Hawking, dal Big Bang alla macchina da presa

Hawking, dal Big Bang alla macchina da presa Un film dal best seller interna2ionale del grande fisico: lo abbiamo visto in anteprima Hawking, dal Big Bang alla macchina da presa DLONDRA AL Big Bang ai buchi neri, il best seller del grande Stephen Haw Iking, è diventato un film: la «prima» è per questa sera, sull'emittente televisiva Channel Four, ma una versione abbreviata è stata proiettata giovedì durante una «seratascienza» organizzata dal quotidiano The Guardian, presente Hawking. Professore di matematica a Cambridge, dove occupa la cattedra che fu già di Isaac Newton, lo scienziato è da tempo una figura mitica: ora la scoperta delle «nubi a pieghe» prodotte dal Big Bang, delle «irregolarità di materia» che un satellite della Nasa ha «fotografato» nello spazio confermano le sue teorie, anche se Hawking in qualche modo va oltre in nome del «tempo immaginario», una continuità dove anche il Big Bang sembra perdere di significato. Il film di Errol Morris (prodotto da Anglia Television e con lo zampino di Steven Spielberg) è ispirato a un libro che sembrerebbe assolutamente refrattario alla sceneggiatura e alla pellicola, e invece diverte, trascina e incanta il pubblico. Aveva già vinto il premio per il miglior documentario all'ultimo festival del cinema indipendente americano di Sundance (organizzato da Robert Redford). La serata del Guardian è stata anche l'occasione per presentare il nuovo libro di Hawking che accompagna il film. Si intitola A Brief History of Times: A Reader's Companion; si presenta come una guida per il lettore, ma ha ambizioni maggiori: è già un prodotto di terza generazione, «libro del film del libro». E' stato pubblicato in Gran Bretagna il primo maggio da Bantam. Stephen Hawking, il corpo gracile accasciato sulla sua inconfondibile sedia a rotelle rossa, parla attraverso un com- puter e un sintetizzatore della voce: uno strumento indispensabile dopo che una malattia degenerativa irreversibile diagnosticatagli appena ventenne (amyotrophic lateral sclerosisi gli ha fatto progressivamente perdere l'uso degli arti e della voce. Accetta di rispondere alle domande: dopo un lunghissimo minuto una voce giunge co¬ me da un'altra dimensione. Basta poco, però, e questa voce artificiale, strana e sintetica (la stessa dell'ironico e tagliente commento del film) acquista calore e spessore, accento e pause, intonazione e personalità. Altrettanto personale è la sua costruzione delle frasi: un equilibrio geometrico di forme senza sbavature, limpido, es- senziale. Da quando non può più scrivere o parlare, è così che pensa ed esprime le sue teorie, in modo grafico e geometrico. «Certo il film non scende in dettagli come il libro, ma riesce ad illustrare due delle idee fondamentali che contiene: per prima cosa, che l'universo ha avuto un inizio nel tempo. Poi, che esiste un'altra forma di tempo, che chiamo tempo immaginario, nel quale non è necessario che l'universo abbia dei confini, un inizio o una fine». Che importanza dà alla scoperta annunciata dalla Nasa? «La scoperta delle radiazioni fossili fatta l'altra settimana è in sintonia con queste idee, e cioè che l'universo non abbia confini nel tempo immaginario. Non la prova, certo, ma le offre un forte supporto. Stiamo vivendo un periodo eccezionale nella ricerca della comprensione dell'universo, e sono contento che il mio film venga visto in televisione proprio a dieci giorni da questa importante osservazione. All'inizio pensavo che fosse troppo autobiografico, e non capivo a chi potesse interessare la storia della mia infanzia. Ma sembra che piaccia. Una cosa devo ricono¬ scere: la vera star del film è mia madre». La signora Isabel Hawking si alza per ricevere un applauso caloroso. La sua immagine disincantata e allegra percorre tutto il film e ci racconta, fra l'altro, che nel 1942, spostatasi ad Oxford per fuggire alle bombe tedesche su Londra, pochi giorni prima che Stephen nascesse comprò, caso o sorte, un atlante cosmologico. Le galline psichedeliche Insieme a lei amici e colleghi di Stephen ci parlano eccitati di come sarebbe bello finire in un buco nero, essere ridotto per l'eternità ad un lunghissimo e sottile spaghetto e poi, dopo un attimo che dura per sempre, disintegrarsi allegramente: fra tazze di tè risucchiate dai buchi neri e galline psichedeliche che illustrano l'eterna domanda «è nato prima l'uovo o la gallina?». Ma è Stephen Hawking a dominare e a incalzare dal palco: contesta l'idea' che il suo sia uno dei «Grandi Libri Non Letti Dei Nostri Giorni», comprato da tutti e letto da pochi: il suo obiettivo mentre lo scriveva era di vederlo sugli scaffali degli aeroporti accanto ai romanzi rosa di Barbara Cartland. Continua a rispondere alle domande, in parte concordate, per ragioni di tempo: costruire frasi con la sua tavoletta e il suo computer è un processo estremamente laborioso e lento. Con lui ci siamo immersi in un viaggio intergalattico della quarta dimensione spaziotempo, cullati dal clic-ciac che annuncia la sua voce e dalla sua inarrestabile ironia. Che cosa significa il passato, il futuro? E' possibile viaggiare in queste regioni temporali? «Esiste la possibilità fisicomatematica di viaggiare nel tempo, sino a raggiungere un "baby universo". Ma esiste anche un "cronology protection principle", un principio di protezione cronologico, che impedisce viaggi nel passato, e che fortunatamente protegge l'universo dagli storici. Del resto, la miglior prova che i viaggi nello spazio-tempo non sono possibili, è che non siamo stati ancora invasi da orde di turisti dal futuro». L'universo si sta espandendo «verso» qualcosa? «L'universo non ha limiti, le galassie continuano per sempre. Non c'è una dimensione ad esso esterna verso la quale l'universo si espande. E' come un hotel con un infinito numero di camere. Quando arriva altra gente, ci si può spostare in una nuova camera, con il numero doppio rispetto alla prima. Certo, mi immagino che il servizio lascerà a desiderare». Professor Hawking, lei crede in Dio? Dopo qualche minuto il clic-ciac di Stephen Hawking ammutolisce tutti: «Mi fanno sempre questa domanda. Io uso la parola Dio in senso impersonale; è una parola che dà corpo alle leggi dell'universo. La parola Dio è come la risposta alla domanda "perché esiste un universo?"». Marina G. Goldsmith «L'Universo è come un hotel con un numero di camere infinito: certo il servizio lascia un po' a desiderare» Stephen Hawking e sopra Spielberg, che ha collaborato al film. A sinistra, un'immagine dell'Universo

Luoghi citati: Brief, Cambridge, Gran Bretagna, Londra, Oxford