CASA MALDINI

CASA MALDINI Sergio Maldini, 68 anni: «Sono venuto a sciacquare ipanni nel Varmo» < gori, il protagonista della Casa a Nord-Est. Entrambi ammirano «il talento, non già la bravura volgare e pettegola di ottenere le notizie». Entrambi hanno mandato a memoria il «pesce rosso» di Emilio Cecchi: «Il giornalista è in sé e per sé men che nulla se non consente ad essere qualcosa come uno scrittore...». Sospinto dai ricordi giovanili, come Marco Gregori, il «pesce rosso» Maldini è venuto a sciacquare i panni nel Varmo. Panni redazionali e panni capitolini: Roma, dove vive sei mesi l'anno, a cui sono ancorati i due figli, è scorticata nella Casa con assoluta flemma, senza scordare una macchia, innanzitutto l'anarchia semaforica. «Ma Gregori non è il mio alter ego - Maldini tenta di arginare il parallelo -. Molti vogliono sapere se la storia d'amore con Antonia Bellavittis, che s'intreccia con la storia della ruvida dimora, rispecchia una mia avventura. Rispondo: non neghiamo allo scrittore la gioia e la fatica d'inventare». Antonia, Gregori, l'amico di Gregori Ernesto Commessatti, l'architetto Melita Schuster, il contadino Medeot... Le anime dell'arca di Nord-Est hanno un'aura fanciullesca, un'espressione sbalordita, evocano i soldatini di piombo che ritrovano vigore nell'oscurità, dopo la spossatezza, la rigidità diurna. Nel prato dinanzi alla Casa, ruotante intorno a betulle, abeti, faggi, alla siepe di cratego, pianta dalle bacche rosse, il patriarca assente: «Il friulano, scolorito, calmo, inibito durante il giorno, s'innerva la notte, cedendo alla confessione, esibendo una forza ecumenica, un desiderio di giustizia e verità. E' il suo sigillo dostoevskijano». Maldini guarda in direzione di Villa Manin: là Napoleone firmò il trattato di Campoformio. Non nasconde un sobrio orgoglio: fra i rustici dove l'Imperatore non ancora tale era solito amoreggiare c'è il suo. Saluta. Scompare nella Casa. Le ombre calano, inesorabili, sul Middle West friulano. Ma lui non ha nulla da temere, ha un fogolar dove «pensare in pace al mistero dell'esistenza», dove «ascoltare i ronzii della vita dimenticando d'invecchiare». Bruno Quaranta TSANTA MARIZZA DI VARMO (Udine) OCAI, Pinot, Verduzzo, Merlot, Cartizze, Mùller Thurgau, Cabernet, Refosco, Picolit. Sono nove i vini, Friuli e dintorni, che bagnano la Casa a Nord-Est (Marsilio, pp. 260, L. 29.000), storia intensa come un desiderio e avvolgente, ipnotica, come una conversazione accanto al fogolar (o nella quiete di un Campiello: la stagione dei premi va a incominciare, la Casa è solida). Ma Sergio Maldini, il signore che l'ha distillata nell'arco di sette anni, i «bianchi» e i «neri» li sveglierà più tardi, in una trattoria dove i camerieri volteggiano con levità settecentesca e subito evaporano («Chi ignora le trattorie della Bassa non sa cosa è la dolcezza della vita»). «Aspetteremo l'ora di colazione fumando, io, una delle tre sigarette che mi concedo quotidianamente; sorseggiando, insieme, caffè e whisky ten years old» dispone il possente gentiluomo di campagna, evaso forse da un copione di Chandler imbevuto però di atmosfere parigine. Ad assediare Maldini - felice trepidezza - è la casa, letteraria e reale. Non cesserebbe mai - destino di ogni passione - di girarle intorno, di visitarla, di nominarne i mille volti e umori e afrori. Sino a immedesimarvisi, ad attingere al suo vocabolario per ritrarsi: non gli è successo di definire il cappello a larga tesa che a volte indossa «una gronda sul mistero del viso»? Le mani di Maldini, sul tavolo della vasta cucina, formano una vera che stringe il bicchiere. Negli occhi elegantemente randagi nuota una docile ansia, brilla la vena guardinga del giocatore di poker. Rapida scende l'«apolide» carta d'identità: «Natali fiorentini, sessantotto anni fa. Padre romagnolo, madre dalmata. Escursione adolescenziale a Udine, liceo "Stellini". Laurea in Legge a Bologna, la città del Carlino, dove sono cresciuto fino a diventare inviato speciale. Dal '61 a Roma. Un direttore su tutti, scolpito nell'Ottocento: Giovanni Spadolini. "E' innamorato di se stesso e si corrisponde" lo azzeccò Montanelli. Una mattina gli feci avere un biglietto: "Oggi, la caduta CASA MALDINI Storia di un amore e di un rustico in Friuli Qui ascolto la vita dimenticando d'invecchiare « » della neve e la lettura del Suo fondo hanno dato un significato alla mia giornata". Non intercettò la cordiale ironia: in tipografia, la sera, mi ringraziò, grave». Maldini si alza, accoglie l'elettricista ingrugnito, eco di un folletto monellesco, saluta la moglie che si allontana verso il mercato di Codroipo. «Esordii nel dopoguerra con una serie di racconti che piacquero a Silvio Benco. Conservo ancora la copia del Piccolo - un foglio, allora i giornali si fermavano a pagina due - che ospitò la recensione, nella cronaca di Trieste. Nel '53, sotto il segno della Medusa, pubblicai I sognatori. Vinsi il premio Hemingway, mi valutarono giudici severissimi, da Giacomo De Benedetti a Vittorini, da Montale a Buzzati, a Remo Cantoni». Maldini esita, come chi è sconfinato in un vicolo: «La vanità è sempre all'erta, è un cromosoma inestin¬ comunque importanti». Uno scricchiolio frusta l'aria. Non annuncia - nel romanzo accade - uno sparo («Il legno qua e là scoppiava, come una persona imprigionata ma non arresa»). Epperò, Maldini lo sa bene, non va ignorato. E' la casa che esige passi, sguardi, tenerezze. Ci s'incammina: la sala da pranzo, lo studiolo, le scalette, le camere da letto (una col baldacchino, riservata a chissà quale Entità, le altre per gli amici, i familiari, le creature fantastiche), il biliardo, i caminetti, i soffitti a travi, la barchessa, una terrazza dove giocare a carte o ricamare, le finestrutte sulla campagna sterminata, un mare ocra e verdino, mansueto. «Alberi, pochissimi. I contadini li soffrono: oscurano il mais, gli impediscono di catturare il sole, di crescere», spiega il «giornalista riluttante». E' l'aggettivo che lo accomuna a Marco Gre¬ guibile - sorride, indulgente -. Già lo annotò Montaigne: "Per quanto bene dicano di noi non ci diranno mai niente di nuovo"». Riacciuffa il curriculum vitae narrativo: «Seguì un silenzio di decenni, interrotto ora dalla Casa. Perché scrivere un libro è, dovrebbe essere, un atto sacro, come mettere al mondo un figlio. Ma so di appartenere a una tribù esile, destinata a scomparire». «Qui - Maldini traccia un arco con l'indice - si allargava la stalla. Il rustico me lo vendette una nobildonna, era il 1980». Nel romanzo il giornalista televisivo Marco Gregori lo acquista da una principessa: «Figura che ho intagliato appositamente, per evitare pettegolezzi, corse all'identificazione: di principesse, in Friuli, non ce ne sono. E poi: ho seguito il consiglio di Tolstoj. Le parole di una principessa - avvertiva - anche se banali, frivole, melense sono