Addio Spartaco, primo teledivo di Mirella Appiotti

Addio Spartaco, primo teledivo Morto a Roma Ditti: campione del «Musichiere» con Mario Riva, vinse per 15 settimane provocando tifo e scommesse Addio Spartaco, primo teledivo L'eroe dell'Italia «povera ma bella» SPARTACO D'Itri, il campione del «Musichiere» di Mario Riva, uno dei primi eroi della tv appena nata, è morto due giorni fa a 70 anni per un tumore al polmone. Lo hanno già portato al cimitero, nella stessa silenziosa modestia in cui era vissuto durante gli ultimi decenni, dopo che lentamente si era consumata, tra imprese non sempre felici, l'esile quanto ubriacante gloria che dal 1° novembre '58 al 22 gennaio '59, aveva sconvolto la sua vita. Il cameriere da trattoria romana per turisti, ex muratore e ex guardiano notturno aveva sbaragliato, per 15 settimane, l'Italia delle canzonette: gli bastavano ogni volta due secondi di «refrain» per indovinare anche il motivo più difficile. Riuscì a mettere in crisi Gorni Kramer che dirigeva l'orchestra e non sapeva più che cosa inventare, si portò via alla fine 8 milioni e rotti, (almeno tre milioni in più di quanti erano toccati alla biondissima Bolognani, massima eroina di «Lascia o raddoppia?»). Con i suoi enormi sopraccigli neri «che non si sapeva dove finivano e dove cominciavano i capelli», il giovanotto dallo sguardo un po' triste e febbrile dei poveri del Sud era diventato una specie di «monstrum» del video, si scommetteva su di lui nei bar di borgata, la sua battaglia per il gruzzolo era condivisa da un Paese il cui sogno era stato, sino a quel momento, il 12 alla Sisal. Era una specie di macchina al comando di Mario Riva, riflessi pronti, ogni muscolo teso. Scarpe da tennis come da regolamento, quando il presentatore gridava «Alle sedie!», Spartaco (e che nome!) era implacabilmente il primo a piazzarsi proprio sul bordo del «dondolo», appena appoggiato, come Cari Lewis quando sta per scattare sui 100 metri. «Devo le mie vittorie soprattutto ai miei polpacci» diceva. I suoi balzi verso la cordicella della campana che bisognava tirare per aggiudicarsi il diritto a sciogliere il quiz erano diventati un elemento dello show. Nella memoria degli spettatori di allora sono rimaste certo più la sua faccia ruvidamente gentile e la sua accanitissima voglia «di farcela» che le esibizioni di tutti i divi passati nella trasmissione: e furono molti, specie gli stranieri Fernandel e i Platters, specie gli americani da Gary Cooper a Perry Como e agli altri trasportati a lavorare dal Pacifico a Cinecittà perché l'Italia costava meno di Hollywood. E stava per arrivare «la dolce vita»... L'idea di far sfruttare agli italiani la loro passione canzonettara per mettere in tasca qualche soldo era venuta alla ditta Garinei & Giovannini dopo il successo, certo irripetibile, del quiz di Bongiorno. I due futuri maghi della commedia musicale avevano «bucato» due anni addietro con il loro primo programma tv a premi, intitolato «200 al secondo», importato forse troppo drasticamente dagli Usa. E Mario Riva, il presentatore, rischiava di essere bruciato. Ma G.& G. avevano capito che nessuno meglio di lui poteva essere il personaggio complementare di Mike; interpretare sul video l'altra faccia dell'Italia della ricostruzione, provinciale ma non del tutto gretta, cresciuta all'oratorio ma anche in sezione, sgangherata ma fantasiosa, insomma «povera ma bella», proprio come Alessandra Panaro e Lorella De Luca, le protagoniste del film famoso e prime vallette del «Musichiere». Lo show nasce il 7 dicembre '57, sabato. Riva è stato ripescato: grande mattatore d'avanspettacolo e di quel cinema comico e scollacciato che oggi si definisce «spazzatura», compagno in lunghe battaglie dello straordinario Billi, si presenta in divisa d'ordinanza, giacchetta azzurra con relativo monogramma del «Musichiere» sul taschino. Kramer intona «Domenica è sempre domenica...». Il gioco è fatto; G.&.G. stavolta sfondano anche perché, come Bongiorno, sono guidati da una sorta di genio hello scegliere i tipi, le facce, gli atteggiamenti che cambiano con il Paese che cambia: dopo la Panaro e la De Luca, tutte burro, sapone e furbizia, le vallette saranno la Gravina, già severa, e Patrizia della Rovere «bbonona» allegra, sostituite poi dalla Tocci e la Tolo, glamour sofisticato e vagamente intellettuale. Quando D'Itri si presenta in video la trasmissione non ha avuto ancora il suo «personag- gio»; uno come lui che, da ragazzino, impara a memoria le canzonette mentre aiuta mamma e papà nel banchetto di frutta e verdura. «E dopo il lavoro - era il suo racconto - andavo a sentire un'orchestrina, in piazza Esedra. Morivo dalla voglia di suonare. Comprai una chitarra siciliana. Costava 45 lire...». Dalla fine degli Anni 30 ai 50, il giovanotto le passa grame, un impiego dopo l'altro, fatica. Unico divertimento andare qualche volta fuori porta, a stringersi le morose a suon di musica. «Co- minciai àd accumulare nella mia capoccia migliaia di motivi, a raccogliere testi che costavano meno dei dischi». Di settimana in settimana sbaraglia gli avversari. Se il giovedì è «Lascia o raddoppia?» a impazzare, le strade sono deserte, i cinema piazzano la tv davanti allo schermo, il sabato sera si aspetta al varco il buon d'Itri. Nell'Italia casalinga e pettegola, già stufa di Fanfani al governo e mormorante sulle fughe erotiche di Gronchi presidente, modesta gioia è anche smontare il piccolo trionfo del cameriere, malignare che il poveretto non dorma la notte per imparare a memoria quello che dovrebbe sapere e in realtà non sa; si aspetta la caduta. «Che piacere aver finito» dichiara Spartaco dopo l'errore finale. Subito apre l'agognato ristorante, ma l'impresa va male. Un secondo tentativo sarà più fruttuoso. D'Itri, negli Anni 60 diventerà, insieme alla moglie, un padroncino benestante: due «esercizi», uno a Roma, l'altro al mare. A lieto coronamento l'adozione di un bambino per la quieta felicità della famiglia. A chi, in quegli anni, gli chiede di raccontare la sua storia D'Itri conclude dicendo: «I soldi sudati sono diversi dai soldi vinti. Quelli durano; questi vanno, come sono venuti». Grandi «doveristi», gli italiani piccoli piccoli d'antan. Mirella Appiotti Nella foto grande: Spartaco D'Itri con la moglie. Qui a fianco da sinistra: De Luca e Panaro Mario Riva e Gorni Kramer. Il direttore d'orchestra fu messo in crisi dalla bravura di Spartaco D'Itri. Sotto: Pietro Garinei

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