AOSTA
AOSTA AOSTA Arturo Nathan pittore romantico con malinconia esistenziale AVI incagliate, coste ghiacciate, fari senza luce, spiagge abbandonate da cui partire è impossibile, mari su cui svettano vulcani in eruzione, rupi minacciose, isole-misteriose, cieli corruschi o carichi di nubi tempestose e, ancora, statue naufragate, frammenti di rovine, cavalli stramazzati, non si sa se di carne o di pietra... Non sto parlando di un pittore romantico dell'Ottocento in vena di tenebrose fantasie, ma di un testimone del nostro recente passato, Arturo Nathan ( 1891 -1944), e della mostra di 34 suoi dipinti, a cura di Sgarbi, ora ad Aosta. Triestino, nato da famiglia ebrea dedita ai commerci, dopo buoni studi'classici e linguistici, abbandonato un poco convinto tentativo di affermazione nel commercio, abbandonati | altresì i prediletti studi filosofici, si dedicò alla pittura su sollecitazione dello psicanalista Weiss, discepolo di Freud, adattandosi, per vivere, a un modesto impiego in un saponificio. Confinato dal 1940 al 1943 nelle Marche dopo l'emanazione delle leggi razziali, fu catturato dai tedeschi e internato in campo di concentramento. Morì a Biberach nel 1944, il giorno stesso dell'arrivo degli americani. Stimato, ma poco compreso da vivo, la rivalutazione critica ebbe un crescendo dal 1945, specie dopo che Giorgio De Chirico, che gli fu amico e che molto influì su di lui, gli dedicò un commosso ricordo. Arturo Nathan fu pittore, filosofo e poeta (alcune sue bellissime poesie sono riprodotte in catalogo). Rari sono i paesaggi sereni (Paesaggio serale, 1934, Plenilunio sull'estario, 1934, Paesaggio marino, 1934). Gli altri esprimono solitudine, esclusione, tensione verso qualcosa di indefinito. Il pittore rappresenta se stesso più volte, di spalle, seduto o in piedi di fronte al mare, come fosse in attesa di partire (La sentinella, 1931, Rupi vulcaniche, 193, La spiag¬ gia, 1936), ma c'è sempre un ostacolo: una nave incagliata, un veliero che passa troppo lontano o che non passa affatto; minacciose incombono rupi, isole, vulcani. Ne «Il cancello rosso» del 1938, dipinto dopo le leggi razziali, il pittore è bloccato da un cancello che gli impedisce di raggiungere, al di là di un braccio di mare, un lungo caseggiato addossato a una ru- pe sotto un cielo di fuoco. Sotto un cielo e con un mare di fuoco egli sta quieto «in attesa» nel1'«Autoritratto al tramonto» che è il suo ultimo, del 1940, mentre un battello sembra questa volta davvero avvicinarsi. Ma una lettura in chiave esistenziale, pur suggestiva, è riduttiva. Arturo Nathan ha presentito il dramma di una civiltà al tramonto e lo ha detto servendosi degli stessi elementi metafisici che popolano i quadri di De Chirico. Statue classiche, rovine, colonne spezzate sono relitti di un passato che non torna più, muti testimoni di una catastrofe. Sopravvissuti da chissà quale arca e come stupefatti vagano cerbiatti e cervi di «Costa con rovine», «Bastimenti lontani», «Paesaggio nordico». Friedrich, Bòcklin, Turner: sono questi i nomi che si fanno a proposito di Arturo Nathan. Sia pure, ma Arturo Nathan ha una sua picoola, personalissima voce. Egli ci rende partecipi di un autentico sentimento, poiché - egli dice - «l'arte ha un solo soggetto: lo spirito del suo autore in ciò che contiene di profondo, di nascosto e in quanto fa parte della sua vita intima». Le sue opere inducono a una pacata riflessione sul destino umano, senza deprimere. Angosce, malinconie, mali si sublimano e si decantano per virtù d'arte: non l'ungarettiana* «allegria di naufragi», ma la sabiana «serena disperazione». (f.deb.] Arturo Nathan Aosta, Centro Saint-Benin Orario: 9,30-12,30/15,30-18,30 tutti i giorni fino al 28 giugno
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