Il «passante» incompiuto di A. Z.

Il «passante» incompiuto Il «passante» incompiuto Sul costoso tunnel ferroviario scoperte tangenti di 15 miliardi MILANO. Sono rimaste poche tracce del colosso della Milano delle tangenti: il passante ferroviario. Sulla prima parte dei lavori del tunnel che un giorno dovrebbe consentire l'attraversamento rapido, via treno, da Nord verso Est, e di collegare ferrovia e metropolitana, sono scomparsi anche i cartelloni con la scritta: «Qui c'è sotto un'idea». Un'idea, la meno nobile, il giudice Antonio Di Pietro ha cominciato a scoprirla interrogando Angelo Simontacchi, consigliere delegato della Torno, la società capogruppo del consorzio che ha vinto l'appalto del primo tratto del passante, 317 miliardi di opere per scavare 3 chilometri e mezzo di galleria tra San Gioachino e viale Tunisia. Simontacchi avrebbe rivelato al magistrato il pagamento ai politici di una tangente di 12 miliardi. Poi, la seconda scoperta durante l'interrogatorio di Mario Lodigiani, vicepresidente della quarta società di costruzioni in Italia, una delle sei presenti nel consorzio «Passante», insieme alla Torno, Cmb, Collini, Tetta- manti e Cogefar. Lodigiani confessa il pagamento di 3 miliardi a due big della politica milanese, anche loro arrestati, Gianstefano Frigerio, segretario della de lombarda, e Augusto Rezzonico, ex senatore de ed ex segretario della commissione lavori pubblici e trasporti. Tassello importante, Rezzonico, il cui arresto spiega una rivelazione di Beniamino Andreatta che ricorda «pressioni enormi fatte da parlamentari lombardi, in commissione e in aula, perché il progetto passante venisse rifinanziato». L'idea del passante prende corpo nel '64, affascina la Milano del boom ma non trova sostenitori. I sostenitori arrivano dieci anni fa quando si insedia una commissione mista: Comune di Milano, Regione Lombardia, Fs, Ferrovie Nord. Le Nord quadruplicheranno i binari dalla Bovisa a Saronno, le Fs i binari del nodo milanese, Regione e Comune penseranno alla galleria sotterranea tra Garibaldi e Vittoria. U primo via è nell'83, quello ufficiale nel novembre dell'84, quando parte il primo lotto della metropolitana 3 in piazza della Repubblica. Chi paga? Comune e Regione, che al tempo hanno la possibilità di finanziarsi. Ma un imprevisto tecnico brucia decine e decine di miliardi: occorre consolidare le fondamenta del grattacielo di piazza della Repubblica sotto il quale passa il tunnel. A questo punto entra in azione la lobby parlamentare lombarda. De, psi, pei, si muovono tutti per far passare una legge ad hoc e un ' Finanziamento di 700 miliardi. Ma ecco un nuovo intoppo. I passanti diventano tre: a quello di Milano se ne aggiungono uno (vero) a Torino e uno (fantasma) a Palermo. I 700 miliardi vanno divisi, a Milano ne toccano solo 450. La lobby torna alla carica. L'azione ha successo e con la legge 385/90 vengono stanziati altri 450 miliardi. Però, sono saliti i costi. Quasi 300 miliardi in più, giustificati da due varianti. Ma la torta è solo mezza torta. Perché, se finora sono stati eseguiti i lavori del primo tratto, San Gioachino-Tunisia, e sono stati stanziati i quattrini (i 450 miliardi del '90) per il secondo, San Gioachino-Garibaldi, che si spera di ultimare nel '95, tutto il resto è in alto mare. «Per collegare Tunisia con porta Vittoria mancano i fondi e mancano le prospettive», spiegano i tecnici. Anzi, di prospettive, dopo che il Comune ha preferito puntare sull'allungamento della linea 3 del metrò, proprio non se ne vedono. Il colosso-passante rischia di restare monco. Con buona pace dei 15 miliardi di tangenti finora scoperti. [a. z.]

Persone citate: Angelo Simontacchi, Antonio Di, Augusto Rezzonico, Beniamino Andreatta, Collini, Gianstefano Frigerio, Lodigiani, Mario Lodigiani, Rezzonico, Simontacchi