Gettò il bimbo nei rifiuti: a giudizio

Gettò il bimbo nei rifiuti: a giudizio Diciottenne accusata di aver soppresso il corpicino del figlio: «Era nato morto» Gettò il bimbo nei rifiuti: a giudizio Nellq. discaricati cadavere non fu mai trovato «Feciiùttódà sóla, non coinvolgete nessuno» Diciotto anni, una gravidanza tenuta nascosta ai genitori. Il parto di notte, da sola. La fuga in strada per disfarsi di quel corpicino senza vita. E' accaduto il 23 ottobre dello scorso anno a Simona Stella. Ieri, a conclusione delle indagini, il pubblico ministero Alberto Perduca, ha chiesto la citazione a giudizio .della giovane per soppressione di cadavere. Il punto centrale dell'inchiesta era stabilire se il bimbo partorito dalla ragazza fosse nato vivo. In questo caso sarebbe scattata l'accusa di infanticidio. Il magistrato ha interrogato i genitori e gli amici di Simona. Ha disposto una perizia per verificare l'attendibilità della sua versione. Ma non è stato possibile recuperare il cadavere che la ragazza dice di aver gettato in un cassonetto e che è probabilmente finito nella vicina discarica di Germagnano. Se Simona ha detto la verità, il reato di cui deve rispondere è soppressione di cadavere. Simona Stella ha vissuto la gravidanza con angoscia. Ha detto agli inquirenti: «Sono contraria all'aborto, ma non l'ho confessato ai miei genitori perché avevo paura di tutti. Ho tenuto nascosta la verità anche al ragazzo con cui aveva avuto una breve relazione: gli confessai che ero rimasta incinta, lui mi lasciò Ubera di decidere, ma io poi gli dissi che avevo abortito in ospedale». Con il passare dei mesi si è resa conto che avrebbe dovuto affrontare l'esperienza del parto, ma quando il momento è arrivato si è trovata impreparata. Ha raccontato al magistrato: «Credevo di essere arrivata all'ottavo mese, le doglie del parto mi hanno colto alla sprovvista. Era notte fonda, a casa tutti dormivano. Mi stesi sul letto. Le doglie arrivavano ogni 20 minuti, fino alle 4 del mattino. Sentii voglia di spingere, strinsi i denti, mi misi un fazzoletto in bocca per non urlare. Il bambino era giallo e non si muoveva. Provai a tenerlo a testa in giù ed a sculacciarlo come sapevo che si deve fare per rianimare i neonati, ma non accadde nul¬ la». «Decisi che era morto, avevo troppa paura della reazione dei miei genitori, pensai di disfarmi del cadavere. Avvolsi il corpicino in uno dei miei pigiami, scesi in strada e lo gettai in un cassonetto. Tornata a casa cercai di cancellare le tracce di quanto era accaduto. Lavai le lenzuola e per non insopettire mia madre le dissi che avevo avuto una forte emorragia». Un dramma rimasto segreto per pochi giorni, fino a quando Simona si rese conto di star male, confessò la verità al fratello che l'accompagnò all'ospedale Maurìziano. I medici intuirono subito la verità e segnalarono il fatto alla magistratura. Il sostituto procuratore la mise in isolamento, per due settimane. Quattordici giorni di silenzio, nessun colloquio, né con i genitori, né con il suo avvocato, Maria Grazia Cavallo. Poi Simona decise di confessare: «Ho fatto tutto da sola. Non voglio assolutamente che i miei genitori possano essere coinvolti nel processo, perché, lo ripeto, sono del tutto estranei. Neppure voglio coprire altre persone, di cui ora non mi importa più nulla». Simona Stella: il bimbo nacque morto, avevo paura della reazione dei miei genitori, avvolsi il corpicino in un pigiama, scesi in strada e lo gettai in un cassonetto

Persone citate: Alberto Perduca, Maria Grazia Cavallo, Simona Stella

Luoghi citati: Germagnano