«La strage? Mai esistita» di Fulvio Milone

«La strage? Mai esistita» Soltanto una ragazza ferita accetta di parlare dell'agguato «La strage? Mai esistita» Acerra, l'omertà frena le indagini ACERRA DAL NOSTRO INVIATO «E' la famiglia Crimaldi?». Una domanda pronunciata con tono cortese, oltre una porta socchiusa. Nessuno, in casa, immagina che quegli uomini sorrìdenti sono in realtà sicari della camorra. Vincenzo Crimaldi risponde sollecito: «Sì, siamo noi: cosa desiderate?». La risposta è il crepitio delle armi, almeno quattro pistole, che scaricano un diluvio di proiettili. Delle sette vittime designate, solo due sopravvivono. Sono un ragazzo di quindici anni e un giovane di 29. Il caso vuole che cadano per primi sul pavimento sporco di sangue, e che i corpi degli altri cinque crollino loro addosso proteggendoli dalle pallottole. Terrorizzati, sorvegliati a vista dalla polizia nell'ospedale nel quale sono ricoverati, non risponderanno ad una sola delle domande degli investigatori. Non parlerà neanche 1 unico soccorritore, quello che porta i feriti al pronto soccorso: si rifiuterà perfino di indicare il luogo dell'agguato. Sono stati ricostruiti così gli ultimi istanti di vita delle cinque vittime della strage avvenuta il primo maggio ad Acerra: il padre Vincenzo Crimaldi, fratello del boss Cuono, la madre Emma Basile, i due figli Silvio e Livia, incinta al quinto mese, e un ragazzo di quindici anni, Pasquale Auriemma, massacrati solo perché imparentati con un capo della malavita locale. I superstiti: Domenico Crimaldi, 15 anni, terzo figlio di Vincenzo, Cuono Albachiara, marito di Livia, e Gaetana Scarpati, una vicina di casa ferita dai sicari in fuga. Con il passare delle ore scompaiono gli ultimi dubbi sull'identità di due autori della mattanza: sono Mario Di Paolo e Clemente Carfora, leader di un'organizzazione camorrista che controlla le attività criminali da Acerra a parte della provincia casertana. Carfora è stato bloccato dai carabinieri; Di Paolo è ancora latitante. Sabato sera carabinieri e funzionari della questura di Napoli si sono riuniti nell'ufficio del giudice della procura distrettuale Paolo Mancuso: l'intento è di condurre le indagini in piena collaborazione. Tuttavia le opinioni sono di- verse, almeno per quanto" riguarda la ricostruzione del massacro: secondo la polizia avrebbero sparato in due, Di Paolo e Carfora; i militari sostengono invece che il commando omicida fosse composto da non meno di quattro persone. Di sicuro c'è il fatto che i killer hanno agito con la massima platealità. Erano a volto scoperto, nonostante fossero conosciuti in paese: «Hanno voluto firmare la strage - spiegano gli inquirenti - per lanciare un monito a tutta la città. Di Paolo doveva vendicare la morte del fratello, ucciso poche ore prima dal clan Crimaldi; Carfora ha sparato per affermare il suo potere». E Giuseppe Palumbo, capo della squadra mobile napoletana, avverte: «Si badi bene, questa non è una storia di alta strategia mafiosa. A colpire sono state mezze tacche della camorra, gente che magari punta ai grandi appalti, ma poi in nome della vendetta più feroce commette errori madornali, come quello di sparare in prima persona, senza neanche avere l'accortezza di affidare l'incarico a un paio di sicari». Ma dopo la strage trova spazio anche la polemica. Gli investigatori non nascondono l'amarezza per il fatto che molti, troppi camorristi arrestati tornano liberi con sconcertante facilità. Come Cuono Crimaldi, il fratello della capo della famiglia sterminata. Condannato a sei anni per estorsione, è stato scarcerato per decorrenza dei termini, mentre era ancora sotto processo per associazione a delinquere di stampo mafioso. Gli hanno assegnato il soggiorno obbligato in un paesino del Beneventano, ma lui è subito fuggito. E da allora la faida è riesplosa con violenza inaudita. «C'è bisogno di condanne certe e immediate, che vengano soprattutto scontate fino in fondo», dice ora il questore Vito Matterà. Ma a dare una mano agli assassini c'è anche la legge dell'omertà, alla quale sembra attenersi quasi tutto il paese. Tacciono Cuono Albachiara e Domenico Crimaldi, gli unici superstiti della famiglia massacrata. E hanno taciuto i vicini di casa, che pure non possono non avere udito gli spari. L'unica ad avere infranto il muro del silenzio è Gaetana Scarpati, 15 anni, la ragazza che i killer hanno tentato di uccidere perché testimone scomoda: ha fornito una descrizione sia pure sommaria dei sicari. Dimessa ieri dall'ospedale, viene protetta ventiquattr'ore su ventiquattro dalla polizia. Tra le poche voci che si alzano contro una violenza sempre più feroce c'è ancora una volta quella del vescovo di Acerra Antonio Riboldi, che l'altro giorno ha partecipato a una veglia di preghiera e ieri, durante l'omelia domenicale, è tornato a tuo-, nare contro i politici, ricordando le speranze deluse per le tante promesse mai mantenute: «La loro incuranza viola platealmente i diritti della gente. Avevamo maturato nel cuore un progetto di sviluppo che poteva rappresentare una svolta per la città: la creazione di una facoltà universitaria. Ma questo piano è stato cancellato per motivi di potere». Fulvio Milone La polizia ora lancia accuse «Troppi killer in libertà» I corpi di due delle cinque vittime e Clemente Carfora, ritenuto uno dei responsabili della strage di Acerra

Luoghi citati: Acerra, Napoli