«Nessuno fermò il giudice-killer»

«Nessuno fermò il giudice-killer» Perugia, parla un amico del magistrato che ha ucciso il rivale per amore «Nessuno fermò il giudice-killer» «Mi aveva raccontato tutto, anche come gli avrebbe sparato» «Sono andato dai carabinieri, ma non mi hanno creduto» PERUGIA NOSTRO SERVIZIO Il giudice assassino per amore. Parla un amico. E rivela: «Avevo capito bene il piano: Giuseppe mi aveva praticamente raccontato tutto, anche di come avreb be utilizzato la pistola contro il suo rivale in amore. Corsi quindi da un sacerdote, dal mio padre spirituale. Fu il prete ad indicarmi una strada precisa: avrei dovuto rivolgermi subito ai carabinieri. E così feci. Prima andai da un colonnello che mi mandò da un altro colonnello». Poi ha un sospetto: «Ma visto quello che è successo, debbo credere che non venne fatto nulla per evitare un omicidio, la morte di un uomo. E sì che le cose da fare erano semplici. Magari hanno anche pensato che fossi un mitomane. So per certo che non si sono mossi. La posizione di magistrato rendeva Giuseppe Sapienza al di sopra di ogni sospetto, figuriamoci se potevano pensare che avrebbe commesso un omicidio». A trenta chilometri da Perugia, in una villa ristrutturata vive e lavora l'amico e il compagno di studi del magistrato Giuseppe Sapienza, il giudice reo confesso dell'omicidio del marito della sua segretaria, Patrizia Giglio, la donna che lo aveva fatto innamorare. Filippo Iannarone, coetàneo del giudice, una laurea in giurisprudenza, già avvocato civilista con studio a Roma, ora proprietario di un'avviata azienda agrituristica, aveva informato per tempo tre persone del piano dell'amico fraterno. Il suo racconto comincia da molto lontano, è particolareggiato. «Da Giuseppe non mi sono mai staccato un momento, da quando, ragazzi, frequentavamo la stessa scuola. Abbiamo studiato dai gesuiti, ci siamo frequentati anche quando ho lasciato Roma per una scelta di vita, ho sempre raccolto le sue confidenze e non solo i suoi travagli sentimentali. Mi risulta che la relazione con Patrizia Giglio, la sua segretaria alla Corte Costituzionale, andasse avanti da tempo, da alcuni anni di sicuro - continua Iannarone -. Se l'ho mai veduta la signora Giglio? No, eppure frequentavo l'ufficio di Giuseppe Sapienza. Ho invece incrociato nei corridoi il marito, Roberto Ippolito, un incontro fugace. Quante volte, assieme ad altri compagni di studi di Giuseppe, amici fidati, abbiamo invitato Giuseppe Sapienza a troncare quella relazione. Proprio in questi giorni, se non fosse accaduta la tragedia, Giuseppe avrebbe dovuto incontrare qui a Villa di Monte Solare una donna che aveva manifestato interesse per la sua persona». Secondo Filippo Iannarone, l'omicidio poteva essere evitato e lo dice a chiare lettere: «Due mesi prima dell'omicidio, Giuseppe acquistò una pistola, era la prima che teneva con sé nonostante facesse il magistrato da dodici anni. Per me fu una specie di campanello d'allarme». Comincia anche così anche la storia di un delitto annunciato che ricorda in alcune parti il film «Un commissario al di sopra di ogni sospetto». Sullo schermo l'omicida commissario seminava prove per farsi riconoscere, in questo caso, invece, si è trattato di un annuncio arrivato attraverso una confidenza. L'amico ricorda bene anche il ruolo ricoperto da Giuseppe Sapienza nell'ambito della Corte Costituzionale. «Era un cervello, a lui toccava dare il supporto tecnico-giuridico alle sentenze emesse dalla Corte, un ruolo di primissimo piano e una carriera in continua ascesa, altro che un ruolo di magistrato di secondo piano. Assieme agli amici gli avevamo però suggerito, per distogliere l'attenzione da quella donna, di trasferirsi al tribunale di Perugia, di venire a vivere in questo posto così riposante e bellissimo, a contatto con la natura. Ma lui lasciò cadere la proposta». Diciassette giorni dopo l'omicidio Iannarone venne convocato da Giuseppe Sapienza, perché doveva ricevere una terribile confidenza. «Mi raccontò tutto, anche i particolari che io poi ho preteso che venissero fissati a verbale nella caserma dei carabinieri, assieme alla denuncia che avevo già fatto tempo addietro. A Giuseppe dissi soltanto di cercarsi un sacerdote per confessare la sua colpa e redimersi almeno dinanzi a Dio. Poi avrebbe espiato, cominciando una vita nuova. Se giustifico il suo gesto? Non posso permettermi di giudicare, per me rimarrà sempre un amico, magari qualcuno dopo un po' tìf tempo si dimenticherà di lui,-ma io non ne sarò capace. Abbiamo trascorso in pratica 37 anni insieme». Iannarone oggi sarà interrogato dal magistrato incaricato delle indagini. «Sono diventati pubblici già molti particolari di questa storia, ma visto che ci sono ancora zone d'ombra, mi bat¬ terò perché vengano fuori. Non riesco infatti a spiegarmi come mai, e lo chiederò proprio al magistrato, dalla scomparsa di Roberto Ippolito al ritrovamento del suo cadavere, nessuno abbia pensato di svolgere indagini approfondite su Giuseppe e sulla relazione con la sua segretaria, che era nota a molti negli uffici della Corte Costituzionale. Adesso tutti fanno capire che sapevano, ma perché non hanno parlato a tempo debito? Giuseppe Sapienza e Roberto Ippolito si erano incontrati altre volte e assieme avevano affrontato il problema della relazione, ma senza venire a capo di nulla. Una cosa che mi sorprende, e che non riesco a spiegarmi, e con me mia moglie, è come Giuseppe abbia mantenuto un comportamento normale per diciassette giorni, recandosi anche a casa della sua segretaria a confortarla per la scomparsa del marito. Mi chiedo: ma se non mi avesse fatto quella confessione, il delitto sarebbe rimasto impunito?». Mario Mariano «Forse la sua posizione lo rendeva al di sopra di ogni sospetto E non sono intervenuti» Giuseppe Sapienza, il magistrato che ha ucciso il marito della sua segretaria. Nella foto grande la fossa dove ha nascosto il cadavere

Luoghi citati: Perugia, Roma