Chénier poeta e cittadino di Giorgio Pestelli

Chénier, poeta e cittadino L'opera di Giordano in scena con successo al Teatro Regio Chénier, poeta e cittadino Amore, morte e rivoluzione francese TORINO. Verso la sua conclusione, la stagione lirica del Teatro Regio ha presentato una bella edizione di ((Andrea Chénier» riprendendo saggiamente un sontuoso allestimento del Comunale di Firenze; defezioni e sostituzioni hanno segnato la marcia di avvicinamento alla «prima», ma a conti fatti la barca è entrata in porto non solo senza danni, ma con qualche segno, qualche particolarità che ha saputo dare all'opera luci e colori nuovi. Il direttore Angelo Campori ha fatto un lavoro eccellente su una partitura orchestrale che si rivela di tessitura molto più sicura di quanto paia a prima vista, mentre il tenore Giorgio Merighi nella parte del protagonista ha legato la sua interpretazione a un carattere di responsabilità e di pulitura stilistica quanto mai in armonia con tutto lo spettacolo. L'oAndrea Chénier», ormai prossimo a celebrare il suo centenario, continua ad essere lo spartito di Giordano più amato dal pubblico della lirica; la critica gli preferisce «Fedora», che però è quasi scomparsa dal repertorio, e dice un gran bene di «Siberia», che però nessun teatro ha ancora avuto il coraggio di riprendere in un allestimento moderno. Lo «Chénier» piace per l'abilità del suo taglio teatrale, per l'incastro felice di scene plateali e di quadretti secondari, per il giusto momento delle sue rare impennate melodiche, per la tenuta e il crescendo emotivo della sua sceneggiatura. Una rilettura come quella offerta dal Campori, di prima mano, fresca, tutta aderente ai valori musicali (con una orchestra salita di grado anche nell'evidenza sonora), ha fatto sentire la qualità di un disegno orchestrale che condiziona e convalida il senso del canto; il Settecento di maniera del primo atto non sfigura di fronte agli analoghi modelli europei di Strauss e Ravel, gli echi e gli imprestiti dai francesi, da Wagner, da Verdi (l'impronta tenebrosa del Grande Inquisitore del «Don Carlos» nella scena di Tribunale) non rista¬ gnano ma si trovano funzionalizzati al ritmo teatrale; e il duetto del terzo atto fra Gerard e Maddalena, con l'ombra della «mamma morta», l'intimo lirismo di «Come un bel dì di maggio» di Chénier e poco dopo il duetto di costui ancora con Maddalena (fino al capitombolo finale nell'inno alla morte), non saranno grandi voli, ma insomma sono momenti autentici e vitali. Certo, resta l'oleografia della Rivoluzione, materia quasi intrattabile in un'opera (Musorgski a parte, non è che le rivoluzioni francesi del «Gran sole» di Nono o del «Robespierre» di Manzoni funzionino meglio dello «Chénier» in quanto a realtà tradotta in spettacolo), pretesto per uno sfondo spumoso e rimbombante, ancorché ricostruito da Illica nelle indicazioni del libretto con minuzia di indicazioni storiche; ma in fondo è proprio su questo enfatico telone che può accamparsi la pretesa lirica della storia particolare: l'amore di Chénier e Maddalena e la singolare vicenda di Gerard, che ad un certo punto sembra lo Scarpia della «Tosca» e poi si stempera in una strana, non certo convenzionale miscela di amore e amicizia complicata da complessi di classe. Proprio questa natura più lirica che drammatica è stata avanzata dall'insieme dello spettacolo: Giorgio Merighi è uno Chénier ideale anche come figura fisica, canta con slancio ma anche con compostezza; Silvano Carroli dà grande risalto a Gerard e la sua voce, se esagera in magniloquenza nel primo quadro, si arricchisce di sfumature quando il personaggio cresce in interio¬ rità; Ilaria Galgani nella parte di Maddalena di Coigny non ha gran volume, ma canta con grazie e presenza espressiva. In nessuno urla, singhiozzi o risatine beffarde così comuni nell'opera italiana del tempo; nel florido contorno, fra Antonella Trevisan, Laura Bocca, Ambra Vespasiani, Oddino Bertola, Armando Caforio e tanti altri, è molto piaciuto Marco Chingari come sanculotto Mathieu. Bellissime le scene di Pierluigi Samaritani, pure autore di una scorrevole regìa; un buon lavoro è stato fatto sui cori da Massimo Peiretti e sulla coreografia da Tuccio Rigano. Soddisfazione generale alla prima, nove repliche lungo tutto il mese di maggio. Giorgio Pestelli Il baritono Silvano Carroll nobile, possente Carlo Gerard con la Galgani, una sofferta Maddalena innamorata di Chénier

Luoghi citati: Chénier, Firenze, Siberia, Torino