Un codice per evitare il furto continuo

Un codice per evitare il furto continuo Un codice per evitare il furto continuo Le ASSOCIAZIONE della sigla del pds a quella del psi, la vigilia del primo maggio, «festa dei lavoratori», è stato solo il penultimo colpo di scena. L'ultimo è l'informazione di garanzia per i due ex sindaci socialisti Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri. Nella mentalità collettiva quanto è successo corrisponde alla formulazione di un'elementare e irriducibile opinione: rubano tutti. Non c'è dubbio che si tratti di una forzatura e che le «mele marce» del psi e del pds (e della de) non vanno confuse - quand'anche fossero centinaia - con la massa degli iscritti a quei partiti. E, tuttavia, questa ovvietà non può soddisfare. Il quesito non eludibile è, infatti, il seguente: perché mai la stragrande maggioranza dei milanesi sono indotti a ritenere che «tutti rubano»? e che quella opinione discenda da una propria esperienza diretta? Qualche giorno fa, Claudio Martelli ha dichiarato: «Il psi non può più essere il partito degli iscritti. Deve diventare il partito degli eletti, del lavoro, delle associazioni e solo per un quarto, al più, il partito degli iscritti». Giusto. Ma quel ragionamento va portato fino alle estreme conseguenze. Le aziende municipali, quelle inquisite dalla magistratura, sono state e sono fonte inesauribile di corruzione, sotto due aspetti almeno. Come luogo di produzione di ricchezza illecita e come luogo di produzione di consenso sociale manipolato. Nelle aziende municipali, a Milano e dovunque, hanno sede le principali sezioni dei tre partiti di massa (psi, pds, de). Sono quelle sezioni - ben più delle strutture di fabbrica o territoriali - lo «zoccolo duro» della militanza e della mobilitazione elettorale; il luogo di negoziazione dei privilegi e delle carriere della burocrazia sindacale e partitica. Ma sono anche la sede di quella «corruzione ambientale» che produce una inarrestabile «concussione millantata». Il fatto, cioè, che ogni impiegato pubblico possa vantare una influenza inesistente, o esagerare quella realmente posseduta, presso l'utente: sia esso il cittadino che richiede una pratica, il commerciante che aspetta una licenza, l'imprenditore che concorre a un appalto. Il disporre di un potere - grande o minuto: indirizzare un'asta o evidenziare una carta - o vantare di disporne si equivalgono, dal punto di vista del rapporto tra cittadini e amministrazione. Entrambe le forme di concussione, quella vera e quella millantata, si avvantaggiano enormemente del fatto di collegarsi a una appartenenza di partito. Quella appartenenza è fattore decisivo: rafforza la complicità, nutre l'omertà e consente lo sviluppo di una rete capillare, dove il ruolo di un impiegato periferico si salda a quello di un capo ripartizione e a quello di un consigliere d'amministrazione: tutti appartenenti allo stesso partito o a una coalizione (o gang) di partiti. Non c'è dubbio, dunque, che il nodo cruciale sia rappresentato proprio dal sistema partitocratico. E' questa ramificata solidarietà politica, intrecciata in maniera meticolosa alla complicità e all'omertà del sistema di corruzione, che autorizza a ritenere che «tutti i partiti rubano». A questo punto, qualunque palliativo sarebbe, prima che inefficace, ridicolo. Tre sono le cose più urgenti da fare: 1) l'allontanamento, il più veloce possibile, degli uomini di partito dall'amministrazione degli enti pubblici. Si potrà dire meglio e meglio articolare, ma è una decisione irrinunciabile. Non perché i tecnici siano incorrotti o incorruttibili (figuriamoci), ma perché oggi sono il «meno peggio». E nel disastro il «meno peggio» costituisce un progresso; 2) lo smagrimento accelerato, attraverso diete crudeli, dei partiti stessi: ovvero lo smantellamento doloroso ma indispensabile di quelle sezioni di partito che più nulla hanno a che fare con l'azione politica, ma che rispondono solo a logiche di accumulazione di potere, privilegi, risorse; 3) la fuga a gambe levate dalle tentazioni. In questi giorni, una delegazione del comitato «Milano Olimpica» si è recata ad Acapulco, su incarico del Comune, per appoggiare la candidatura della città quale sede dei Giochi. Se questo succedesse, Milano sarebbe sommersa da una valanga di grandi idee per grandi progetti per grandi opere. Questo, alle condizioni attuali e con le regole attuali, significa una sola cosa: grandi tangenti. Potrà sembrare qualunquismo ma, oggi, l'opinione «qualunque» è la più saggia e la più fondata scientificamente. Ignorarla sarebbe una follia Luigi Manconi onl

Persone citate: Carlo Tognoli, Claudio Martelli, Luigi Manconi, Paolo Pillitteri

Luoghi citati: Acapulco, Milano