Una famiglia di «meccanici» Cent'anni al servizio dell'Università

Una famiglia di «meccanici» I JEST A TORINO Una famiglia di «meccanici» Cent'anni al servizio dell'Università IL 28 giugno del 1900 moriva celibe a Torino il «meccanico» della Regia Università, cavaliere Carlo Jest. La qualifica di meccanico indicava allora normalmente un costruttore di strumenti, e con Carlo finiva un rapporto durato quasi un secolo fra l'Università di Torino e la famiglia Jest. Non è ancora possibile dire quando e come questo rapporto sia cominciato, ma stanno gradualmente affiorando varie notizie che delineano una vicenda interessante e certo non comune. Il primo a trasferirsi a Torino deve essere stato Enrico Federico Jest, nato a Couvet in quello che allora era il Principato di Neuchàtel (oggi un cantone svizzero, ma allora soggetto al re di Prussia, e lo fu fino al 1857) nel 1778. Il suo Paese d'origine aveva già allora una solida fama per la costruzione di strumenti di precisione, orologi in particolare, e la più antica traccia finora trovata da lui a Torino, l'atto di matrimonio del 1811, redatto quando Jest era a Torino da sei anni, e conservato presso l'Archivio storico comunale, porta già la qualifica di «mécanicien». Il libro di Paroletti «Turin et ses curiosités» del 1819 cita a Torino, per gli strumenti di fisica, uno Zest che deve certamente leggersi Jest, mentre la «Descrizione di Torino» del Bertolotti nel 1840 cita le «macchine chimiche, elettriche, dinamiche ed ottiche di Enrico Jest che introdusse da noi il Dagherrotipo, riducendolo a scatola portatile non superata ancora, se pure eguagliata altrove». Dopo Enrico Federico fu Carlo Jest, suo figlio, ad avere l'incarico di meccanico dell'Università, anzi per qualche anno vi furono un primo macchinista preparatore Carlo Jest e un secondo macchinista preparatore Costante Jest. Nel frattempo la famiglia gestiva un proprio negozio di strumenti scientifici. Erano persone notissime a Torino, anzitutto perché per un certo tempo fece parte dei compiti del meccanico illustrare al pubblico il Gabinetto di Fisica. Come si legge nel «Calendario generale pe' Regii Stati» del 1825, «affinché tutti gli studenti approfittar possano delle pubbliche esperienze, s'eseguiscono dal professore nel giorno feriato di ciascuna settimana alle ore 10 V2 del mattino, ed a queste intervengono pure moltissimi amatori delle fisiche cognizioni, ai quali è pur conceduto di vedere e d'osservare il Gabinetto di Fisica, tuttavolta che ne richiedono il macchinista della R. Università». Che tutti li conoscessero è provato da un fatto riferito da Alberto Viriglio nel suo «Torino e i torinesi» del 1898. Fra il 1865 e il 1880 la gente chiamava ironicamente «il Jest» un tale che a metà di via Doragrossa (via Garibaldi) per vendere un suo rimedio per il mal di stomaco attirava l'attenzione del pubblico esibendo un paio di strumenti di fisica. Ma, a parte questo, i Jest furono i protagonisti di due exploit che in città furono conosciuti da tutti. Nel 1839, l'anno stesso in cui Arago presentava all'Académie des Sciences di Parigi l'apparecchio fotografico di Daguerre, ne costruirono uno simile, a quanto pare basandosi solamente sulla descrizione dell'originale, e con esso eseguirono, «presenti varie persone competenti a giudicare», dei dagherrotipi, uno dei quali rappresentante la chiesa della Gran Madre di Dio. Nel 1853, poi, presentarono alla città i primi saggi di luce elettrica, illuminando fantasticamente il monumento appena inaugurato del Conte Verde, e poi con un'altra dimostrazione, da un balcone di Palazzo Madama. Gli strumenti scientifici costruiti dai Jest erano di eccellente qualità, come è dimostrato sia dai premi vinti in esposizioni italiane ed estere, sia dal loro catalogo (l'unico che abbiamo ritrovato finora, annesso ad un libro francese sulla fotografia, del quale furono traduttori ed editori nel 1845). Molti ne sono stati ritrovati a Torino, a Genova, a Cagliari e altrove. Una macchina dagherrotipica è conservata al Museo del Cinema di Torino. Sarebbe interessante ritrovarne altri per catalogarli. Chi avesse notizie può trasmetterle, a Torino, alla Biblioteca di Fisica dell'Università in via Giuria 1 e così contribuire a ricostruire la vicenda di questa famiglia che, venuta d'Oltralpe, ebbe una parte di rilievo nella Torino dell'800 e nella storia della sua Università. [m. c. m.l