Guerra a colpi di clic e di bugie

Guerra a colpi di clic e di bugie Anche la conquista del Reichstag come il miliziano di Capa e l'alzabandiera dei marines a Iwo Jima Guerra a colpi di clic e di bugie Erano «truccate» le foto-simbolo del secolo Per i marines è arrivata finalmente l'ora della vendetta fotografica. Hanno masticato amaro per anni, da quando si scoprì che dietro l'immagine della loro leggenda, l'alzabandiera a Iwo Jima, c'era un «trucco»; adesso il conto con l'Armata Rossa è in pareggio. Gli ex nemici, infatti, hanno perso, coi missili, tank e comunismo, anche il simbolo della vittoria sul Terzo Reich. Un altro alzabandiera «immortale», sulle rovine annerite del Reichstag, finisce tra le istantanee false. L'ennesimo sussulto di glasnost ha rivelato che nessun che è scattato al momento della caduta del Terzo Riech. L'accorta scenografia del soldato equilibrista che inchioda la bandiera rossa al cielo sopra Berlino, è, purtroppo, il frutto di tante pose e scatti di prova. Goebbels, mago della bugia (e delle comunicazioni di massa), assicurava che una falsità, con il passare del tempo, prima o poi diventa una verità. Le due fotosimbolo della Seconda guerra mondiale dopo tanti anni continueranno, a dispetto di qualsiasi demistificazione, a restare nella memoria e sulle copertine. Nella guerra per immagini la linea che divide menzogna e verità è incerta. Cip. nel 1870 il fotografo pontificio fece mettere in posa un reparto piemontese, i fucili puntati e uniforme da parata, davanti a Porta Pia, quando ormai polvere e spari dell'epica battaglia erano un ricordo (e ci rimise il posto). Invece, il 27 febbraio del '45, sulla cima del monte Subirachi preso ai giapponesi all'arma bianca, tutto è stato deciso dal caso. L'alzabandiera, quello «vero» alle 10,30 del mattino, l'aveva immortalato un sergente che lavorava per la rivista dei marines. Se Louis Lowery aveva fatto un buon lavoro, degno di finire sui libri di storia, non lo sapremo mai. Una bomba lanciata dagli ultimi, irriducibili, giapponesi gli distrusse macchina fotografica e gloria. Fu la fortuna di Joe Rosenthal, che era arrivato in ritardo all'appuntamento della storia. Sulla cima del monte tutto fu ripetuto, con più calma e maggiore attenzione agli effetti, come imponeva lo storico momento: la prima bandiera, che già garriva sulla cima del monte della morte ma che aveva il difetto di essere troppo piccola e poco visibile, fu sostituita con un'altra di ben maggiori dimensioni; il fotografo si costruì con un monticeho di pietre una postazione e scattò. Risultato: i sei soldati che come un sol uomo alzano quella fettuccia di stoffa presidiano in bronzo il cimitero di Arlingon e i marines sono diventati leggenda. In fondo i «falsi» di Iwo Jima e del Reichstag sono peccati veniali. Basta confrontarli con i trucchi di una propaganda che aveva arruolato la fotografia e l'aveva spedita in prima linea su tutti i fronti e sotto tutte le bandiere. I tedeschi, nei giorni duri dello sbarco in Normandia, quando le truppe alleate stavano scavalcando vi'imprendibile» Vallo atlantico, riciclarono le vecchie foto scattate all'epoca del fallito sbarco a Dieppe, due anni prima, per dimostrare al «fronte interno» che l'invasione era stata di nuovo respinta. Anche l'Italia si sforzava di mettere a frutto l'esperienza accumulata in vent'anni di regime: la nostra propaganda era volenterosa ma un po' autarchica, goffa. Una «istantanea» di bombardieri a volo radente su una loca- htà greca, per esempio, sembrò un buono scoop. Raid senza rischi nonostante i lentissimi Savoia Marchetti fossero una manna per la contraerea; per arricchire le prime pagine era bastato mettere insieme un'immagine di aerei con una economica cartolina della località «bombardata». Peccato non aver calcolato bene le dure leggi della prospettiva, trasformando il fotomontaggio in una combinazione futurista. E' statò più difficile scoprire il trucco in un altro monumento della fotografia di guerra. ((L'istante della morte» di Robert Capa per milioni di persone «è» la guerra di Spagna, pochi centimetri di celluloide che valgono mille libri o resoconti. Il miliziano sembra urtato da una forza invisibile; sulla testa, miracolosamente, ha ancora ben calcata la bustina, ma la destra si apre per lasciare fuggire il fucile e la vita. Bello, forse troppo. E a qualcuno è venuto il sospetto che per fissare così bene la morte ci volesse qualcosa di più che abilità tecni¬ ca, colpo d'occhio e straordinaria fortuna. E così il celebre fotogramma è diventato un giallo con una spiacevole soluzione. Il miliziano, mai identificato, per entrare nella storia non ha dovuto lanciarsi contro una trincea franchista, gli è bastato partecipare a una esercitazione, molto realistica, vicino a Cadice, per aiutare un fotoreporter in difficoltà. Al resto ha provveduto un vecchio trucco del mestiere: non mettere l'obbiettivo completamente a fuoco e muovere un po' la mano per ottenere uno choccante «effetto verità». Domenico Qui ri co L'istantanea del miliziano ucciso e a fianco lo stesso personaggio vivo, in un fotogramma successivo In alto la foto della conquista del Reichstag e a fianco l'alzabandiera dei marines Due immagini che a lungo si è creduto fossero state scattate nel momento in cui i fatti si sono verificati

Persone citate: Cadice, Capa, Goebbels, Joe Rosenthal, Louis Lowery, Robert Capa, Savoia Marchetti

Luoghi citati: Berlino, Italia, Normandia, Spagna