, un mito. Si direbbe che l'asburgica Maria Luigia viva ancora a Parma e dintorni, tra monumenti e memorie. Regnò qui per trent'anni e affiora dal passato come una figura materna, quasi un «santino». Moderata, generosa nel cercare la felicità per «quattrocentomila anime», quanti erano i sudditi. Ora la rievocano con la sua corte (1815-1847) in una mostra, aperta fino al 26 luglio, che si snoda per le sale del Palazzo Ducale di Colorno, splendida residenza estiva incorniciata in un parco scenografico. Dipinti, cimeli, documenti comunicano il brivido della storia e il sapore della vita quotidiana. Mostra celebrativa? «Sì, ma non in modo superficiale - ribatte il curatore Giovanni Godi, storico dell'arte - otto studiosi hanno setacciato gli archivi, riletto i documenti. I risultati saranno pubblicati a parte». E i misteri? Le polemiche? «I misteri dipendono dai punti di vista. I francesi accusano Maria Luigia di aver tradito Napoleone, suo primo marito, e di averlo abbandonato nella disgrazia. La rimproverano di aver avuto poco affetto per il figlio, il re di Roma, e di averlo lasciato in ostaggio a Vienna. Gli austriaci la premiano perché ossequiente ai desideri del padre, l'imperatore Francesco I, e docile strumento di Mettermeli. I parmigiani la ricordano con affetto per il governo mite, non paternalistico in senso becero. E le hanno perdonato tutto, anche i peccati di letto: che qui, poi, contano poco». Godi si accalora, cita l'affettuosa corrispondenza della duchessa con il figlio, l'«Aiglon», elenca meriti e opere pubbliche come il teatro, gli ospedali, i ponti che «sono ancora in piedi». Benemerenze? «Mai un'esecuzione capitale sotto il suo governo. I patrioti rivoluzionari li mandava fuori, poi magari aiutava con sussidi le famiglie». E quando ci fu il colera fece fondere i mobili d'argento della toilette avuti in dono da Parigi (qui sono esposti i disegni originali) per farne moneta da dare agli ammalati. Godi approda a un giudizio realistico: «Non era Maria Teresa per l'intelligenza, non era Caterina di Russia per il polso. Era una donna equilibrata, educata al governo: in questo piccolo Stato ha trovato la sua giusta dimensione». La mostra, che è costata un miliardo e mezzo, riunisce mille «pezzi» arrivati da collezioni diverse: vi si specchiano momenti pubblici e privati di Maria Luigia, ma anche le vicende del Ducato, le immagini di Parma, Piacenza e Guastalla, l'avvio industriale, l'affacciarsi di uno spirito europeo. Per la prima volta è esposta una grande mappa dello Stato, un acquerellato in 45 fogli, disegnato da cartografi dell'esercito austriaco nel 1821. Compaiono progetti di ponti, testimonianze sul dibattito per le ferrovie che Maria Luigia voleva affidare ai privati. Era andata per la prima volta in treno a Wagram e scriveva: «Confesso che il cuore mi batteva forte mentre salivo per mezzo di una scala portatile... sembra di essere trascinati da un uragano, dalla vettura del diavolo». Qui fioriscono, naturalmente, i ritratti della sovrana: eccola, in posa solenne, nel dipinto di Giovan Battista Borghesi o nel bozzetto in terracotta preparato dal Canova per una statua di marmo raffigurante la Dea Concordia. Oppure nel convenzionale olio di Rouget che rappresenta il matrimonio con Napoleone. La sua effigie rimbalza in cammei, pietre, arazzi come quello donato a Mettermeli. La storia, con toni a volte da melodramma, ci parla da porcellane e miniature. L'acquaforte di un anonimo bonapartista rappresenta il giovane re di Roma morente nel 1832, stroncato dalla tisi. Nella scena Maria Luigia sostiene il figlio e lui la guarda negli occhi, ma con la mano indica l'erma di Napoleone. Diviso fino all'ultimo fra Austria e Francia? Un giorno lei aveva confidato che il giovane conosceva il padre solo dal lato buono e «solo da questo deve conoscerlo». Un giudizio che rivela profonde riserve sul marito, anche se si affrettava ad aggiungere: «Mi ha sempre testimoniate» tutti i suoi riguardi, la sola cosa che si possa desiderare in un matrimonio politico». Immagini che ridestano l'emozione degli eventi. A Maria Luigia amante dell'arte sono dedicati ampi spazi. Spiccano opere di Giuseppe Molteni, il busto in gesso che Lorenzo Bartolini fece del generale Adam Neipperg, secondo marito della duchessa, un'intera sezione illustra l'opera di Paolo Toschi, pittore e fondatore di una scuola di incisione. Maria Luigia dipingeva (sono esposti acquarelli e disegni), fece rifiorire l'Accademia promuovendo concorsi. E' ricostruita anche la libreria, ricca di rarità, che rivela come la duchessa fosse aggiornatissima, con le ultime novità della letteratura francese, da Victor Hugo a George Sand. E la musica? Una passione documentata da stampe, libretti d'opera, strumenti. Lei inaugurò il Teatro Ducale nel 1829 con la prima della «Zaira», scritta e diretta da Vincenzo Bellini. Il diabolico Paganini le dedicò la «Sonata con variazioni sulla quarta corda», Verdi «I Lombardi alla prima crociata». «Bellini piace sempre - aveva detto Maria Luigia - mentre Verdi passerà». Per chi ama i cimeli c'è il trono in legno dorato, rivestito in velluto rosso, con foglie in platino e argento, che divenne il trono dei re d'Italia. «I Savoia - sospira Godi - portarono via 24 mila "pezzi" da queste residenze». Poi lo sguardo si immerge tra gli oggetti quotidiani: un letto smontabile da viaggio, mobili, gioielli, bronzi, servizi da tavola, batterie da cucina. La duchessa, soprattutto in età avanzata, pare cedesse volentieri alle tentazioni della gola. Amava certi piatti viennesi e i dolci, i «Fasching Krapfen», le creme, i gelati al caffè. Delle altre tentazioni, quelle sessuali, naturalmente qui non c'è traccia, e neppure sarebbe il luogo. Era il vento del pettegolezzo. Si mormorava che lei catturasse i giovani valletti e che perfino il cuoco francese, monsieur Rousseau, dopo la cena proseguisse a letto le sue prestazioni. Aleardi poetava: «Fu imperatrice pubblica, di poi nel quindici restò quasi privata - alfine donna pubblica tra noi è ritornata». E Giusti: «Lei che l'esilio consolò del corso - d'austriache corna». Sarà. Ma la mostra ci avvicina con simpatia a questa donna che morì, dicono le cronache, «tra il dolore generale di tutte le classi». Ernesto Gagliano Da tutta l'Europa documenti di storia e vita quotidiana «Iparmigiani le perdonano i peccati di letto» Compaiono progetti di ponti, testimonianze sul dibattito per le ferrovie che Maria Luigia voleva affidare ai privati. Era andata per la prima volta in treno a Wagram e scriveva: «Confesso che il cuore mi batteva forte mentre salivo per mezzo di una scala portatile... sembra di essere trascinati da un uragano, dalla vettura del diavolo». Qui fioriscono, naturalmente, i ritratti della sovrana: eccola in posa solenne nel Da tuttadocumee vita qu«Iparmle perdoi peccatNelle sale dedi Colorno somille «pezzi»Maria Luigia ieseguito da GBorghesi. Sotla sua effigie strumenti. tro Ducale ma della «Zta da Vincelico Paganinta con varicorda», Verprima crocgioielli, brola batterie Nelle sale del Palazzo Ducale di Colorno sono esposti mille «pezzi». Qui accanto: Maria Luigia in un ritratto ufficiale eseguito da Giovan Battista Borghesi. Sotto: la sua effigie in un cristallo