Treccani, un raffinato

Treccani, un raffinato Mostra del grande artista nella libreria di Fogola Treccani, un raffinato Ritorno del pittore alla «Dantesca» con una cinquantina di opere Esposti olii, acquerelli e un paio di «Figure» di toccante disegno A trent'anni dal primo incontro - chiamato allora da Mario Fogola ad accompagnare con quattro acqueforti (due testatine, il frontespizio e il finalino) il primo volume della «Grande Collana» inaugurata con la «Vita Nova» e le «Rime» dell'Alighieri - Ernesto Treccani ritorna alla «Dantesca» (piazza Carlo Felice 19, fino al 16 maggio) con una cinquantina di opere, tra olii, acquerelli e un paio di «Figure» delineate con un così toccante disegno da giustificarne la scelta. Fra i dipinti a olio, realizzati fra il 1989 e il '91 sulla riviera di Nizza - avendo come riferimento la Galleria di Michele Sapone, dove l'artista aveva subito esposto -, si contano alcuni ritratti, segnati dall'umana sua sollecitudine e talora dal senso d'una personale amicizia; quel rapporto, insomma, che in ogni caso si rivela allo stesso modo di quello che può essersi instaurato tra l'artista e la realtà del suo ambiente. A contare è, soprattutto, la natura che lo circonda: l'albero e il sasso, il mare e la campagna e, naturalmente, uomini e animali, ma anche la fragranza delle siepi, dei fiori e delle erbe; in quella natura comprendendo i ricorrenti fenomeni della luce e dell'ombra, i giorni e le notti, così diversi nelle varie stagioni. Tutte cose con le quali Treccani da sempre convive: come fa certo ogni altro uomo, ma da parte sua con una disponibilità di cui s'animano le più originali sue immagini. E' forse questo ad aver portato Ernesto Treccani - che non volle «fare l'ingegnere» e tanto meno «il figlio del padrone», come i suoi avrebbero forse voluto - ad interpretare anche meglio di altri, non diciamo Dante, ma il senso d'una società umana quale circola, tra i suoi contemporanei, ma non meno in certe pagine di Pavese o di Fenoglio. Il pittore che ventenne dirigeva «Corrente» - sostenendone ancor oggi lo spirito nella «Fondazione» - ha chiarito d'altra parte proprio in «Arte per amore» (un libro che è, insieme, una professione di fede e un diario) il felice suo convivere col mondo intero. «Dipingere ciò che si ama», vi ha appunto scritto, «è un'ope- razione che restituisce l'uomo a se stesso e consente l'avvio di un colloquio con gli altri». Può quindi evocare dei fiori, come notò una volta De Micheli, «con lo stesso struggente amore dei ritratti». Un segno guizzante segna così il volto d'una giovane donna al pari d'un ciclamino tracciato alla brava, con una pennellata che nell'olio sa esser nervosa e dolce, ma con un che di frizzante che poteva circolare nell'aria stessa di Parigi; come la luce mediterranea di molti degli acquerelli nati a Forte dei Marmi, in anche più lontani soggiorni; quando, come ricorda in catalogo Marcello Polacci, medico e ammiratore, gigli e girasoli costituivano il suo «giardino incantato» Angelo Dragone U n'opera di Treccani esposta alla Dantesca in piazza Carlo Felice

Persone citate: Angelo Dragone, De Micheli, Ernesto Treccani, Fenoglio, Fogola Treccani, Marcello Polacci, Mario Fogola, Pavese, Vita Nova

Luoghi citati: Forte Dei Marmi, Nizza, Parigi