Telefono delle mie brame di Pietro Nenni

Telefono delle mie brameStoria pubblica e fatti privati: nell'archivio della Sip lo specchio segreto degli italiani Telefono delle mie bramea OTORINO A scartafacci vecchi quasi un secolo tornano alla vita le «signorine telefoni Iste». Gli scartafacci in questione sono i documenti che raccontano la storia della telefonia italiana, le «signorine telefoniste» sono le eroine che legarono la ^oro esistenza all'apparecchio inventato da Meucci nel 1871 e brevettato da. Bell nel 1876. Quell'appellativo, «signorine telefoniste», ha un suono romanzesco: passavano l'esistenza davanti al quadro dei loro centralini, maneggiando gli spinotti della commutazione, le cuffie telefonica sui capelli, e si scopre, negli scartafacci, che se prendevano marito venivano licenziate sui due piedi, non sposandosi erano considerate disponibili per «liberi amori». La settimana scorsa la Sip ha annunciato l'introduzione del videotelefono anche in Italia, a partire dal prossimo anno. Finisce un'epoca in cui, alzando una cornetta, selezionando un numero, protagonista è la voce. E' in coincidenza con questa svolta che la Sip apre a Torino l'archivio storico della società, dopo sei anni di ricerche, dirette dagli studiosi Valerio Castronovo e Bruno Bottiglieri. Per celebrare l'avvenimento, si inaugura una mostra di documenti, fotografie, tecnologie. Dalla posa pionieristica agli inizi del Novecento dei fragili fili aerei in bronzo che, fino agli Anni Venti, sono l'unico collegamento fra utenti e centrali, ai lavori per la messa in opera del primo cavo sotterraneo, nel 1923, tra Genova, Milano e Torino, decisivo impulso alla rete interurbana; dalle postazioni volanti delle tappe di montagna del Giro d'Italia al telefono montato ai 4559 metri della Capanna Margherita sul Monte Rosa; dai «telefoni bianchi» di Assia Noris nel cinema italiano degli Anni Trenta alla telefonata incubo di Barbara Stanwyck nel film II terrore corre sul filo, la storia del telefono è uno specchio della storia dell'industria, della tecnica, del costume, della cultura. Innanzi tutto, sono documentate le complesse vicende societarie della telefonia. Nel 1907 lo Stato acquisisce una parte delle reti urbane e s'impegna in una prima razionalizzazione del servizio. Nel 1925 Mussolini affida la telefonia a cinque società: Stipel e Telve al Nord, Timo e Teti al Centro e Set nel Sud d'Italia. La Stipel apparteneva alla Sip, Società idroelettrica piemontese, nata nel 1899 come Pont-SaintMartin e trasformatasi in Sip nel 1918. Con l'Iri (1933), la telefonia rientra in mano pubblica: si costituisce la Stet, che acquisisce Stipel, Telve e Timo (e nel 1957 anche Teti e Set). L'ultimo atto è la nascita nel 1964 della Sip telefonica, come unica concessionaria per l'intero territorio nazionale. A questa data si fermano l'archivio storico e la mostra Ma spulciando nella mole di materiale documentario vengo- no a galla tanti frammenti della società italiana, in cui s'incontrano vicende anonime e personaggi pubblici, fatti privati e avvenimenti celebri. Ecco nel 1907 una circolare della Direzione generale dei telefoni, in cui si rileva che, in qualche città, si trovano telefoniste «le quali hanno contratto matrimonio». Guai al cielo! Invocando il disposto «che impedisce alle signorine di prendere marito», la circolare raccomanda «di bene appurare lo stato di famiglia delle impiegate dipendenti e di riferire alla scrivente i casi di inosservanza perché si possa subito provvedere al licenziamento delle trasgredienti». E' l'altra faccia delle fotografie aziendali, con le file di centraliniste in grembiule nero, linde ed efficienti. Se il divieto era moralistico, l'effetto era il contrario. Il mensile «Telefono» pubblica il feuilleton La Signorina Telefonista, di tale Paolo Voucet, preceduto da una prefazione che dice: «Ti sei gettato in pieno femminismo. Bravo, mio caro Paolo! ...tanto più che del feniminismo hai scelto una delle tesi più larghe: E' preferibile il matrimonio all'a- more libero? Nella Signorina Telefonista tu percorri tutti i covi d'abbrutimento in cui la libertà dell'amore spinge quella creatura di debolezza ch'è la donna». Del 1928 è una lettera di Andrea Viglongo, ex compagno di Gramsci all'Ordine nuovo, passato all'ufficio stampa della Stipel e della Sip, dove curava la propaganda con il mensile «I Telefoni d'Italia». L'ammimstratore delegato Giangiacomo Ponti, figura di primo piano nello sviluppo della telefonia, doveva avergli rimproverato dei ritardi. «Quan- do Lei stamane mi ha cercato' io ero già alla Stipel», scrive Viglongo. «Sono entrato quando l'orologio dell'ingresso segnava le 9.6. L'ora della Segreteria Telefonica era invece le 9.3. Ho potuto controllarlo perché avevo regolato col 06 il mio orologio alle 8.44. Appena informato della Sua chiamata sono venuto a cercarLa, ma nessuno mi seppe confermare che Lei mi voleva...». Tempi puntigliosi in cui si disputava per tre minuti. Viglongo se ne andò nel 1929, per dedicarsi agli studi piemontesi. Durante la Resistenza, alle «signorine telefoniste» (e probabilmente anche a colleghi maschi) si devono le trascrizioni delle telefonate tra i fascisti passate ai partigiani, con preziose informazioni su movimenti di truppe, spostamenti di ufficiali, discussioni interne, piani di rastrellamento. Foglietti vergati a mano, in fretta, come quello su una concitata telefonata in cui un generale invita un colonnello a non occuparsi delle condizioni di un gruppo di prigionieri: «Il colonnello fa presente che si stanno facendo delle vere porcherie e soprusi, il generale ribatte che tutti gli arrestati hanno qualcosa a carico, il colonnello dice che non è vero e che lo stesso generale potrebbe averne dei guai... il generale ripete che non bisogna fare nulla ma lasciare andare le cose così perché il Duce è al ;, | j corrente...». , Ì|H Vicende pubbliche. Durante la guerra di Corea ecco una lettera in cui Pietro Nenni, in - qualità di presidente del Comitato nazionale dei Partigiani della pace, chiede alla Stipel di manifestare l'adesione a un patto di pace fra le cinque grandi potenze mondiali: «L'era atomica, secondo l'espressione del fisico Juliot Curie, ci sta davanti forse come stava davanti ai primi uomini l'era del fuoco». Vicende private. Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, chiede per lettera che gli venga installato un telefono nella casa di montagna dove trascorre le sue vacanze. Monsignor Pellegrino, non ancora arcivescovo di Torino, ma docente alla facoltà di Lettere, invia una lettera per poter avere il collegamento singolo, essendo abbonato con il servizio duplex. In una pagina pubblicitaria degli Anni Venti, si vede un apparecchio telefonico disegnato sopra un iceberg (la cui parte sommersa comprende le varie opere necessarie perché la voce corra sul filo); lo slogan pubblicitario sembra fatto per l'archivio e la mostra: «Il telefono come l'iceberg non mette in evidenza che una piccola parte di sé». Alberto Papuzzi servanza perché si possa subito provvedere al licenziamento delle trasgredienti». E' l'altra faccia delle fotografie aziendali, con le file di centraliniste in grembiule nero, linde ed efficienti. Se il divieto era moralistico, l'effetto era il contrario. Il mensile «Telefono» pubblica il feuilleton La Signorina Telefonista, di tale Paolo Voucet, preceduto da una prefazione che dice: «Ti sei gettato in pieno femminismo. Bravo, mio caro Paolo! ...tanto più che del feniminismo hai scelto una delle tesi più larghe: E' preferibile il matrimonio all'a- A destra tempi pionieristici della telefonia {| in una stampa dell'800. Qui sopra Barbara Stanwyck nel film «Il terrore J corre sul filo» e, più in alto, Assia Noris. In basso Pietro Nenni ;, | j , Ì|H - secondo Juliot Cucome stamini l'eprivate. dente delettera cun telefogna doveze. Monancora adocente invia unil collegaabbonatIn undegli Anparecchisopra usommeropere necorra sutario seme la mosceberg che una A destra tempi pionieristici della telefonia {| in una stampa dell'800. Qui sopra Barbara Stanwyck nel film «Il terrore J corre sul filo» e, più in alto, Assia Noris. In basso Pietro Nenni