Barbareschi: riparto per l'America

Barbareschi: riparto per l'America i progetti, la politica, Cannes, la tv: l'attore e regista replica alle polemiche Barbareschi: riparto per l'America «Non bisogna vergognarsi del successo del guadagno, dei compromessi» ROMA. Luca Barbareschi è stufo di essere male interpretato. «L'ultimo caso, un articolo di "Moda". Il mensile ha pubblicato un pezzo pieno di inesattezze, purtroppo riprese anche da altri, anche da voi. Ed è già partita una richiesta di danni». Che cosa si diceva di così grave? C'erano due dichiarazioni spiacevoli e non vere. Io avrei detto che i registi italiani sono tutti «analfabeti» e che i socialisti, in campagna elettorale, mi hanno chiesto «di tutto». Nel primo caso, si citavano Nuti e Troisi: sono due grandi artisti, che io non posso non stimare. Al massimo, se fossi invidioso e non lo sono, potrei invidiarli, ecco. E i socialisti? Dunque: io ho l'onestà di dire che ho rapporti anche con uomini politici, anche con i socialisti. Ma questo non vuol dire essere corrotti o mafiosi. Smettiamola di sputtanarci, anche all'estero: sembra che abbiamo il piacere masochistico di dipingerci peggiori di quel che siamo. Smettiamola di vergognarci: del successo, del guadagno. Io negli Stati Uniti ho fatto anche il lavapiatti, adesso dovrei vergognarmi di aver venduto là il mio programma e di guadagnare? Ma figuriamoci. Lei esporta negli Usa «C'eravamo tanto amati». Gli americani amano questi talk show dove ci si dice di tutto: dunque va ad insegnare ai maestri... Ma che insegnare: ho avuto un'idea, ho cercato di venderla, è piaciuta, me l'hanno comprata. Adesso speriamo che piaccia al pubblico: ho preso casa a Los Angeles, per tutta l'estate farò la spola tra l'Italia e l'America. Il 14 settembre, prima contemporanea del programma in tutti gli Stati Uniti. Titolo, «That's amore», come la canzone di Dean Martin. Dopo che si è mossa l'America, hanno comprato altri Paesi europei. Insomma, son contento di aver realizzato un programma esportabile. Esportabile ma insopportabile, con quelle risse furibonde che si scatenano tra moglie e marito. Sono stufo anche di questa storia. Voi che criticate, non volete capire la struttura della trasmissione: «C'eravamo tanto amati» è un varietà. Non è una televisione di servizi, non è una finta tribuna politica. E' una sceneggiata. Le coppie che intervengono lo sanno, conoscono benissimo le regole del gioco. Allora, li pagate o no? Solo un gettone di presenza. E, mi creda, piccolissimo. E che cosa succede a questi signori, dopo che su Rei equattro si sono scannati davanti a due milioni di telespettatori? Non si è mai separato nessuno. Tornano a casa contenti, senza traumi e senza compenso. Il vero compenso è quello di avere inscenato la loro personale sarabanda televisiva. Ci sono tanti brutti pro- Sramini in tv. Il suo però à particolarmente fastidio: forse perché lo fa lei, l'intellettuale che ha portato Mamet in teatro. Ma non è una contraddizione. Con la tv non si può non fare i conti. La tv mi ha dato più po- polarità, più potere contrattuale per portare in teatro spettacoli nuovi, per puntare su autori di grande qualità, Galin, Gianfranco Manfredi, Rugarli, Nighibin. Certo, è un compromesso. E allora? Almeno si va avanti. Poi, senta: tutti gli intellettuali incattiviti contro la tv sono gli stessi che hanno provato ad andare in video, senza successo. Potrei fare parecchi nomi. Facciamoli. Non ci penso nemmeno. Non voglio far polemiche. Voglio solo dire che si possono coltivare più interessi, che dei compromessi non ci si deve vergognare. Il suo film «Obiettivo indiscreto», regista Mazzucco, sarà presentato a Cannes nel «Marche». Quello è un prodotto che si può esportare così com'è. E' una vera presa diretta in inglese. Ma in Italia è doppiato. Lei è contrario al doppiaggio? Io credo che un film vada visto, com'è stato fatto. Il mio «Summertime», che ha ormai una, decina d'anni, fu girato in inglese e premiato a Venezia. Allora, nessuno si era irritato. Adesso sono vittima dell'invidia. E' anche per l'invidia che vuole lasciare la Fininvest? Ma chi l'ha detto? Io alla Fininvest mi trovo bene. Certo, mi hanno spostato il programma sul palinsesto con un po' troppa disinvoltura. Ho ricevuto offerte dalla Rai. Vedremo. Tutto quel periodo in America non le impedirà di seguire le sue vicende italiane? Non resto fermo là. In teatro rifaccio «American Buffalo»: fu il mio primo Mamet, non lo vide nessuno. Sto girando un film a Ginevra ^er Raidue, una coproduzione italo-franco-canadese, «Connection» con Tracy Austin. In settembre cominciano le riprese di «L'orrore che mi hai dato» da Rugarli, con Anna Galiena. Di sicuro farò la regia, non so se reciterò. E la sua, di famiglia? Sta per nascere il mio terzo figlio, non ho il problema del sesso, e mi stupisce sempre che ancora si facciano domande su questo tema vecchio. L'altro giorno mi hanno chiesto un parere sulla minigonna. Ma dei giornalisti non mi fido: se dicessi che mi piace il reggicalze, voi scrivereste che sono un feticista... Alessandra Comazzi Della tv non si può non tenere conto Dà potere contrattuale per fare buon teatro Massimo Troisi «Un grande artista, che io non posso non stimare. Al massimo, se fossi invidioso, potrei invidiarlo» Nella foto grande Luca Barbareschi accanto Anna Galiena, recita per lui in «L'orrore che mi hai dato»