Di Pietro: «Qualcuno è già fuggito» di Susanna Marzolla

Di Pietro: «Qualcuno è già fuggito» Chiusano chiede la scarcerazione di Papi (Cogefar): «Ciò che gli viene contestato non è reato» Di Pietro: «Qualcuno è già fuggito» Nobili tra i vip nel mirino? Secca smentita dell'Iti MILANO. E adesso cominciano a esserci pure i latitanti. L'«allarme» lo ha lanciato il sostituto procuratore Antonio Di Pietro: «Non ho difficoltà a dire che fughe si sono già verificate. Esistono ancora dei concreti pericoli e proprio per questo tentiamo di evitarle, finché possibile». Fughe? E di chi? Una risposta ufficiale non c'è, ma a Milano già da alcuni giorni circola il nome di Luigi Carnevale, ex vicepresidente e attualmente consigliere della Metropolitana Milanese, nominato per il pds. Carnevale era partito per gli Stati Uniti, per lavoro; gli inquirenti, nonostante abbiano cercato di mettersi in contatto con lui, non ci sono riusciti. E il suo ritorno appare, per così dire, posticipato «sine die». Solo lui «irreperibile»? Pare proprio di no, visto che Di Pietro ha continuato ad esprimersi al plurale. Ma ha anche ridimensionato i pericoli di latitanza su quanti non sono stati ancora rintracciati: «Arrivano, arrivano, non c'è problema». Allora sono in vista nuovi arresti? Sempre Di Pietro, un po' sibillino: «Tempo al tempo». Così, tra gli accenni di Di Pietro e le frasi di giovedì del procuratore aggiunto D'Ambrosio sulla possibile incriminazione di altri parlamentari, è continuata la girandola di «voci». Uno dei nomi più sussurrati era quello di Franco Nobili, presidente dell'Iri. Il quale, quasi per telepatia, mentre si trovava a Venezia per un convegno così ha fatto dichiarare dal suo portavoce: «Nobili non ha ricevuto informazioni di garanzia nell'ambito dell'inchiesta sulle tangenti a Milano. Comunque, se fosse convocato dal magistrato, è pronto a dare tutti i chiarimenti necessari». Come potrebbe entrare Nobili nell'inchiesta? Perché fino alla fine dell'89, cioè fino all'acquisizione della Cogefar da parte del gruppo Fiat, Nobili era presidente di quella società. Ed è accertato che le «trattative» sulla tangente per il passante ferroviario (12 miliardi sui 317 di appalto) cominciarono appunto in un'epoca precedente alla formazione di Cogefar-Impresit e all'uscita di Nobili dall'azienda. Cominciarono, ma non finirono. Almeno secondo il pubblico ministero che nel capo d'accusa contro Enzo Papi, amministratore delegato di Cogefar-Impresit, fissa il «termine finale» dei fatti al febbraio di quest'anno. Papi avrebbe dovuto essere interrogato ieri nel carcere di San Vittore, dove è detenuto in isolamento (come del resto tutti gli altri). Il suo avvocato, Vittorio Chiusano, prima che il gip, Italo Ghitti, potesse entrare nel merito delle accuse, ha posto però una questione «preliminare», chiedendo la revoca dell'ordine di custodia cautelare. Secondo il legale, infatti, a Papi viene contestato un fatto che «non è classificabile come reato». Spiega Chiusano: «Per con- figurare la corruzione, cioè un reato contro la pubblica amministrazione, bisogna che ci siano di mezzo enti pubblici o persone che svolgono funzioni pubbliche». La Metropolitana milanese non è un ente pubblico? «Secondo me, no». Il ragionamento di Chiusano riprende una decisione del giudice istruttore che aveva prosciolto l'allora presidente della Metropolitana milanese (Mm) Antonio Natali (socialista) in relazione allo scandalo Icomec. Secondo il giudice una società per azioni a partecipazione comunale, come appunto la Mm, non poteva essere classificata come un ente pubblico e i suoi amministratori non erano assimilabili ai pubblici ufficiali. Con lo stesso ragionamento anche il Senato aveva repinto una richiesta di autorizzazione a procedere, sempre per Natali. 1 Adesso il gip ha cinque giorni di tempo per decidere sulla richiesta dell'avvocato Chiusano. E sarà una decisione che, visto il numero di persone inquisite in relazione agli appalti della metropolitana, potrà avere ripercussioni su tutta l'inchiesta. Quello di Papi, comunque, non era il solo interrogatorio in programma: sono stati ascoltati anche i due esponenti democristiani in carcere, l'ex senatore Augusto Rezzonico e il segretario regionale Gianstefano Frigerio. L'avvocato di Rezzonico, Catalano, ha spiegato che il suo cliente non è sotto accusa per il discusso rifinanziamento, approvato dal Senato, della legge sul passante ferroviario: i magistrati gli hanno invece contestato tangenti riguardanti appalti delle Ferrovie Nord Milano di cui Rezzonico era stato presidente dal '79 all'88. E Rezzonico avrebbe ammesso i fatti, mettendo nei guai anche il suo collega di partito, Frigerio, Le tangenti sarebbero state pagate da un pool di cinque imprese, interessate a lavori di ammodernamento della rete ferroviaria. Qualche miliardo, secondo l'accusa: Rezzonico, pur ridimensionando di molto la cifra, non avrebbe negato la circostanza. Aggiungendo anzi che il terminale di quella tangente non sarebbe stato lui, bensì il segretario regionale del suo partito. Cioè quel Gianstefano Frigerio, in carcere come Rezzonico da mercoledì notte, che invece ha negato decisamente. O, per meglio dire, ha rifiutato di rispondere a tutte le contestazioni che gli venivano rivolte durante l'interrogatorio. Infine si è saputo perché Di Pietro e Colombo viaggiano da giovedì su auto blindata con scorta: sono airi vate telefonate anonime, con esplicite minacce di morte; una anche a nome di un sedicente «Commando Brigate Rosse». Gli organi di polizia non ritengono molto credibile quest'ultima sigla, ma hanno dimostrato di ritenere il pericolo tutt'altro che infondato. Susanna Marzolla Il sostituto procuratore della Repubblica, Antonio Di Pietro;

Luoghi citati: Milano, Stati Uniti, Venezia