Genova ancora invasa di splendore barocco

Genova ancora invasa di splendore barocco Due secoli (180 dipinti) alla ribalta nei palazzi Spinola e Reale per le celebrazioni colombiane Genova ancora invasa di splendore barocco Tra dogi e collezionisti, un tempestoso ritratto di Rubens N intreccio ineguagliabile. La grande mostra Genova nell'età barocca a palazzo Spinola e palazzo Reale ricostruisce la vitalità di una grande, ricca, varia scuola pittorica locale,, che ha raggiunto con il collezionismo delle grandi famiglie un'integrazione superiore a qualsiasi altro centro del barocco europeo. L'esposizione durerà fino al 26 luglio, nell'ambito delle celebrazioni colombiane (catalogo Nuova Alfa). E per comprenderla è necessario partire proprio dalle sue sedi. Palazzo Spinola della Pellicceria fu eretto nel cuore della vecchia Genova alla fine del Cinquecento da Francesco Grimaldi. E' passato poi per via ereditaria femminile ai Pallavicino, ai Dona (e si deve a Maddalena Doria nel 1734-'36 la definitiva conformazione di fasto barocco quale oggi ammiriamo), agli Spinola. Fu donato nel 1958 allo Stato, divenendo sede di Galleria Nazionale. Sulle scale, prima di accedere al primo piano nobile, ci guardano dall'alto i ritratti scultorei di due Spinola, portati in palazzo nell'Ottocento dalla cappella gentilizia nella chiesa soppressa di S. Caterina. Gli affreschi di Lazzaro Tavarone nel primo Seicento sulle volte del primo e del secondo piano nobile celebrano le glorie dei Grimaldi e le quadrature della nuova decorazione settecentesca voluta da Maddalena Doria li hanno rispettati. Nella stupenda sala dei ritratti è ritornato, dal Museo Getty di Malibu, il ritratto dogale di Agostino Pallavicino, dalla rossa sontuosità vandyekiana, affiancato da quello del figlio Ansaldo giovinetto, sempre rimasto in palazzo. E c'è, da quando l'edificio è Galleria nazionale il formidabile, tempestoso ritratto equestre di Giovan Carlo Doria di Rubens: è uno dei vertici della mostra, recuperato da Siviera in Germania dopo essere passato da uno dei Palazzi Doria di Genova al Palazzo Doria d'Angri di Napoli. L'altra sede della mostra è il palazzo eretto a metà Seicento da Stefano Balbi in via Balbi, riformato fra Seicento e Settecento da Eugenio Durazzo, acquistato nel 1823 da Carlo Felice che ne fecea Palazzo Reale e modificato nella decorazione e nell'arredo da Carlo Alberto. In entrambi gli edifici il visitatore dovrà avere ben presente questo ineguagliabile intreccio fra cultura artistica e vocazione al prestigio dell'oligarchia genovese, che tesaurizzava nel Seicento i profitti ottenuti come banchieri dell'impero austrospagnolo. E proprio l'attenzione a questi aspetti storici e artistici ha portato i principali responsabili della mostra, Giovanna Rotondi Terminiello per la Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici, ed Ezia Gavazza per l'Università, ad organizzare e proporre complessi e affascinanti equilibri, colloqui fra il ricchissimo materiale affluito da tutto il mondo e i due complessi di salequadrerie gentilizie. Di esse, la Nazionale Spinola è stata oggi riportata allo «status» voluto da Maddalena Doria, documentato nell'archivio familiare. Al secondo piano nobile, questo «status» è parte integrante della mostra stessa. Per la medesima ragione, la qualità assai alta dei mobili d'arredo fra Seicento e Settecento è documentata dai soli mobili dell'epoca già esistenti in Palazzo Spinola, sino alle punte della cornice ((figurata» da Filippo Parodi con il Giudizio di Paride, incorniciante un ritratto della bella Maria Mancini, e della grande consolle e specchiera eseguita da Filippo Maria Mongiardino per Maddalena Doria. Il visitatore, pieni gli occhi di gran pittura di respiro europeo e di eleganze scultoree barocche da Algardi a Puget a Filippo Parodi, dovrà quindi disporsi a questo gioco di echi e di rispondenze fra gli Strozzi, i Grechetto, i Guido Bono appesi alle pareti, cui ora si sono aggiunti quelli affluiti da Oxford e dall'Ermitage, da Los Angeles e dal Louvre, dal Puskin di Mosca e da Berlino. E' un viaggio attraverso il secolo d'oro della pittura genovese, dall'ancora cinquecentesco di nascita e cultura, Giovanni Andrea Ansaldo al grande Magnasco. Un viaggio che può offire straordinarie rivelazioni: come i grandi argenti genovesi-fiamminghi di palazzo Spinola, fra cui il bacile con la Morte di Cleopatra e la Battaglia di Azio, del Museo Getty di Malibu, che si confronta dopo secoli con il suo modello, dipinto dallo Strozzi, dall'Ashmolean Museum di Oxford. Marco Rosei Dai musei un ineguagliabile intreccio tra arte e potere Cosi investivano i banchieri dell'impero austro-spagnolo Filippo Parodi: «Le metamorfosi», particolare di Clizia. Sopra, un dipinto di Bernardo Strozzi: «La parabola dell'invitato» (part.)