Così la professoressa Melato fa una bella lezione di vita di Alessandra Comazzi

Così la professoressa Melato fa una bella lezione di vita TIVÙ'& TIVÙ' Così la professoressa Melato fa una bella lezione di vita Iseguiti, i «sequel», come dicono gli americani, suscitano diffidenza e sospetto. Sovente a ragione. La seconda puntata di un film o di uno sceneggiato di successo risulta inevitabilmente meno originale della prima; ne sfrutta il titolo trainante, ma non è facile che sappia andare oltre, nell'inventiva e nella realizzazione. A meno che, come nel caso della «Piovra» o dei film di Indiana Jones, l'idea di partenza si trasformi in una saga a puntate. L'anno scorso «Una vita in gioco» con Mariangela Melato, regista Franco Giraldi, in onda su Raide, ebbe un ottimo successo, audience e premi. Lei era bravissima nel ruolo di Marianna, milanese trapiantata a Roma, professoressa in una scuola di borgata. Il personaggio si identificava con l'immagine che il pubblico ha dell'attrice: decisa, simpatica, pragmatica, senza figli ma con un istinto materno non negato. L'altra sera è andata in onda la prima puntata del seguito (audience, quasi 4 milioni), appuntamento stasera con la seconda. Nonostante il premio ottenuto dalla Melato a Umbriafiction (anzi, anche per quello), la diffidenza restava. Ma era immeritata. Sceneggiatori (Ravera e Rafele) e regista, Giuseppe Bertolucci, abituato al cinema («Segreti segreti», «I cammelli», «Strana la vita») hanno avuto il merito di virare con decisione e di realizzare haru con una storia che in comune con la precedente ha soltanto il titolo e la protagonista. Il resto è tutto diverso: la città in cui la vicenda è ambientata, l'approccio con il personaggio, la tecnica cinematografica. Si comincia con la Melato che ha scritto un libro sulla sua esperienza con i ragazzi. Proprio nel momento di un'intervista televisiva, arriva la notizia: è morta la madre di Marianna. Lei va a Milano. E' sola, completamenta sola. Il suo compagno l'ha lasciata, e anche lei non ne poteva più di stare con un giornalista. Torna nella sua vecchia casa, è colta dai rimorsi di aver trascurato quella che ora se n'è andata «senza neppure salutarla». La sera, stanca («Vorrei dormire un paio d'anni») Marianna parla alla madre. Con rabbia. Con rancore. Con affetto. Lo recupera, quest'affetto difficile da esprimere e da manifestare, dopo l'incontro con Celeste Aida, un'anziana signora stramba che abita sopra di lei. Celeste Aida è Alida Valli, grazie a lei la giovane donna riesce a incrinare quel ghiaccio che aveva pietrificato i suoi rapporti con la madre vera. E l'amore? Arriva anche un quello. Un uomo giovane, bizzarro, affascinante (Stephane Freiss) che la assedia, la martella e appena la vede la incanta con una frase di Shakespeare: «Non sei né giovane né vecchia, ma è come se dormissi dopo pranzo sognando di entrambe queste età». Chi resisterebbe? La Melato non resiste, e intanto disegna un personaggio molto bello, intimo e realistico allo stesso tempo. Dice Marianna: «A vent'anni ero contro al matrimonio in generale, adesso sono contro soltanto al mio»; ha successo, ma si ritrova a un certo punto della vita sospesa tra passato e futuro, tra quello che già è stato fatto, e comincia a essere molto, e quello che comunque non si potrà più fare. Com'è brava la Melato: brava anche a far riconoscere tante donne, in lei. Alessandra Comazzi Mariangela Melato

Luoghi citati: Indiana, Milano, Roma, Umbriafiction