Cade l'ultima trincea azera

Cade l'ultima trincea azera Cade l'ultima trincea azera Dopo feroci scontrigli armeni conquistano tutto il Karabakh BAKU DAL NOSTRO INVIATO La città di Shushà, ormai l'unica abitata da azeri rimasta nel Nagorno-Karabakh, è caduta. Le formazioni militari armene l'hanno presa d'assalto e conquistata venerdì sera, dopo una giornata di aspri combattimenti. Ora solo Lacin, un paese poco difeso e già esposto agli attacchi, divide il Karabakh dall'Armenia: l'apertura di un corridoio tra le due regioni ridurrebbe drasticamente le speranze azere di arrivare ad una soluzione militare del conflitto. La svolta nella situazione sul campo peserà sui negoziati, ed ha già reso nulli i timidi risultati raggiunti a Teheran, nel vertice armeno-azero organizzato dall'Iran. Il presidente armeno Levon Ter-Petrosian e quello azero Jakub Mamedov, avevano firmato una dichiarazione comune, impegnandosi a prendere misure per cessare il fuoco e consentire l'arrivo di aiuti umanitari nel Karabakh. Ma poche ore dopo, gli armeni della regione, assediata da anni, hanno cominciato l'offensiva. Alle due del mattino di venerdì Shushà è stata investita da un bombarda¬ mento di razzi e artiglieria, mentre gli armeni bloccavano l'unica strada che collega la città con il resto dell'Azerbaigian. Due ore dopo iniziava l'attacco, con carri e autoblindo. Dopo poche ore, i combattimenti si svolgevano casa per casa, ed alle sei del pomerigio Shushà è caduta. Gli armeni dicono che 30 dei loro sono rimasti uccisi, mentre l'unica cifra certa riguardo gli azeri parla di sei morti e 20 feriti. Ma a Baku si teme che il prezzo in vite azere sia stato assai più alto. C'è chi è riuscito ad abbandonare la città, ma a Shushà sono rimasti intrappolati migliaia di azeri, e la paura è che si ripeta la tragedia di Khogiali, dove a febbraio decine di civili azeri furono massacrati dalle mitragliatrici armene. Nelle stesse ore, il rappresentante della Csce, l'ambasciatore italiano Mario Raffaelli, è arrivato a Baku da Teheran, ed ha tentato di arrivare nel Karabakh, ma senza successo. La battaglia era in pieno svolgimento, ed anzi per due ore la delegazione di Raffaelli è rimasta bloccata nello scantinato di un palazzo a causa del bombardamento su Agdam, dove le forze azere della regione hanno il proprio comando. Rafaelli è così partito ieri per Erevan, la capitale armena, nel tentativo di organizzare la conferenza internazionale sul Karabakh, che la Csce vorrebbe tenere a Minsk. A Teheran il vice del presidente Mamedov aveva detto a Raffaelli che l'Azerbaigian sarebbe stato disposto ad accettare alla conferenza una rappresentanza degli armeni del Karabakh, ma solo se inclusa nella delegazione azera. L'Azerbaigian, infatti, non riconosce 1 indipendenza autoproclamata dalla regione. E' chiaro che gli armeni non accetteranno questa soluzione, tanto più ora, dopo il successo sul campo. La delegazione di Raffaelli si è incrociata con quella di un'altro ambasciatore italiano, Ferdinando Salleo, giunto a Baku da Mosca per stabilire le relazioni diplomatiche tra Italia ed Azerbaigian. Dopo la firma del protocollo, il ministro degli Esteri azero Sadykhov ha detto di essere convinto che gli armeni sono divisi sulla condotta dei negoziati e ha definito l'attacco contro Shushà una «provocazione diretta a influire sulla lotta politica interna in Armenia». Ma anche l'Azerbaigian, che ha in Mamedov un presidente solo provvisorio, è tutt'altro che compatto, e non ha per ora la possibilità di rovesciare a suo favore la situazione militare. In un altro incontro con l'ambasciatore Salleo, due leader parlamentari del Fronte popolare azero hanno denunciato «l'appoggio politico-militare» che a loro parere la Russia offre agli armeni, ma hanno riconosciuto la maggiore efficacia delle formazioni annate armene. «Bisogna aspettare e costruire un vero esercito nazionale - ha detto il capo della commissione estera Gambarov - se non otterremo i nostri territori con i negoziati, li riconquisteremo». Secondo lui, «dopo gli ultimi avvenimenti la possibilità di una soluzione politica del conflitto è molto ridotta. La soluzione militare diventa più reale». Una cosa è certa: se dopo quattro anni di guerra gli armeni riuscissero a riunire il Karabakh alla loro Repubblica, saranno gli azeri i più interessati a trovare una soluzione. Fabio Squillante

Persone citate: Fabio Squillante, Ferdinando Salleo, Jakub Mamedov, Mamedov, Mario Raffaelli, Raffaelli, Salleo