L'enigma neutrino

L'enigma neutrino V LA CHIAVE DELL'UNIVERSO? L'enigma neutrino Gli esperimenti in corso nel Laboratorio del Gran Sasso potrebbero chiarire ilfunzionamento del Sole e risolvere il mistero della materia oscura del cosmo DUECENTO ricercatori giunti dai principali istituti scientifici del mondo hanno partecipato recentemente a Venezia al 4° simposio internazionale sui «telescopi a neutrini». Cioè sulla nuova tecnica per osservare il cosmo non tramite la luce o altre radiazioni elettromagnetiche emesse dai corpi celesti, ma captando con speciali strumenti le particelle più elusive dell'universo. Il neutrino fu introdotto nella fisica nel 1930 da Wolfgang Pauli per risolvere l'enigma dell'energia mancante nel bilancio delle disintegrazioni di certi atomi radioattivi. Si dovette attendere più di vent'anni per «vederlo» sperimentalmente, ossia per rivelare le sue interazioni con la materia. Oggi i fisici pensano che esistano tre varietà di neutrini: il neutrino associato all'elettrone, quello associato alla particella «muone» (cugino dell'elettrone ma 200 volte più pesante) e il neutrino «tau», quest'ultimo non ancora osservato sperimentalmente. Il capitolo dei neutrini è lungi dall'essere chiuso; molti problemi devono essere risolti. Il primo, che si trascina da più di vent'anni, riguarda i neutrini solari. Esiste una discrepanza tra le previsioni teoriche e l'osservazione sperimentale sul numero di neutrini provenienti dal Sole, prodotti dalle reazioni termonucleari che avvengono nel suo interno. Finora i neutrini solari sono stati captati in due esperimenti: uno in funzione dal 1970 negli Stati Uniti e l'altro, che ha solo 5 anni di vita, in Giappone. Il primo si basa su un metodo suggerito 45 anni fa dal fisico Bruno Pontecorvo. Una grande vasca contenente 600 tonnellate di liquido, tipo quelli usati come detergenti, è posta in una miniera a grande profondità. Nelle rarissime occasioni in cui un neutrino proveniente dal Sole urta il nucleo di un atomo di Cloro-37 del liquido, lo trasforma nell'isotopo radioattivo Argon-37. I fisici riescono a individuare questi atomi radioattivi e a determinare così il flusso dei neutrini solari. Il secondo esperimento usa una quantità equivalente di acqua. Le pareti della vasca sono completamente rivestite di sensori in grado di captare gli occasionali lampi di luce prodotti dal passaggio dei neutrini. Entrambi gli esperimenti misu¬ rano un flusso di neutrini solari molto più piccolo di quello previsto dai calcoli che si basano sui modelli teorici. Due nuovi esperimenti usano un metallo prezioso: il gallio. Il laboratorio sotterraneo del Caucaso ha già fornito i primi risultati, che non sono incoraggianti: si continua a misurare un flusso di neutrini inferiore al previsto. L'altro esperimento, che vede insieme ricercatori francesi, tedeschi, italiani, israeliani e americani, è installato sotto il Gran Sasso, nel più grande laboratorio mondiale per questo tipo di fisica. Se i risultati finora ottenuti saranno confermati, ci saranno importanti implicazioni per la fisica delle particelle. Un'ipotesi avanzata per spiegare l'enigma è che i neutrini prodotti dal Sole, durante il loro viaggio verso la Terra, si trasformino in un'altra varietà di neutrini, non osservabili con gli attuali strumenti. Questa ipotesi implica che le misteriose particelle, al contrario di ciò che si era pensato per anni, possiedano una massa, sia purè molto piccola. E questo è il secondo enigma. Tutte le particelle di materia (salvo il fotone) hanno una massa e non si capisce perché i neutrini dovrebbero giocare un ruolo diverso. Così molti gruppi di ricercatori hanno tentato e continuano a tentare, con i più sofisticati metodi sperimentali, di determinare la massa dei neutrini. Questa ricerca ebbe il primo momento di clamore nel 1980 quando un gruppo (allora) sovietico, annunciò di avere misurato per il neutrino associato all'elettrone una massa 60 mila volte più piccola di quella dell'elettrone, la più leggera della particelle di materia. Seguirono altri esperimenti con risultati negativi fino a che, nel 1985, un fisico canadese annunciò la seconda clamorosa notizia: un neutrino di massa 500 volte più grande di quella trovata 5 anni prima. Da allora, tutti a caccia del neutrino pesante. La situazione dal punto di vista sperimentale è ancora con¬ fusa. Alcuni risultati sono positivi, altri negativi. Un neutrino così pesante creerebbe problemi anche ai cosmologi. Secondo la teoria del «Big Bang», il destino dell'universo, nato dalla gigantesca esplosione circa 15 miliardi di anni fa, è legato alla massa di materia di cui è composto. Se questa è inferiore ad un certo valore l'universo si espanderà indefinitamente: le stelle e tutti i corpi celesti si allontaneranno senza sosta gli uni dagli altri. Se la massa è invece superiore al valore critico, le forze gravitazionali avranno il sopravvento, rallentando l'espansione. A un certo punto l'universo incomincerà a contrarsi su se stesso. I neutrini hanno un ruolo cruciale in tut¬ to questo. Il loro numero è stato stimato dagli astrofisici. E' enorme: un miliardo di volte superiore a quello dei protoni e neutroni dei nuclei atomici. E' sufficiente che i neutrini abbiano una massa piccolissima perché la loro massa totale, che è invisibile, superi quella dei nucleoni che formano le stelle. Se il neutrino avesse addirittura una massa pari a quella degli ultimi esperimenti, l'universo sarebbe già scomparso da lungo tempo e noi non saremmo qui a parlarne. Uno degli enigmi più affascinanti della moderna cosmologia è quello della «materia oscura» dell'universo. La presenza di una grande quantità di materia non luminosa, che i no- stri strumenti non riescono a vedere, è ormai universalmente accettata dagli astronomi. Di che cosa è fatta? Una delle possibilità, la più suggestiva, è che sia costituita di particelle elementari, relitti dei primi istanti del Big Bang. Particelle che dovrebbero avere interazioni così deboli con la materia da creare solo effetti gravitazionali. La candidata è la più leggera delle particelle previste dalla teoria alla moda degli ultimi anni: la «supersimmetria». La fisica delle particelle, quella che si fa ai grandi acceleratori, potrà dare la risposta. Al Cern di Ginevra, è in progetto un grande anello collisionatore: il «Large Hadron Collider» (Lhc), dove fasci di protoni si scontreranno frontalmente ad energie mai raggiunte in nessun altro laboratorio. I futuri esperimenti con Lhc diranno se esistono le particelle supersimmetriche, spiegando così la materia oscura dell'universo. Mauro Dardo Università di Torino Lo schermo del calcolatore utilizzato per visualizzare le tracce dei neutrini

Persone citate: Bruno Pontecorvo, Mauro Dardo, Wolfgang Pauli

Luoghi citati: Giappone, Ginevra, Stati Uniti, Torino, Venezia