Veleni senza frontiere

Veleni senza frontiere FALCO PELLEGRINO Veleni senza frontiere Le prede svernano nei Paesi dove si usa il Ddt VEDERE la sua sagoma bruna che dall'alto del cielo si lancia in picchiata verso il suolo e piomba come un siluro su un topo di campagna, è uno spettacolo che mozza il respiro. E' la tecnica di caccia del falco pellegrino (Falco peregrinus), il superbo rapace in preoccupante declino in tutto il mondo. Questo uccello che sfreccia nell'aria con battiti d'ala rapidi e sferzanti alternati da brevi planate, può raggiungere, quando si precipita sulla preda, la fantastica velocità di trecento chilometri orari. Ed è proprio la sua incredibile abilità di cacciatore che sin dal IV secolo a.C. ha attirato su di lui l'interesse dell'uomo, sempre pronto a sfruttare a proprio vantaggio le straordinarie doti degli animali. Che i falchi venissero addestrati per scopi venatori nella cosiddetta «arte della falconeria» in tempi lontani, quando ancora foltissime schiere di questi e altri rapaci solcavano i cieli, si può anche ammettere. Ma è inconcepibile che si continui a farlo oggi che la situazione è radicalmente mutata. Eppure in Arabia, nel Nordafrìca, in alcuni Paesi europei, specialmente in Germania, e peifino sporadicamente a casa nostra, esiste ancora l'usanza della caccia con il falcone, addestrato a questo scopo. Si spiega così la diffusione del bracconaggio, una delle cause della sua rarefazione, accanto alla caccia legale, consentita fino a ieri. Per troppi anni i falchi pellegrini, così come le aquile, i nibbi, gli sparvieri, sono stati considerati «animali nocivi» e ucciderli era quasi un atto meritorio. Lo testimoniano i tanti trofei di rapaci imbalsamati appesi alle pareti delle case o delle osterie di montagna. Ce n'è voluto del tempo prima che si facesse strada il concetto che questi uccelli sono indispensabili all'equilibrio della natura, perché regolano in maniera mirabile l'eccesso numerico delle specie predate e operano una benefica selezione naturale, catturando gli individui più deboli o malati. Ma se intere popolazioni sono scomparse dal loro habitat originario, la causa è soprattutto l'uso indiscriminato dei pesticidi in agricoltura, a cominciare dal famigerato Ddt, il cui uso è stato vietato in gran parte del mondo. La sua nefasta influenza è infatti subdola e a lungo termine: nella maggior parte dei casi, il tossico non uccide direttamente gli uccelli, ma i suoi residui si accumulano insidiosamente negli ecosistemi, colpendo dapprima i gradini più bassi della catena alimentare per poi arrivare gradatamente alle specie che si trovano al vertice. Le concentrazioni di Ddt aumentano infatti a ogni gradino della catena alimentare. Un insetto minuscolo può contenere nei suoi tessuti, poniamo, un centesimo di una parte per mi- lione di Ddt. Un uccello insettivoro che mangia milioni di insetti contaminati può accumularne una parte per milione. Un predatore, come il pellegrino, che vive più a lungo e mangia uccelli insettivori contaminati, può accumularne una quantità fino a venti volte superiore. L'effetto più evidente di questo accumulo di tossico è che la femmina non.dispone più di una quantità di calcio sufficiente e depone uova dal guscio fragile e sottilissimo che si spacca sotto il peso dell'adulto che cova. Un caso emblematico è accaduto di recente negli Stati Uniti, dove l'uso del Ddt è proibito dal 1973. Si cantava vittoria per il successo ottenuto da una campagna di allevamento e di rilascio in libertà organizzata dal Fondo Pellegrino dell'Idaho: nel giro di 17 anni si è riusciti a ripopolare regioni in cui i falchi pellegrini erano molto rarefatti o da cui erano completamente scomparsi. Nel 1990 erano ormai tremila, reintrodotti in 28 Stati. Nello Stato del New Jersey, dove la specie era completamente scomparsa, gli ornitologi esultano quando nel 1980 due coppie nidificano feli¬ cemente. Nel 1986 le coppie nidificanti diventano quattordici. Un risultato quasi insperato. Ma ecco un calo inspiegabile nel numero delle coppie nidificanti: nove nell'88, otto nell'89, sette nel '90. Le uova vengono esaminate e rivelano tracce di Ddt. Come mai? Una risposta potrebbe essere questa. Gli uccelli non conoscono frontiere e molti di quelli che i pellegrini mangiano provengono dai Paesi di svernamento che si trovano nel Centro e nel Sud America, dove si continua a usare il Ddt. Sono uccelli contaminati. Nessuna meraviglia, quindi, che le conseguenze si ripercuotano su chi li mangia. Brian Walton, coordinatore del Gruppo di ricerca sui rapaci dell'Università di California a Santa Cruz, fa notare che, a parte il Ddt, altri fattori tossici provenienti da sottoprodotti industriali sono contenuti, sia pur in minima quantità, nelle uova del falco pellegrino, cosa che non succedeva cinquantanni fa. Comunque, gli ornitologi non si lasciano scoraggiare e continuano nella loro campagna di protezione a oltranza del falco pellegrino, soddisfatti dei risultati ottenuti nelle altre regioni, come la California, dove si contano oggi centoventi coppie nidificanti. Isabella Lattea Coifmann In meno di vent'anni i falchi pellegrini sono ritornati in molte regioni americane dove si erano rarefatti o erano scomparsi

Persone citate: Brian Walton, Coifmann

Luoghi citati: Arabia, California, Germania, Idaho, New Jersey, Santa Cruz, Stati Uniti, Sud America