Müller Wohlfarth: non sono uno stregone

Müller Wohlfarth: non sono uno stregone L'ortopedico bavarese risponde seccato alle insinuazioni e spiega come guarirà il bianconero Müller Wohlfarth: non sono uno stregone Lo stopper pensa di giocare la seconda finale di Coppa Italia MONACO. Juergen Kohler, giubbetto salmone e jeans, ieri è sbucato con un'ora di ritardo dall'ascensore che porta nell'ambulatorio del dottor HansWilhelm Mùller-Wohifarth, al quarto piano di una moderna palazzina dietro la centralissima Marienplatz. «Il fisioterapista Hans Montag mi ha tenuto sotto le sue mani più a lungo del previsto - ha spiegato il corazziere di Trapattoni -, tre ore di elettroterapia e massaggi. Di questo passo, se tutto fila bene al cento per cento, rientro già nella seconda partita della finale di Coppa Italia». Ma davvero? «Proprio così, ne sono convinto. Ripeto, sempre che nel programma terapeutico non vi siano intoppi. Sono ottimista». I titoli di ieri che lo hanno scartato perentoriamente dagli ultimi impegni stagionali della Juventus, lo fanno imbizzarrire. «Sono tornato a Monaco martedì, con mia moglie, portando il risultato degli esami effettuati negli ultimi giorni e visionati lunedì a Torino - ha detto -. Qui passo la mattinata da Montag, poi vengo dal "Doc" per i controlli. Ce la sto mettendo tutta, credetemi. Anche il et Vogts era preoccupato, ma gli ho detto che certi allarmismi sono infondati. Se torno in Coppa Italia giocherò anche con Cagliari e Verona in campionato. Ho piena fiducia nel Doc. Conosce a memoria ogni fibra dei miei muscoli. Iniezioni? Solo prodotti vitaminici, niente cortisone. Sono un professionista». Il Doc, alias Muller-Wohlfarth, dopo averlo tenuto in uno stanzino per quasi un'ora, è stato molto prudente con la stampa: «Tra una settimana potrò dire se l'ottimismo di Juergen è giustificato. Gli atleti ardono sempre dalla voglia di rientrare. L'infiammazione si era estesa alla zona muscolo- tendinea dietro il ginocchio destro. L'intensità della terapia mi fa ben sperare». A Monaco si guarisce meglio, forse più rapidamente che da altre parti, magari in Italia? «E' un dubbio polemico che continuo a sopportare - sorride lo specialista bavarese dietro la sua scrivania -. Anche in Germania qualche collega ogni tanto ha qualcosa da ridire nei miei confronti. Diciamo che certe gelosie professionali prima o poi affiorano inevitabilmente». Tiene a sottolineare che il suo ambulatorio è aperto a tutti. Sportivi e casalinghe, pensionati e ragazzi qualsiasi. Ieri, ad esempio, il pilota di Formula 1 Gerhard Berger faceva anticamera prima dell'arrivo di Kohler, seduto tra un'adolescente caduta da cavallo ed un'anziana nobildonna scivolata in un supermercato. Umili mutuati e celebrità come Boris Becker fanno la fila per le sue cure. «Terapie naturali, io sono un seguace della medicina omeopatica. Non sono un mago. Nel mio lavoro non esistono i miracoli - spiega -. Il mio segreto? L'aggiornamento continuo. Ogni attimo libero dal lavoro lo dedico a leggere, a studiare». Gli spifferi polemici dall'Italia non lo lasciano indifferente: «Guardi, il mio primo paziente juventino non è stato un tedesco. Si chiama Magrin e me lo mandò Zoff. Poi è arrivato anche Casiraghi. Ho avuto una bellissima lettera di ringraziamento da Mauro. Altri pazienti dall'Italia? Tanti: da Giannini a Careca, Renica, Caniggia. Poi quelli del Torino: Benedetti, Cravero e pure Lentini». I tedeschi d'Italia, insomma, quasi scompaiono nell'agenda dei suoi appuntamenti. Francesco Alemanno