Il calo dei tassi appeso al deficit di Gianni Zandano

Il calo dei tassi appeso al deficit Un intervento di Gianni Zandano all'indomani del vertice Cee di Oporto Il calo dei tassi appeso al deficit Se in Italia si avviasse un serio piano di risanamento Ciampi potrebbe agevolare la discesa dei saggi bancari ROMA, «Solo una politica che aumenti il volume del risparmio privato da mettere a disposizione delle imprese può concorrere ad abbassare i tassi d'interesse e quindi ad agevolare gli investimenti»: nel suo discorso al vertice dei ministri finanziari dei Dodici, il ministro del Tesoro Guido Carli ha risposto così alle attese che da più parti, nelle ultime settimane, si erano concentrate sulle possibilità di avere anche in Italia denaro più a buon mercato dopo le recenti iniziative assunte in tal senso da Francia e Gran Bretagna. Ridurre i tassi sarà possibile dunque soltanto nel contesto di un piano di risanamento dell'economia che induca i risparmiatori a tornare in Borsa, riproponendo nel nostro Paese quella felice congiuntura di «disintermediazione» dell'accesso al credito che nell'85 e nell'86 permise alle imprese di ridimensionare i finanziamenti bancari attingendo direttamente al mercato del risparmio. E' chiaro però che un piano del genere non può che transitare per la riduzione del disavanzo pubblico e dell'inflazione, due obiettivi conseguibili attraverso il contenimento salariale e della spesa. Sulla situazione internazionale dei tassi, collegata ai temi del risanamento economico, La Stampa pubblica un intervento di Gianni Zandano, presidente del San Paolo di Torino. [r. e. s.] CHI avesse letto con attenzione la stampa economica internazionale dei giorni scorsi, vi avrebbe trovato due informazioni tra loro contraddittorie. «Le Monde» del 5 maggio riporta alcune proposte di ambienti finanziari vicini al governo francese che auspicano una significativa rivalutazione del franco. L'autorevole «Economist» della stessa settimana si domanda se non sia opportuna una rivalutazione del marco per alleviare l'inflazione tedesca, la cui dinamica ha ormai confinato la Germania all'ottavo posto nella classifica dei Paesi dello Sme più virtuosi per crescita dei prezzi al consumo. Ma l'aspetto più interessante, e forse un po' paradossale, è che, a differenza del passato, le voci o le proposte di riallineamento giungono in un momento in cui all'interno dello Sme non c'è tensione sui tassi di cambio. Infatti, negli ultimi giorni, nessuna valuta ha superato la soglia di intervento, pari al 75 per cento della massima divergenza consentita tra le monete aderenti agli accordi di cambio. ' E' chiaro che le due proposte nascono da differenti motivazioni di politica economica interna. La rivalutazione del marco, oltre a ridare lustro all'immagine della moneta tedesca un po' appannata dai recenti avvenimenti, consentirebbe di attuare in Germania una politica deflazionistica, proprio nel momento in cui il controllo della massa monetaria si è mostrato inefficace ed una riduzione del deficit pubblico appare, almeno nel breve periodo, poco realistica. La Francia, per contro, grazie ad una politica di rigore attuata negli ultimi anni, è l'unico grande Paese europeo in regola con tutti gli indicatori previsti dal trattato di Maastricht. Tuttavia questo ruolo di Paese modello all'interno dello Sme non gli è ancora stato riconosciuto dai mercati. Infatti a fronte di un'inflazione inferiore di oltre un punto percentuale a quella tedesca, i tassi di rendimento sui titoli di Stato francesi sono superiori di 50-70 punti base rispetto a quelli del governo di Bonn. Questo differenziale è determinato dalla persistente diffidenza dei mercati, che continuano a percepire il franco come valuta debole. Lo scopo della rivalutazione sarebbe proprio quello di indirizzare agli operatori unibile segnale di cambiamento, favorendo una discesa dei tassi sul franco al di sotto del «pavimento» rappresentato da quelli tedeschi e proponendo la valuta francese come nuova àncora del sistema monetario europeo. Ma oggi il sistema monetario europeo ha davvero bisogno di una nuova valuta egemone? Fino ad ora le autorità tedesche hanno fissato la politica monetaria con l'obiettivo della stabilità dei prezzi e le altre banche centrali, a causa del vincolo di cambio, hanno adeguato ad essa i propri obiettivi. Questo sistema, di cui il marco è il perno, ha retto alla prova dei mercati grazie alla credibilità della Bundesbank. Il futuro è ora molto incerto: da un lato la Banque de France non ha la stessa credibilità anti-inflazionistica della banca centrale di Francoforte e dall'altro non è chiaro se la linea di rigore tenuta in passato dalla Bundesbank uscirà indenne dalla pesante congiuntura economica tedesca. Oggi però c'è un fatto nuovo che consente allo Sme di funzionare anche senza una valuta-guida; è iJ Trattato di Maastricht, con le condizioni di convergenza che esso impone a tutti i Paesi membri. Se la situazione attuale di debolezza della Germania si fosse verificata qualche anno fa, l'esistenza stessa dello Sme sarebbe stata seriamente pregiudicata. Dopo la firma del Trattato questo pericolo non esiste più: gli obiettivi di rigore, peraltro ampiamente esportati dalla Germania verso tutte le altre Banche Centrali europee, sono oggi sanciti dai requisiti necessari per l'ingresso nell'unione monetaria e non dipendono più dal comportamento virtuoso di un singolo Paese guida. Queste considerazioni ne suggeriscono immediatamente un'altra: in uno Sme ormai rafforzato da regole istituzionali è inutile, se non addirittura dannoso, parlare di riallineamenti, che porterebbero un duro colpo alla credibilità dell'Unione. Meglio sarebbe considerare fin da ora irrevocabilmente fissate le parità centrali, affidando la discesa dei tassi di interesse a politiche di bilancio rigorose. Se queste regole valgono per la Germania, a maggior ragione devono essere applicate all'Italia. I tassi reali italiani hanno conseguito negli ultimi mesi due record poco invidiabili: sono i più alti in Europa e si sono portati sui livelli massimi, se consideriamo la storia economica italiana dell'ultimo decennio. Neanche la primavera, stagione tradizionalmente favorevole ad una discesa dei tassi interni, porterà un significativo allentamento nella stretta monetaria, data la situazione politica interna e il venir meno della prospettiva di un ribasso a breve dei tassi tedeschi. Se in futuro l'Italia cominciasse a realizzare un credibile programma di risanamento, anche la Banca d'Italia potrebbe sfruttare le opportunità di maggiore indipendenza rispetto alla politica monetaria della Bundesbank. Di tali opportunità si sono avvalse nei giorni scorsi sia la Bank of England sia la Banca di Francia; la prima ha ridotto di mezzo punto il tasso di intervento, mentre la seconda ha diminuito l'onere di riserva obbligatoria per le banche, consentendo così in via indiretta una leggera flessione dei tassi bancari. In sintesi la discesa dei tassi italiani non dipenderà in futuro unicamente dall'allentamento della politica monetaria tedesca ma anche, e soprattutto, dalle capacità del prossimo Governo dì far rispettare gli accordi di Maastricht. Gianni Zandano Presidente dell'Istituto bancario San Paolo di Torino 13,5 COSTO DEL DENARO Tasso di sconto Prime rate Abi 3/3 10 17 24 31 7/4 14 21 28 5/5 I I Rendimento indicizzato Indice Mediobanca reddito fisso Lira interbancaria a tre mesi lettera Gianni Zandano

Persone citate: Ciampi, Gianni Zandano, Guido Carli