Mondonico, dieci anni controcorrente di Claudio Giacchino

Mondonico, dieci anni controcorrente Il Toro a Firenze festeggia il tecnico che cominciò la carriera con la Cremonese il 3 maggio '82 Mondonico, dieci anni controcorrente «Tifoper la Fiorentina da quando giocavo all'oratorio» «A volte la menzogna più che necessaria è obbligatoria» TORINO. Mondonico compie oggi 10 anni di panchina. Esordì il 3 maggio '82, a Lecce: pochi giorni prima la Cremonese, sul fondo della classifica di B, s'era affidata a lui, tecnico delle giovanili. Il presidente Luzzara, dopo le dimissioni di Vincenzi, aveva detto: «Mancano sette partite, facciamo fare esperienza all'Emiliano, tanto solo un miracolo può evitarci la C». E il miracolo avvenne, la Cremonese non perse mai, conquistò 12 punti e da terzultima che era arrivò decima. Il primo dei tanti prodigi del «Mondo». Da quel 3 maggio ha vissuto in panchina 351 domeniche: 192 in B, 159 in A. La più bella? A Brescia, proprio in quel campionato disperato: era la penultima giornata, vincemmo 2-1, il successo significò salvezza. Non ricordo gioia maggiore: ero alle prime armi, avevo solo 35 anni, il più giovane tecnico di A e B. La domenica più triste? Quando allenavo il Como, la sconfitta interna con l'Avellino seguita dalla contestazione. I fischi, gli insulti dei tuoi tifosi fanno sempre male. Fortunatamente, ne ho ricevuti pochi. Dopo la partita, che cosa fa? Sta in casa, incontra amici? Mi rintano in famiglia: sono sempre distrutto dalla tensione, spesso alle 20,30 sono già sul letto. Non per dormire, ma per cercare il relax: soddisfatto se ho vinto, deluso o arrabbiato se è andata male. Guardo poco le trasmissioni sul pallone, preferisco parlare con i miei. Le sue due figlie, Francesca e Clara, tifano in curva Maratona: la moglie Carla in tribuna. Chissà, poi, a casa, le discussioni. La criticano? Le danno suggerimenti? Mia moglie non era mai venuta allo stadio, ha iniziato a Torino, è stata coinvolta dalle amicizie strette qui. Quanto alle ragazze, sono contento che mi seguano, così possono capire le difficoltà del mio lavoro. Parliamo della partita, dei commenti del pubblico: il clima è scherzoso. Ci mancherebbe drammatizzassimo anche noi. Ci pensano già sin troppo le tv, i giornali. Non ama i mass-media? In televisione non vado quasi mai perché non puoi essere te stesso: lì vogliono solo i personaggi, le spacconate, le polemiche a tutti i costi, le volgarità. Dei giornali, detesto la faziosità. Perché predilige le frasi tortuose, spesso incomprensibili, contraddittorie? La tortuosità è un modo per proteggere me stesso, la squadra. Non puoi dire sempre la verità. Molti suoi colleghi hanno ammesso di essere dei bugiardi: Suarez ha confessato di raccontare alla stampa solo falsità. In quale misura mente il «Mondo»? Non faccio il bugiardo per il gu¬ sto di farlo: però, c'è un modo di parlare nello spogliatoio e uno in conferenza stampa quando la menzogna più che necessaria è obbligatoria. Per il suo dire lei è definito pretone di campagna. L'infastidisce? Affatto. Semmai s'infastidiranno i preti veri. La difficoltà maggiore della sua professione? Essere tante cose in una. Un allenatore deve trattare con venti giocatori, con i giornalisti e occuparsi delle questione tecniche, studiare gli avversari. Soprattutto, deve saper convivere con l'effimero, la precarietà: una domenica sei un fenomeno, la successiva una schiappa. Guai esaltarsi, guai deprimersi. Solo l'esperienza ti aiuta. Se fosse rimasto un oscuro allenatore di giovanili? Sono diventato tecnico di prima squadra per caso: le soddisfazioni più grandi le ho provate quando esordivano in prima squadra i «miei ragazzi». A parte il prediletto Vialli, i «suoi ragazzi» le portano riconoscenza? Tutti i giocatori sono riconoscenti, in privato. In pubblico, dipende dalla moda: oggi, ad esempio, è molto facile dire di avere un debito di riconoscenza verso Sacchi. Il pallone le ha dato soldi, successo. Mondonico è un uomo felice? Il denaro è conseguenza di una legge di mercato. Il successo è un falso successo, solo lo sciocco crede alla gloria del football. La felicità è altrove dal calcio, è nella famiglia. Il calcio può regalare solo soddisfazioni momentanee. Il suo hobby preferito? Andare al mio paese, Rivolta d'Adda, tuffarmi nei luoghi e nelle amicizie della giovinezza. E' vero che tifa Fiorentina? Da quando giocavo nella squadra dell'oratorio di Rivolta. Sognavo di emulare le gesta di Virgili e Julinho, i miei idoli. Nella mia squadretta cinque undicesimi erano della Juve, due dell'Inter, due del Milan ed io, più un mio amico che ero riuscito ad influenzare, della Fiorentina. Mi è sempre piaciuto andare controcorrente. Indossavo una maglietta bianca sulla quale mia madre aveva cucito il giglio viola sul petto. Poteva allenarla? Era l'epoca dei Pontello e di Previdi ds. Arrivarono tardi ed io avevo già fatto le mie scelte. Adesso sono l'allenatore del Toro e lo sarò per altri due anni. Il suo sogno? Essere sempre me stesso. Cosa vuol dire? Vuole dire, ad esempio, essere ancora adesso arrabbiato per il 2-2 del mio piccolo Toro contro una delle più grandi squadre d'Europa, l'Ajax. Claudio Giacchino Mondonico: «Avrei potuto allenare la Fiorentina, ma ho scelto il Toro e conto di restarci altri due anni»

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