Al processo di Mendella tradiscono anche i fans
Al processo di Mendella tradiscono anche i fans Lucca, poca gente in aula per il crack Al processo di Mendella tradiscono anche i fans // telefinanziere è rimasto a Montecarlo Un buco di centocinquanta miliardi LUCCA DAL NOSTRO INVIATO Neppure la coreografia è all'altezza: misera e poco austera perché la trovata di spostare il tribunale al palazzetto dello sport si rivela infelice. Assente la folla, assente «lui», assente il pathos. Niente da fare, insomma: il «criminal trial», il processo come lo chiamano qui, non ha niente a che spartire con le «convenction» oceaniche, quando la sola presenza del Mendella Giorgio, mago della tivì, era sufficiente a richiamare folle entusiaste e un po' ingorde. No, ieri il Mendella non c'era per assistere all'udienza preliminare, naturalmente tenuta a porte chiuse. Latitante da sempre, cioè dal 19 marzo 1991 quando gli piombò sulla testa un ordine di cattura per via di quella sua attività di rastrellatore di pubblico risparmio, ha ritenuto più ragionevole aspettare «news» nella sua villa di Montecarlo piuttosto che partecipar di persona, ma con le manette ai polsi. Rischio, questo dell'arresto, tutt'altro che campato in aria e infatti appostati sulla soglia del palazzetto c'erano poliziotti e agenti della Guardia di Finanza pronti alla cattura. Del resto, i reati sono pesantucci: associazione per delinquere finalizzata alla truffa, falso in bilancio e truffa. Secondo l'accusa, oltre a Mendella la «banda» era formata da altri settantadue. Qualcuno è presente, fra i «minori» in sei patteggiano la pena e il giudice decide condanne tra i 15 giorni e i sei mesi. E poi c'è Aldo Rossi, attivo uomo d'affari, già presidente del Viareggio Calcio, uno che godeva della totale fiducia del «capo», tanto che molte azioni del gruppo recano in calce la sua firma. Dunque, tanti assenti fra gli imputati, ma molto più numerose le diserzioni fra i 14 mila che facevano orgogliosamente parte del «popolo di Mendella»: dei 2400 circa che avrebbero un qualche motivo per reclamare e quindi costituirsi parte civile, soltanto 40 hanno sottoscritto formale rivendicazione per danni e neppure fra costoro il fronte è compatto. Eppure, fra le gradinate e il parquet rimbalza la notizia che ci sarebbe un buco di 150 miliardi nei conti dell' «Intermercato», come Mendella aveva chiamato il suo gruppo del quale faceva parte anche una tivì, «Retemia». Dettagli. Neppure quando si Giorgio Mende a son sentiti dire che eran diventati fumo i denari disinvoltamente affidati alle amorevoli cure di Mendella, dietro interessi che sovente superavano il 25 per cento, i suoi hanno cambiato idea. Ostinazione irragionevole? Forse. Fiducia cieca nel teleimbonitore? Anche. «Non credo nella sua disonestà e falsità», tuona un signore sui 65, accento fiorentino, il vestito spezzato delle grandi occasioni, geloso dell'anonimato come la gran parte dei «sudditi» ormai nudi. Aggiunge: «Credo che sia stata tutta una macchinazione voluta in alto, molto in alto, di più del giudice Ferro: parlo di livello politico. Perché? Ma perché uno come lui dava noia, perché era diventato troppo grande, perché aveva idee: investiva ogni lira, aveva pensato a un satellite in Medio Oriente, e alle villette in Romania. E non sono l'unico a pensarla così». Quarant'anni del suo lavoro son finiti chissà dove, ma lui, irriducibile, è ancora fiducioso: «Non credo che li perderò i miei soldi. Che cosa farei a Mendella? Lo farei pre- sidente della Repubblica, ecco che cosa. Il fatto è che questa cosa era troppo grande per gli italiani». Una ragazza torinese, pantaloni e bolero jeans con borchie e frange: «Era un po' come giocare d'azzardo, si vince e si perde». Cristiano Bussoli, di Varese, con altri scettici riunito in «Gruppo insieme», sospira: «Il punto è che con le azioni oggi posso tappezzarci la camera». «Le parti civili aumenteranno, questo è solo l'assaggio», informa intanto l'avvocato Ugo Cerniti di Milano. Il pubblico ministero, Gabriele Ferro, sotto un canestro del basket per un'ora e mezzo ha sostenuto il punto di vista dell'accusa; Vincenzo Di Nubilia, giudice dell'udienza preliminare, ha respinto una raffica di eccezioni ma ha considerato ragionevole la richiesta di sospensione per i reati valutari ed ha cancellato gli interrogatori resi da alcuni imputati in assenza del difensore. «Abbiamo altre carte da giocare, non assi nella manica perché giochiamo pulito», ha assicurato l'avvocato Giovanni Flora, di Firenze, difensore di Mendella. Oggi, e per circa un mese, prosegue il capitolo preliminare e qualcuno azzarda che Mendella apparirà. Almeno sul piccolo schermo, come ai bei tempi. Vincenzo Tessa ndori Giorgio Mendella
Luoghi citati: Firenze, Lucca, Medio Oriente, Milano, Montecarlo, Romania, Varese
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