«In camera mia ho il suo poster»
«In camera mia ho il suo poster» QUEL TRAGICO SABATO DELL'82 Alesi ricorda Villeneuve, il cavaliere del rischio morto dieci anni fa in Belgio «In camera mia ho il suo poster» «Le imprese di Gilles mi hanno convinto a correre» Dieci armi fa, sabato 8 maggio 1982, nel circuito di Zolder, durante le qualificazioni del G.P. del Belgio, moriva Gilles Villenueve. Un incidente terribile. La Ferrari numero 27 viaggiava sul filo dei 240 km/h: dopo aver tamponato la March del tedesco Jochen Mass, era schizzata in aria, rimbalzando poi più volte in pista. Una tragedia senza testimoni, in una parte del circuito lontana dai box. Solo una telecamera aveva colto gli ultimi momenti dell'incidente e mostrato il corpo del canadese, simile a un povero fantoccio, volare come una girandola e finire contro una rete a lato della pista. Erano le 13,52. La morte del pilota veniva ufficialmente annunciata alle 21,12 all'ospedale di Lovanio. Villeneuve era stato ingaggiato dalla scuderia di Maranello nel 1977. Enzo Ferrari, che aveva poi confessato di amarlo come un figlio, lo aveva voluto in squadra - a sorpresa - pescando fra mille pretendenti un pilota allora semisconosciuto. In pochissimo tempo Gilles era diventato il simbolo deU'ardimento, il cavaliere senza paura, l'erede di Tazio Nuvolari. In Formula 1 aveva vinto solo 6 gare, ma sempre, nel bene e nel male, aveva recitato il ruolo del protagonista. Lo spettacolo era il suo mestiere, correre per vincere la sua felicità. Come tutti i fuoriclasse, Villeneuve aveva suscitato sentimenti forti: odio o passione. Qualcuno criticava il suo modo di guidare, molti lo adoravano. Lui macinava le vetture, tirando sempre ai limiti: cambi, motori, trasmissioni, ruote si sbriciolavano. E quanti incidenti. Uno subito, nell'ottobre '77, in Giappone: un volo tra la folla (le reti di protezione erano inadeguate), tre morti. Fu subito chiamato «Villeneuve l'aviatore». Poi tante avventure rocambolesche, successi e piazzamenti ottenuti in modo incredibile, partenze che lasciavano con il fiato sospeso. E quel duello a ruota a ruota con Arnoux in Francia? Un pilota scatenato e un uomo schivo, legato alla moglie e ai due figli. Per arrivare alla corte di Maranello aveva detto di esser nato nel 1952. In realtà, aveva visto la luce a Chambly, nel Quebec, il 18 gennaio 1950. Ave¬ va paura di essere considerato troppo vecchio e di essere scartato da Enzo Ferrari. Le imprese del piccolo canadese sono ancora vive nel mondo dei grandi premi. Lo ricordano quelli che erano stati suoi compagni di gara e chi invece lo vide solo in tv. Dice Riccardo Patrese, il veterano della FI: «Mi è rimasto impresso il rapporto intenso di Gilles con la macchina. Per lui tutto ciò che aveva un motore era qualcosa di speciale. La monoposto, ma anche i camion, l'offshore e l'elicottero. Portava ogni mezzo al limite, senza risparmio, senza pensare forse ai rischi che correva». Per Ivan Capelli, allora al debutto in F3, Villeneuve era un idolo. Spiega: «Chi poteva non essere suo tifoso? Guidava una Ferrari e lo faceva in modo mirabile, esaltando la folla. Tutti noi lo ammiravamo e anche un po' lo mvidiavamo. Indimenticabile. In un certo senso lo potrei paragonare a James Dean, di cui ho solo sentito parlare e che ho visto in vecchi film. Esagerato». Jean Alesi, all'epoca in cui Villeneuve si avventava con la sua rossa per le piste, era un ragazzo. «Gilles. E' facile spiegare perché era il pilota più amato. A quei tempi non ero ancora innamorato della FI e la Ferrari era un sogno remoto. Seguivo i rally e il motocross. Guardavo i grandi premi solo per lui. Che fegato. Quando era in corsa tutto diventava imprevedibile, dalla partenza all'arrivo. Ti dava scariche di emozioni». «In fondo - aggiunge -, ho un debito con Gilles. E' stato grazie alle sue imprese che ho cominciato a interessarmi davvero della pista e ad appassionarmi. A casa, ad Avignone, in camera mia c'è ancora una gigantografia attaccata alla parete. E' di lui, Gilles Villeneuve, il pilota dell'impossibile. Non mi piacciono i paragoni, ma forse devo ammettere che in certe situazioni mi ispiro proprio a quel campione senza limiti». Conclude Michele Alboreto: «Concepiva la competizione solo al massimo livello e dava tutto se stesso. Credo che sino a questo momento non ci sia più stato uno come lui». Cristiano Chiavegato Le gesta del piccolo pilota della Ferrari sono ancora vive Patrese: sempre al limite A Capelli sembra James Dean Tre immagini simboliche nella carriera di Villeneuve. A destra, il canadese blocca il plotone a Zeltweg; sotto a sinistra, il primo giorno con Ferrari; a destra, si classifica terzo a Montreal con l'alettone piegato che gli impedisce di vedere la pista iS|§l|\
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