NIGRO, CENERI DEL SUD di Lorenzo MondoRaffaele Nigro

NIGRO, CENERI DEL SUD NIGRO, CENERI DEL SUD «Ombre suWOfanto»: violenza e corruzione spengono i sogni di riscatto La storia di Arminio, tra i nuovi briganti dei sequestri e della droga ~WB "VON è furberia ma IMA j sofferenza, e indi- ! w I Snazi°ne. quella che I fin I ha indotto Raffaele I |B I Nigro a uscire dall'aI «B ria stupefatta dei j| suoi romanzi prece- Wt denti (I fuochi del I Wt Basento, La baro^ V riessa dell'Olivento), dalla rievocazione storica verificata, per così dire, sulla durata della memoria popolare. In Ombre suWOfanto non c'è l'abbandono di una materia che correva il rischio dell'usura, non c'è l'ammicco alle clamorose cronache contemporanee. Nigro sembra trascinato a forza a raccontare lo scardinamento di un mondo che - pure attraversato da secoli di crudeltà e infamie conservava il seme di un progetto e l'ombra di un sogno, l'attesa della pace nella giustizia. Ma la Basilicata e le regioni confinanti sembrano essersi risvegliate alla modernità in una specie di incubo. E Nigro, uomo del Sud, ce lo racconta dall'interno, senza falsi alibi e indulgenze «meridionalistiche», incredulo sulla corrosione del tessuto sociale (quei contadini «che nel 1948 sono finiti tutti davanti ai tribunali per aver occupato le terre dei principi e oggi subiscono i taglieggiamenti senza fiatare. Prima briganti e oggi galline»). Già ad apertura di libro troviamo una lettera minatoria che chiede il pagamento di una taglia. Ma con progressione incalzante arriveremo alle più atroci rese di conti fra bande rivali: crepitano mitra e pistole, i pugnali oltraggiano i cadaveri, la dinamite non concede pace neppure ai loculi del cimitero («una nube di violenza stava calando sulla valle come il coperchio di una bara»). Nelle terre del brigantaggio e delle rivolte contadine è nata una brama di ricchezza e di possesso che, stimolata dai messaggi televisivi e dai trionfi tecnologici, si nutre di estorsioni, sequestri, traffico di droga e sfruttamento della prostituzione. Al centro del romanzo, lo studente Arminio che, lavorando di malavoglia all'impresa di pompe funebri gestita dal padre, si trova a registrare un interminabile rosario di delitti. Dapprima vittima, passa insensibilmente nel campo del crimine, da corriere di eroina a complice di una sanguinosa vendetta. Devo dire che questa parte, svolta all'insegna dell'hard, tra ammazzamenti e sesso brutale, non mi convince: è tagliata alla brava, con abile ricalco sui miti del cinema, dello sport e della canzone che scatenano nei giovani frenesie implacabili, ma Nigro dà spesso l'impressione di gonfiare inutilmente il torace, di indulgere alle tinte forti (quando un altro «santuario» della perdizione consumistica viene presentato invece in modo spento e frettoloso: le macchine, le scavatrici, le carabattole della Fiera del Levante). Inverosimile mi sembra poi la figura del capobanda Vicciere, il macellaio, così chiamato per la sua propensione a violentare minorenni. Apprezza Arminio fino a in¬ trodurlo nel suo covo sotterraneo dove nasconde armi, bottino e scheletri. Vuole farne, tra una sparatoria e l'altra, una specie di scrivano e storico che tramandi ai posteri le sue imprese. Arminio, con humour involontario, si immagina nei panni del conterraneo Orazio, strappato dal potente Augusto a Mecenate e alla poesia. Lo salverà dalle lusinghe del rapido arricchimento e dell'eros assatanato, la fedeltà ai ricordi del liceo, il turbamento per l'uccisione di un compagno di allora, il bello, spregiudicato, «riuscito» Attilio Serpieri. Ma conta ancora di più la voce 'ronzante di Orazio, sul quale sta scrivendo una tesi di laurea che non finirà. Una delle cose belle del romanzo è proprio l'assidua presenza, nei pensieri di Arminio, del poeta che esalta la mediocrità, il senso del limite, l'appagamento di un «carpe diem» alieno dalle passioni incontrollate e violente. Sopravvive tra le ceneri l'aspirazione del «cas- samortaro» a riscattarsi cercando «il fiato della vita nelle parole». Profumo di basilico Insieme a questi barlumi di coscienza si impone, per forza morale e felicità espressiva, il controcanto offerto dai brandelli della cultura contadina. Possono essere la pica o il merlo che entrano nelle case a portare messaggi di trapassati, la lettera toccante della madre giovane trovata nel cassettone da sposa, il taglio o la sensazione di un paesaggio («Un vento caldo investiva l'altopiano, come il respiro dalla gola di un cane», «il vento... stemperava profumo di basilico per i paesi dell'Appennino»). E in fondo a tutto, un'antica pietà di cui sembra farsi erede e portatore il negro Gamil, deluso dell'Occidente, nostalgico della sua capanna africana. Nigro si salva, insieme al suo personaggio, attaccandosi a questo filo di memoria incorrotta. Lorenzo Mondo Raffaele Nigro Ombre sull'Ofanto Camunia pp.216. L 25.000

Luoghi citati: Basilicata