LA CORIANDOLI CHIUDE HAREM

E STALIN SUPPLICO' HITLER Dalla Russia nuove rivelazioni e polemiche: il Cremlino voleva arrendersi al Fùhrer? E STALIN SUPPLICO' HITLER MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Stalin tentò disperatamente, per tre volte, di fermare Hitler, nel 1941, offrendogli una capitolazione senza altra condizione che la «sopravvivenza dell'Urss» più a Est? Nuove rivelazioni e polemiche gettano luce su uno dei momenti più cruciali della storia della seconda guerra mondiale. A riaprire il caso è stato un articolo apparso recentemente su Novoe Vremia (n. 13, marzo 1992) a firma Lev Besymenskij, che si è avvalso di un colloquio con uno dei protagonisti diretti forse l'ultimo vivente - della vicenda: Pavel Sudoplatov, in quel periodo vicecapo del primo dipartimento (spionaggio) e capo settore dell'Nkvd (Commissariato del Popolo per gli Affari Interni), cioè uno dei più stretti collaboratori di Lavrentij Berija. Di uno di questi tentativi di Stalin, di firmare una vera e propria capitolazione con la Germania hitleriana, si sapeva dal racconto che il maresciallo Zhukov negli Anni 60 - fece al generalmaggiore N. Pavlenko, allora direttore del Voienno-Istoriceskij Zhurnal. Il ricordo di Zhukov appare oltremodo preciso e circostanziato. Il 5 ottobre 1941 egli toma a Mosca da Leningrado. Il 7 viene ricevuto da Stalin e gli espone la situazione sui fronti. Il nemico marcia su Mosca e le possibilità di difesa della capitale appaiono in quel momento del tutto esigue. Sempre secondo i ricordi di Zhukov, Stalin si rivolge a Berija, presente al colloquio e gli ordina di «usare i suoi canali» per sondare la possibilità di (scrive Besymenskij) «concludere.una nuova Pace di Brest con la Germania, una pace separata. Arriviamo fino a cedere il Prebaltico, la Bielorussia, parte dell'Ucraina: ad ogni condizione». Qui comincia la disputa, con la testimonianza dell'ottantacinquenne Sudoplatov. Secondo una prima versione, riferita da Besymenskij, Berija avrebbe convocato nel suo ufficio alla Lubianka, a quattr'occhi, Pavel Sudoplatov, il 25 luglio 1941. E gli avrebbe ordinato, «tenendo un occhio sul suo libretto di appunti», di prendere contatto con l'ambasciatore bulgaro Ivan Stamenov (che dal 22 giugno 1941, inizio dell'offensiva hitleriana, rappresentava a Mosca gl'interessi tedeschi) per «porgli alcune questioni». Sudoplatov e Stamenov erano in contatto da diversi anni. «Dobbiamo guadagnare tempo», dice Berija, e «esaminare determinate possibilità». Ma «il colloquio non deve apparire come ispirato dal governo sovietico, bensì come un'iniziativa personale...». Sudoplatov riferisce che, in quel momento, squillò il telefono. All'altro capo del filo c'era Molotov e, dal contesto, emerse che Molotov era al corrente dell'operazione. Sudoplatov doveva porre tre domande a Stamenov (affinché re Boris di Bulgaria le trasmettesse a Hitler). Perché Hitler aveva deciso di rompere il patto Molotov-Bibbentrop? A quali condi- zioni la Germania avrebbe accettato di interrompere le azioni militari? Sarebbe stata d'accordo Berlino a ricevere in cambio le tre Repubbliche baltiche, la Bielorussia, la Bessarabia e parte dell'Ucraina? Il gioco era duplice o triplice. Secondo Sudoplatov, Stamenov era anch'egli un agente dell'Nkvd. L'incontro avviene in un ristorante moscovita riempito di microfoni. Stamenov fiuta una trappola (lo si vuole implicare in un'operazione di collusione col nemico?) e non abbocca. Dice di credere fermamente nella vittoria dell'Armata Rossa e di non poter accettare un tale incarico. D'altro canto - Besymenskij dice a me e a Michele Mezza della Rai - «la missione poteva essere pericolosa per Stamenov anche sul versante bulgaro. Non voleva rischiare di apparire, agli occhi del filo-hitleriano sovrano bulgaro, come latore di una proposta che poteva essere interpretata come una manovra di Stalin. Tanto più se, davvero, era un agente del Cremlino». Paradossalmente, dunque, l'uomo dei sovietici nell'ambasciata bulgara blocca il «sondaggio» deciso da Stalin. Forse finge? Forse, dopo aver rifiutato di fronte ai microfoni nascosti sotto il tavolo, invierà comunque l'informazione a Sofia? Berija fa controllare e decifrare tutti i messaggi che escono dall'ambasciata. Sudoplatov dice che non uscì nulla. La successiva ricerca di Besymenskij negli archivi bulgari non darà risultati. Se non che egli scopre (attraverso la testimonianza di uno degli ex segretari di Malenkov, Dmitrij Sukhanov) che, subito dopo la guerra, una delegazione del ministero degli esteri sovietico si era recata a Sofia proprio per «prelevare» documenti connessi con i contatti tra Stamenov e i servizi segreti sovietici. A capo della delegazione c'era uno dei segretari del Comitato Centrale del Pois, Nikolai Pegov. Il vicolo cieco finisce davanti a questo muro. Questo il racconto del secondo «tentativo di capitolazione» di Stalin, fatto da Besymenskij, sulla base della testimonianza di Sudoplatov. Ma quest'ultimo reagisce. Gli ho telefonato per ottenere conferma e per avere un colloquio. Il colloquio mi è stato rifiutato. Sia Pavel Sudoplatov sia Anatolij, il figlio, affermano che Besymenskij ha forzato il racconto. E una smentita, sotto forma d'intervista, appare infatti sul n. 15 di Novoe Vremia. Ma è piuttosto è una «rettifica» che «interpreta» diversamente i fatti. E i fatti restano. L'abboccamento con Stamenov c'è stato. L'indicazione veniva direttamente da Berija (e qui Sudoplatov si vendica del processo che gli fecero nel 1953, dopo la morte di Stalin, aggiungendo che oltre a Molotov erano al corrente anche Krusciov e Ma- lenkov). Ma aveva per scopo - dice Sudoplatov - di «far filtrare disinformazione, per rallentare l'avanzata ulteriore delle forze naziste» e di «guadagnare tempo». Ma Stamenov «non riferì». E per quanto riguarda il tentativo di ottobre, quello raccontato da Zhukov? Sudoplatov è categorico: «Zhukov si sbaglia. Confonde le cose. A quell'epoca la guerralampo era già stata frantumata». In realtà a ottobre le cose non stavano affatto così come afferma Sudoplatov. Ma sciogliere il nodo è impossibile oggi, finché e se non emergeranno nuovi documenti. «E' chiaro - commenta Besymenskij - che ancora oggi Sudoplatov difende se stesso dalle accuse di tradimento che vennero mosse a lui e a Berija nel processo dell'agosto 1953. Del resto non si può escludere che una componente delle mosse di Stalin (di lui si tratta, evidentemente, poiché Berija mai avrebbe potuto prendere un'iniziativa del genere senza una sua direttiva) fosse davvero quella di guadagnare tempo. Almeno nel luglio e nell'ottobre 1941». Ma nei giorni immediatamente successivi all'attacco nazista la questione del «prendere tempo» è molto meno forte che non mesi dopo. Ed è proprio ad essi che risale il primo dei tre tentativi di capitolazione, quello di cui non abbiamo ancora parlato. Qui Besymenskij ha lavorato per conto suo e ha raccolto e ordinato materiale indiziario di eccezionale importanza. Se le sue deduzioni sono esatte, esse confermano che l'idea di una capitolazione si affacciò nella mente di Stalin, sconvolta da eventi che egli non aveva previsto, subito dopo la constatazione che l'avanzata hitleriana stava letteralmente maciullando tutte le difese sovietiche. Punto di partenza è la testimonianza dell'ambasciatore tedesco a Mosca, il conte Friedrich Von Shulenburg, al momento dello scoppio del conflitto. Egli stesso raccontò in seguito di essere stato latore, all'arrivo in Germania, avvenuto nel luglio del 1941, di un «messaggio personale (di Stalin a Hitler) di eccezionale importanza». Recentemente lo storico e biografo di Stalin, generale Dmitrij Volkogonov, ha scoperto nell'archivio staliniano un documento dei primi giorni del conflitto che conferma un'awenuta riunione cui presero parte Stalin e Molotov - in cui «si esaminò la possibilità di stabilire contatti con la parte tedesca per l'avvio di negoziati su una "nuova pace di Brest"» (il riferimento è alla pace-capestro che Lenin siglò con la Germania e che pose fine all'impegno russo nella prima guerra mondiale). L'idea cui fa riferimento il maresciallo Zhukov era nata dun¬ que fin da giugno. Ma fu comunicata all'ambasciatore tedesco? L'ultimo incontro ufficiale tra Von Shulenbuig e Molotov avvenne alle 5,30 del mattino del giorno dell'offensiva, cioè prima della riunione documentata da Volkogonov. L'ambasciatore tedesco rimase isolato fino alla sera del 24 giugno, quando venne accompagnato sotto scorta alla stazione Jaroslavskij. Il percorso del convoglio fu complicato: Kostroma, Kharkov, Rostov, Baku, Lenin akan. La frontiera sovietico-ture a fu varcata solo il 12 luglio. Il «messaggio personale» di Stalin a Hitler potrebbe essere stato consegnato durante il tragitto, ma non c'è prova o testimonianza precisa che possa suffragare questa ipotesi. Lo stesso Besymenskij si domanda se quella fosse la via migliore e più rapida per far giungere a Hitler le intenzioni sovietiche. Berija non poteva non prevedere che sarebbero passati molti giorni prima che Shulenburg arrivasse a destinazione. Ma è possibile che Stalin avesse calcolato di poter «trattare» con Hitler dopo qualche settimana, nella speranza di farlo da migliori condizioni. In ogni caso la successione degli eventi appare di eccezionale interesse. Von Shulenburg arriva in Turchia il 12 luglio. Negli archivi tedeschi si è trovato un messaggio cifrato (n. 63, del 15 luglio, ore 22,30) dell'ambasciatore Von Papen, indirizzato al ministro degli Esteri Johachim Von Ribbentrop. Dal testo davvero singolare: «La Turchia ha saputo da Mosca che all'inizio della guerra Stalin sperava ancora di tutto cuore in un tacito accordo con Hitler, nel senso che il regime sovietico avrebbe continuato a esistere nella Russia orientale. La sua diffidenza verso l'Inghilterra è grande ed egli si è deciso all'intesa (di non fare una pace separata) soltanto quando l'Inghilterra gli ha garantito un'analoga sopravvivenza...». Si noti che Stalin aveva concluso l'accordo con Londra (che escludeva una pace separata con la Germania) proprio il 12 luglio, cioè tre giorni prima. Appare chiaro, dal contesto, che il telegramma fu inviato subito dopo l'incontro tra Von Shulenburg e Von Papen. Ed esso si conclude con una frase ancora più strana: «L'informazione dettagliata della stampa turca viene inviata con Shulenburg». Davvero Berlino avrebbe dovuto prestare tanta attenzione alle cose pubblicate dalla stampa turca? Più probabilmente - conclude Besymenskij - la frase segnalava che la vera fonte di Von Papen era lo stesso Von Shulenburg». Che, giunto a Berlino, chiese immediata udienza al Fùhrer. La risposta fu perentoria: «Il 15 agosto saremo a Mosca, e il primo ottobre la guerra di Russia sarà finita!». Così fu respinta la prima offerta di capitolazione del «grande condottiero» dell'Urss. Hitler sbagliò tutti i suoi calcoli, ma Stalin non fu da meno nella gara degli errori e delle viltà. Giulietta Chiesa // dittatore sovietico disposto a cedere Prebaltico, Ucraina e Bielorussia in cambio della sopravvivenza dell'Urss più a Est Giuseppe Stalin Adolf Hitler